Ali Reza Jalali
Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito la ferma presa di posizione del suo Paese sulla crisi in Siria; egli ha affermato con forza che la Russia sostiene il popolo siriano per quello che riguarda la possibilità di determinare autonomamente il futuro del loro governo, prendendo in considerazione i diritti e la sicurezza dei cittadini siriani, e poi auspicando cambiamenti e riforme istituzionali. In un'intervista con l’emittente “Russia Today”, Putin ha sottolineato che i paesi occidentali stanno combattendo in Mali le stesse forze che stanno sostenendo in Siria; tutto ciò dimostrerebbe secondo il leader russo, la politica duale occidentale. Putin ha detto che "il Fronte al-Nusra è una componente importante dell’opposizione armata siriana, che è nella lista nera degli USA, ma tale formazione potrebbe diventare parte del governo siriano se cadesse Assad." Egli ha sottolineato che la Russia è preoccupata per il futuro delle questioni etniche in Siria, aggiungendo che Mosca vuole la pace e la stabilità in Siria.
Il presidente russo ha inoltre affermato che il suo Paese rifiuta di intervenire nei conflitti settari, aggiungendo che la Russia ha buoni rapporti con il mondo islamico. Egli ha sottolineato che gli attuali sviluppi in Medio Oriente non dovrebbero portare alla ripetizione dello scenario libico in Siria. In parallelo, Putin ha detto che lui non ha alcun dubbio che l'Iran ha intenzione di adempiere ai suoi impegni internazionali in materia di non proliferazione nucleare, pur ribadendo l'opposizione di Mosca ad eventuali sbocchi militari del programma nucleare di Teheran. "Non ho alcun dubbio che l'Iran adempierà ai suoi obblighi, poiché non vi è alcuna prova del contrario", ha detto Putin. Quest’ultimo ha anche detto che Washington sta esagerando il pericolo rappresentato dall'Iran, dicendo che "gli Stati Uniti usano l'Iran come scusa per unire gli alleati occidentali contro qualche minaccia, reale o inesistente che sia." (1)
Intanto sul campo di battaglia, dopo la vittoria dell’esercito regolare siriano, sostenuto dai combattenti di Hezbollah, e la liberazione della strategica città di Qussair, vicino al confine libanese, le forze governative preparano l’intervento ad Aleppo, per liberare i quartieri in mano agli oppositori e agli integralisti salafiti e wahabiti. In una situazione del genere intanto si muove anche la diplomazia USA. Gli Stati Uniti hanno promulgato "sanzioni" contro quattro presunti "ambasciatori" all’estero legati alla resistenza islamica del movimento libanese Hezbollah, per condannare il ruolo del movimento nell’intervento in Siria a sostegno del governo legittimo di Assad e contro i terroristi salafiti e wahabiti infiltrati nel paese mediterraneo da diverse aree del mondo arabo e anche dall’Europa; il tutto, secondo i nordamericani, sarebbe ancora più giustificabile per via della crescente influenza di Hezbollah nell’Africa occidentale.
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato martedì che le sanzioni contro i quattro individui libanesi responsabili della "raccolta di fondi e di reclutamento per Hezbollah", sono riconducibili alla volontà degli USA di circoscrivere l’operato del movimento libanese, per quello che riguarda gli sforzi per espandere la propria influenza in Africa occidentale, così come in Sud America e Medio Oriente; ciò in base a quanto riferisce il “Los Angeles Times”. Citando funzionari degli Stati Uniti, il rapporto afferma che i quattro uomini colpiti da sanzioni agivano come esponenti di Hezbollah (“ambasciatori all’estero”) in Sierra Leone, Senegal, Costa d'Avorio e Gambia. I funzionari del Tesoro degli Stati Uniti hanno sottolineato come “l'allarmante portata delle attività di Hezbollah”, che punta a un “crescente ruolo militare” del movimento islamico-sciita, come si è visto nel recente trionfo dell'esercito siriano, alleato con Hezbollah, nella liberazione di alcune zone strategiche della Siria dalla presenza dei terroristi salafiti alleati della NATO e dei paesi arabi. Le sanzioni in questione però sono per lo più simboliche, secondo il rapporto, e riguardano le attività in espansione di Hezbollah all'estero, anche in Sud America, in Medio Oriente e nel resto dell’Africa. Le sanzioni sarebbero presumibilmente volte a congelare qualsiasi attività finanziaria dei quattro uomini, soprattutto con eventuali banche nordamericane. I quattro sarebbero: Ali Ibrahim Watfa, Abbas Loutfe Jawaz, Ali Achmad Chehade e Hicham Nmer Khanafer. Il governo degli Stati Uniti ha in passato più volte imposto sanzioni senza senso, sotto forma di congelamento dei fondi, contro un numero di individui iraniani e funzionari che non hanno assolutamente alcun legame o partecipazioni negli Stati Uniti o con le istituzioni finanziarie americane.
