Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, parla della ‘rivoluzione dei cittadini’


tratto da http://www.lintellettualedissidente.it/il-presidente-dellecuador-rafael-correa-parla-della-rivoluzione-dei-cittadini/ 

di Federico Fuentes – 19 novembre 2012
Mentre i governi europei continuano a imporre politiche mirate a far pagare ai poveri una crisi che non essi non hanno causato, il governo ecuadoriano di Rafael Correa ha intrapreso un percorso diverso.
“Quelli che guadagnano troppo daranno di più ai più poveri di questo paese”, risulta da un dispaccio della Reuters di 1° novembre aver dichiarato Correa nell’annunciare una nuova misura per aumentare le tasse alle banche per contribuire a finanziare le spese dell’assistenza sociale.
Il settore bancario ecuadoriano ha registrato profitti, al netto di imposte, per 349 milioni di dollari USA, ha riferito un articolo di El Telegrafo dell’8 novembre.
“E giunta l’ora di ridistribuire quei profitti,” ha dichiarato Correa.
La Reuters ha riferito che elevando l’aliquota fiscale sulle partecipazioni delle banche all’estero e applicando una nuova imposta sui servizi finanziari, il governo spera di raccogliere tra i 200 e i 300 milioni di dollari l’anno.
Il ricavato finanzierà un aumento delle “sovvenzioni allo sviluppo umano” da 35 a 50 milioni di dollari al mese. Circa 1,2 milioni di ecuadoriani ricevono le sovvenzioni, principalmente madri singole e anziani.
Una mossa simile in una direzione opposta alla maggior parte del resto del mondo si spiega in larga parte con il fatto che il governo di Correa è il risultato del tipo di movimenti di protesta che ora si stanno sviluppando in Europa.
La rivoluzione dei cittadini
In un’intervista pubblicata sul numero di settembre/ottobre della New Left Review (NLR) Correa ha affermato che sullo sfondo della sua ascesa al potere c’è stata “una rivoluzione dei cittadini, una rivolta di cittadini indignati” contro i banchieri e i politici che distruggevano il paese.
“In quel senso abbiamo anticipato di cinque o sei anni il recente movimento degli indignados in Europa” ha detto Correa.
Nel 1999 una crisi travolse il settore bancario ecuadoriano e il governo dell’epoca cercò di farne sostenere il costo ai poveri. Il presidente di allora, Jamil Mahuad, fu rovesciato da una rivolta popolare nel 2000. Il movimento indigeno del paese, ponendosi alla testa dell’opposizione al neoliberalismo, svolse un ruolo di primo piano.
La crisi economica dell’Ecuador si accompagnò presto a una crisi politica quando crollarono le illusioni della gente riguardo ai partiti di governo tradizionale.  “Que se vayan todos!” (“Che se ne vadano tutti!”) divenne il grido di battaglia della successiva insurrezione popolare in Ecuador che nel 2005 rovesciò il presidente Lucio Gutierrez.
Fu in tale contesto che a un economista di sinistra, relativamente sconosciuto, Correa, fu chiesto di sostituire il ministro delle finanze di Gutierrez, Alfredo Palacio.
Correa ha ricordato: “Nel mio breve periodo da ministro delle finanze, circa cento giorni, dimostrammo che non si dovevano fare le cose di sempre: sottomissione al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, rimborsando il debito estero indipendentemente dai debiti sociali ancora pendenti.”
“Ciò creò un elevato livello di aspettative nel pubblico.”
Le dimissioni di Correa, causate da dissensi con Palacio, furono accolte da proteste. Forse per la prima volta nella storia, le proteste non furono contro un ministro delle finanze, bensì a suo sostegno.
Con un gruppo di stretti collaboratori Correa decise: “Non potevamo lasciare che le aspettative che erano state suscitare, il sentimento che le cose potevano essere fatte diversamente, finissero disattese.”
