Storia dell'occupazione sionista della Palestina - parte 1


Con molto piacere pubblichiamo questo testo, suddividendolo in alcune parti, riguardante la storia della colonizzazione sionista della Palestina storica.

A cura del dott. Jafar Rada

Col Nome di Dio Clemente e Misericordioso


La Palestina alla fine dell’800 si trovava sotto il dominio dell’Impero Ottomano
e vedeva al suo interno una piccolissima minoranza di ebrei autoctoni
che lì da sempre avevano vissuto in maniera armoniosa con la comunità palestinese
cristiana e la maggioranza dei palestinesi (circa l’80%) che erano invece
di fede musulmana. Presso Al-Quds (Gerusalemme) le tre grandi religioni
monoteistiche vivevano in pace e rispetto reciproco, ognuna con i propri
riti, i propri usi e i propri costumi. Dobbiamo naturalmente rammentare
come gli ebrei che vivevano in Palestina erano solo una minoranza all’interno
della più vasta popolazione ebraica, che si trovava a vivere in tutto il mondo
avendo spesso posizioni privilegiate all’interno degli stati ove si trovava.
Praticamente dalla fine del Medioevo e l’inizio di quella che possiamo
chiamare “epoca commerciale” l’oro, la moneta, gli affari andarono sempre
più a instillarsi nella forma mentis dell’uomo europeo, venendo a soppiantarecosì gli ideali etico-religiosi di austerità, povertà, odio per il lusso ecc. Il popolo
ebraico che dell’arte del commercio e del prestito del denaro (stante anche
la proibizione della chiesa per il prestito a usura) aveva fatto quasi una
ragione di vita si trovò presto a essere il grande creditore di quasi tutte le corti
europee e di tutti i regni. Il nobile europeo ora avvezzo più al lusso e alle
feste che al combattimento in battaglia (allora nascono le compagnie di ventura)
si trovò ben presto a dover dipendere in tutto e per tutto dai grandi banchieri
e dai grandi commercianti di fede ebraica: molto spesso addirittura pagava
i suoi debiti attraverso la cessione di titoli nobiliari a questi ultimi. Stessa
cosa avverrà successivamente per gli stati europei nati in seguito alla Rivoluzione
francese: la nascita delle prime banche nazionali - in verità istituti
privati che prestavano denaro agli stati stessi - sancirà in maniera legale il
predominio della finanza rispetto a quel che restava degli antichi regni e ai
nuovi stati repubblicani. I cognomi dei Rothschild, dei Morgan, degli Schiff,
dei Rockfeller sono troppo noti per essere menzionati.
Ma torniamo al nostro argomento: abbiamo voluto abbozzare questa breve
storia solo per far comprendere l’enorme potere finanziario e politico che era
presso gli ebrei alla fine dell’ 800. Ebrei d’altronde erano coloro i quali formeranno
quella mentalità laica e materialista propria dell’uomo moderno europeo.
Su tutti Freud (anche se del ‘900), Marx ed Einstein.
L’800 è d’altronde il secolo delle nuove idee: dell’idea nazionalistica,
dell’idea di razzismo, dell’idea di imperialismo. Queste tre idee (che installate
nel cuore dell’Europa distrussero l’ecumene medievale - anche solo al livello
del sentire popolare che ancora sopravviveva nel Sacro Romano Impero
governato dagli Asburgo) sommate alla legge religiosa ebraica, al Talmud,
portarono ben presto un gruppo di ebrei, laici, marxisti, nazionalisti, a codificate
l’idea di uno stato ebraico razzista ove dovevano vivere solo gli ebrei,
riprendendo e anche accentuando quanto di razzista vi era già negli usi e nei
costumi del popolo ebraico.
Nacque così nel 1896 il movimento sionista (il primo congresso fu celebrato
l’anno dopo a Basilea). In verità già al tempo di Napoleone vi erano
stati accenni a un possibile utilizzo del popolo ebraico in Asia come quinta
colonna dell’Occidente. Herzl si peritò di scrivere addirittura al Sultano di
Costantinopoli onde reclamare il possesso della terra. Vediamo in quali termini
lo fece: ”Se Sua Maestà il Sultano ci desse la Palestina, noi potremmo