Lo sviluppo della vicenda è quindi legato alla guerra in Siria; il contributo di Hezbollah infatti è stato fondamentale per l'esercito siriano, che ha sconfitto le bande armate di al-Qaeda in alcune regioni importanti della Siria. I salafiti e gli estremisti hanno terrorizzato la nazione siriana con armi massicce fornite attraverso la Turchia, la Giordania e il Libano, con la benedizione degli Stati Uniti e degli europei. (2) In tutto ciò sembra sempre più drammatica la situazione della popolazione civile in Medio Oriente, soprattutto in Siria, dove alcune minoranze religiose, come i cristiani, sono sempre più esposte all’odio etnico e confessionale. Non pochi crimini sono stati commessi in Siria contro i cristiani, per mano dei ribelli salafiti e wahabiti contro le minoranze in un paese famoso per l’accoglienza e la tolleranza. Addirittura si sono levate voci autorevoli, come quella di Jim Wallace, membro di spicco dei gruppi cristiani in Australia, per condannare le politiche occidentali in Siria.
Egli in un recente articolo ha sostenuto che “la Siria era sempre stata unica nel mondo arabo per la sua laicità e la libertà religiosa. Vivere a Damasco per sei mesi mi ha dato l’opportunità di trovare molte chiese cristiane. C’era anche una pronta accoglienza da parte dei musulmani e dei drusi, molti dei quali divennero miei buoni amici. E anche se la mia esperienza riguardava il passato, parlando con i profughi ho avuto la conferma che era ancora così fino al momento della rivoluzione di due anni fa. Poi al grido “fuori gli alawiti e i cristiani”, improvvisamente l’aria si è riempita di isteria dalle folle rivoluzionarie agitate da estremisti. Naturalmente per i cristiani non era un buon segnale quello di essere buttati fuori della Siria, dopo più di 2000 anni di storia. Nonostante il costante flusso di rifugiati, la maggior parte rimarrà nel paese arabo. La Siria è la loro casa, e si sentono chiaramente autoctoni; è loro responsabilità rimanere nella terra della conversione dell’apostolo Paolo e di proteggere i suoi luoghi santi. Ma il costo della continuazione del soggiorno è estremo. Al-Nusra svuota qualsiasi area che occupa dagli infedeli. Gli occupanti estremisti dei quartieri cristiani delle città di Aleppo, Hama e Homs buttano fuori dalle loro case i cristiani e le case vengono saccheggiate, a meno che non siano d’accordo di unirsi ai militanti e combattere per i ribelli. L’età non conta e coloro che si rifiutano di lasciare le proprie case a volte vengono uccisi.”(3)
Ciò fa comprendere bene come l’Occidente invece di proteggere i cristiani del mondo islamico, li sta sacrificando per dei vantaggi geopolitici, principalmente riconducibili alla volontà di indebolire Russia, Cina e Iran nel mondo arabo. Ma questa politica di sostegno al fondamentalismo e al fanatismo, per motivi tattici, potrebbe nuovamente ritorcersi contro gli occidentali, esattamente come avvenne con l’organizzazione di Osama Bin Laden, sostenuta in Afghanistan contro i sovietici e il governo filorusso di Kabul negli anni ’80, che poi invece divenne il nemico numero uno dopo gli attacchi alle Twin Towers nel 2001. La storia sembra, per l’ennesima volta, non insegnare nulla.
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