“Abbiamo percorso il paese e creato un movimento politico per garantirci la presidenza, poiché vedevamo con grande chiarezza che, al fine di cambiare l’Ecuador, dovevamo conquistare il potere politico.”
Nel 2006 Correa si candidò alla presidenza in una campagna che, ha detto, “proponeva una rivoluzione, intesa come cambiamento rapido e radicale delle strutture esistenti della società ecuadoriana, al fine di cambiare lo stato borghese in uno stato realmente popolare.”
Correa vinse al secondo turno di ballottaggio.
Far pagare i banchieri
Una delle prime grandi sfide affrontate da questo governo è stata la crisi economica globale scoppiata nel 2008.
La crisi è stata avvertita in Ecuador con la perdita dei mercati stranieri, la discesa dei prezzi del petrolio (la principale esportazione del paese) e una forte caduta delle rimesse degli emigranti, da cui dipendevano molti ecuadoriani.
Nonostante ciò l’economia ecuadoriana ha sofferto molto meno di altre. Correa ha affermato che ciò è stato dovuto a “una combinazione di know-how tecnico e di visione del bene comune, in un’azione a favore dei nostri cittadini e non del capitale finanziario.”
“Ad esempio,” ha dichiarato, “avevamo una banca centrale autonoma, che è una delle grandi trappole del neoliberalismo, cosicché qualsiasi governo sia al potere le cose continuano come prima.”
“Grazie alla costituzione del 2008, essa non è più autonoma.”
Ciò ha significato che il governo ha potuto riprendersi le riserve nazionali che erano detenute presso banche all’estero. Assieme a nuovi prestiti della Cina e obbligando le banche private a riportare i depositi in Ecuador, il governo è stato in grado di intensificare gli investimenti pubblici.
Ciò ha contribuito a far uscire l’Ecuador dalla crisi più rapidamente di ogni altro paese dell’America Latina.
Il governo ha messo in atto anche altre misure per garantire che i bisogni della gente venissero prima dei profitti. Ad esempio nuove leggi vietano alle banche di penalizzare gli acquirenti a basso reddito di prime case che non onorino i loro mutui.
La mossa più ambiziosa, tuttavia, che dimostra quanto aveva cominciato a cambiare in Ecuador, è stata la decisione del governo di rinegoziare il proprio debito verso l’estero.
Correa ha dichiarato alla NLR: “Il costo del debito estero era uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo dell’Ecuador. In precedenza il rimborso del debito e degli interessi consumava il 40% del bilancio, tre volte quanto era speso nella sfera sociale, istruzione, sanità e così via.  
“L’allocazione delle risorse dimostrava chi era a capo dell’economia: banchieri, creditori, istituzioni finanziarie internazionali.”
Per aggirare l’ostacolo, il governo ha creato il Comitato per una Revisione Integrale del Debito Pubblico (CAIC).
“Il  Comitato ha dimostrato oltre ogni dubbio ciò che già sapevamo: il debito verso l’estero era immorale, una rapina.”
“Ad esempio, le Obbligazioni Globali con scadenza 2012 e 2030 erano vendute sul mercato secondario al 30% del loro valore, ma noi dovevamo pagarle per l’intero 100%. Quando ha esaminato i contratti, il Comitato ha anche rilevato una grande corruzione e grandi conflitti di interessi.”
“Così nel dicembre del 2008 il CAIC ha deciso che questo debito era immorale e abbiamo dichiarato una moratoria unilaterale su tali obbligazioni.”
“Era un momento in cui eravamo in una posizione economica forte, i prezzi del petrolio erano alti, le esportazioni aumentavano, il che era voluto. Ciò ha significato che il debito è sceso e noi abbiamo costretto i nostri creditori a negoziare e a rivendere le loro obbligazioni a un’asta in Olanda.”
“Siamo riusciti a riacquistare il nostro debito al 32-33 per cento del suo valore, il che si è tradotto in miliardi di dollari di risparmi per il popolo ecuadoriano, sia in rimborsi del capitale sia in pagamenti di interessi.”