farci carico di regolare completamente le finanze della Turchia. Per l’Europa,
costituiremmo un baluardo contro l’Asia, saremmo la sentinella avanzata della
civiltà contro la barbarie”.1 Questa breve missiva dimostra più di ogni altra
parola da un lato il razzismo, il sentimento coloniale aggressivo, del sionismo,
e dall’altra la sua straordinaria forza economica: praticamente un gruppo
di privati si offriva di saldare tutti i debiti di un grande stato qualel’Impero Ottomano. Naturalmente il Sultano declinò l’offerta: egli era pur
sempre il governante del califfato essendo l’Impero Ottomano la terza grande
dinastia dell’Islam sunnita dopo gli omayyadi e gli abbasidi. Egli aveva il titolo
appunto di sultano quale eredità abbaside. Il sultano addirittura vietò la
vendita delle terre demaniali ottomane agli ebrei europei e cercò, invano, di
limitare il loro flusso in Palestina.
All’inizio del Novecento in Palestina oltre agli ebrei residenti ivi da tempi
immemori, i quali non avevano voluto emigrare nei secoli precedenti, si erano
incominciate a costituire colonie di ebrei provenienti dall’Europa, i quali,
in teoria, non dovrebbero neanche essere definiti ebrei in quanto la maggior
parte di loro erano i discendenti dei Kazari, una tribù turca stanziata nel Caucaso
che si convertì all’ebraismo nell’VIII-IX secolo d.C. In effetti ancora
oggi gli ebrei europei askenaziti, discendenti diretti dei Kazari, sono molto
più simili nei lineamenti agli europei bianchi che a un qualsiasi cittadino mediorientale.
Interessante notare come il sionismo possiamo dire materializzò
in questa terra la promessa del regno, dell’alleanza che Dio aveva stipulato
col popolo ebraico: non più la promessa di una sorta di ricompensa nell’aldilà,
ma invece la promessa di un dominio, di un regno in questa terra. Da notare,
sempre secondo Herzl, così come scrisse nei suoi diari, che le frontiere del
futuro stato per soli ebrei dovevano andare dal Nilo all’Eufrate. Quanto alla
popolazione palestinese lì residente, che rappresentava circa il 95 %, essa o
sarebbe dovuta essere espulsa (testualmente così dice Herzl: “Dovremo sforzarci
di espellere le popolazioni povere dall’altro lato della frontiera”) ed espropriata
(sempre Herzl: “Quando occuperemo le terre dovremo espropriare
gentilmente la proprietà privata degli stati che ci saranno affidati”). Per coloro
i quali invece non si sarebbe riusciti a espellere la soluzione finale era questa:
“la popolazione araba sarebbe giusto adatta per servire ai bisogni coloniali
degli ebrei”.2
In maniera chiara veniva così esplicitato il progetto sionista nei confronti
dei circa seicentomila palestinesi che allora vivevano in Palestina: o diventare
una sorta di schiavi, espropriati dei beni, o l’espulsione.
Ci stiamo avvicinando temporalmente allo scoppio della Prima Guerra
mondiale: dobbiamo comunque ricordare che all’interno dell’Impero Ottomano
vi era stato una sorte di golpe istituzionale a opera di militari appartenenti
al movimento dei Giovani Turchi (molti dei quali erano in realtà dumnie,
ovvero ebrei convertiti falsamente all’Islam) che avevano spodestato il
sultano e dato vita a una laicizzazione forzata della società turca attaccandone
in profondità l’elemento religioso musulmano. Possiamo dire che la Turchia
divenne non più il cuore del califfato islamico ottomano, ma semplicemente
lo stato dei turchi: non si guardava più verso la Palestina, verso Mecca, verso
Medina, ma verso est, verso i territori che erano stati quelli da cui le tribù 
 turche provenivano. Si passò dall’ottomanesimo al panturchismo: il califfato
sopravvisse comunque ma solo nominalmente venendo poi abolito anche
formalmente da Kemal Ataturk dopo la Prima Guerra mondiale.

tratto da "Palestina. Storia, Spiritualità, Resistenza", a cura dell'associazione islamica "Imam Mahdi" (pp 4-6)

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