“Ciò ha liberato una quantità di risorse che abbiamo potuto dedicare alla sfera sociale; ora la situazione si è rovesciata, rispetto a com’era prima: spendiamo tre volte in istruzione, salute e alloggi quanto spendiamo per il rimborso del debito.”
Bisogni umani al di sopra dell’avidità
Correa ha affermato: “Ora stiamo riducendo le disuguaglianze e, con esse, la povertà attraverso una combinazione di quattro cose.”
“In primo luogo facendo pagare più tasse ai ricchi. Abbiamo istituito un sistema di tassazione molto più progressivo e ora la gente paga le tasse sul serio; gli incassi sono raddoppiati.”
“Queste risorse, assieme a quelle derivanti dalle entrate del petrolio e dal denaro risparmiato riducendo l’onere del debito, possono essere dedicate all’istruzione, alla salute, e così via.”
“Il secondo punto centrale consiste nell’offrire opportunità alle persone attraverso l’istruzione e l’assistenza sanitaria gratuite.”
“Terzo, governare il mercato e migliorare il sistema del lavoro.”
Correa ha affermato: “Il mercato è una realtà che non possiamo evitare; ma credere che debba essere il mercato a distribuire ogni cosa è una faccenda diversa. Il mercato deve essere governato dall’azione collettiva.”
“Stiamo ponendo fine a forme di sfruttamento come i subappalti. Stiamo migliorando i salari reali …”
“Circa il 60-65% delle famiglie poteva permettersi le provviste fondamentali all’inizio del nostro mandato; ora abbiamo raggiunto il 93%, la percentuale più elevata nella storia del paese.”
“Abbiamo confutato la teoria economica ortodossa, l’idea che per generare occupazione si debbano abbassare i salari reali: qui i salari reali sono aumentati significativamente e abbiamo una delle percentuali di disoccupazione più basse della regione; appena sotto il 5%.”
“Abbiamo prestato attenzione anche alla qualità dell’occupazione, assicurandoci che le aziende rispettino le leggi sul lavoro. Aumentando i salari abbiamo ridotto la remunerazione del capitale.”
La quarta misura, ha spiegato Correa, consiste nel “distribuire adeguatamente il nostro patrimonio sociale.”
Correa ha affermato: “Eravamo soliti regalare il nostro petrolio: prima del governo Palacio, le imprese multinazionali si prendevano 85 barili ogni 100, lasciandocene 15; ora abbiamo rinegoziato i contratti e le percentuali sono state invertite.”
“Un altro esempio: dopo la crisi economica del 1999-2000, molte imprese che erano utilizzate come collaterale per i prestiti avrebbero dovuto finire in mani statali; siamo stati noi ad impossessarcene. Nel caso del Gruppo Isaias, di proprietà della famiglia dallo stesso nome, nel 2008 abbiamo recuperato circa 200 imprese.”
Il risultato di queste misure è stato una marcata riduzione della povertà e della disuguaglianza.
Questo spiega perché, sei anni dopo essere stato eletto per la prima volta, Correa appare in condizioni di vincere tranquillamente le elezioni presidenziali del marzo prossimo. Sondaggi recenti mostrano Correa vincente, con il 55-60% dei voti.
Secondo, ben distanziato, è un banchiere, Guillermo Lasso, con circa il 15% di sostegno.

Federico Fuentes è un attivisti dell’Alleanza Socialista che vive a Sidney. Con Michael Fox e Roger Burbach, Fuentes è coautore del libro di imminente pubblicazione ‘Latin America’s Turbulent Transitions: The Future of Twenty-First Century Socialism’ [Le transizioni turbolente dell’America Latina: il futuro del Socialismo del Ventunesimo Secolo].
Originale: Green Left Weekly
traduzione di Giuseppe Volpe

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