di Ali Reza Jalali
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una grande aggressività economica da parte degli Stati Uniti d’America e dei governi dell’Unione Europea nei confronti della Repubblica Islamica dell’Iran. Dobbiamo capire le ragioni strategiche e geopolitiche e le conseguenze di queste sanzioni. Prima di tutto, si può dire che al giorno d’oggi, la potenza egemone nelle relazioni internazionali è Washington, anche se la sua egemonia è in un periodo di declino. Lo strumento che ha usato l’amministrazione nordamericana per promuovere politiche aggressive contro i governi, stati o gruppi armati ritenuti pericolosi per la sua egemonia è la guerra, possibilmente effettuata da alcuni alleati o alleanze strategiche, come la NATO, in Afghanistan o nel mondo arabo. Quando la guerra non poteva essere una valida opzione, a causa delle capacità militari dell’avversario, la strategia americana si concentra sull’uso di altri mezzi, come le sanzioni economiche. Nel caso dell’Iran gli occidentali hanno preferito tale strategia, perché la Repubblica Islamica è militarmente preparata. Ha una capacità missilistica sufficiente a colpire alcuni punti strategici degli avversari, come le basi americane in Medio Oriente o anche Israele, un alleato fondamentale di Washington nella regione. Un altro punto di forza dell’Iran nella regione, è la possibilità di contare su alleati importanti in caso di guerra, che potrebbero dare un sostegno fondamentale a Teheran: prima di tutti, Hezbollah e la Siria, che si trovano ai confini di Israele. Questo complesso di alleanze in Medio Oriente è l’”Asse della Resistenza“, e in questi anni questo asse è sotto attacco: la Siria da parte dei ribelli, che sono supportati dall’Occidente e l’Iran da “sanzioni economiche paralizzanti“, come i dirigenti di Washington hanno detto.
Perché l’Occidente vuole rompere l’alleanza strategica tra Iran, Siria e Hezbollah? Il motivo è geopolitico: il governo degli Stati Uniti è a conoscenza del fatto che nel prossimo futuro la Cina sarà la prima potenza economica del mondo e gli strateghi americani hanno paura della rinascita della Russia, che ora, insieme alla Cina, è tornata ad alzare la voce a livello globale e soprattutto in Medio Oriente, dopo venti anni di sonno profondo. Nei prossimi 10-20 anni, gli Stati Uniti devono fare qualcosa contro queste due grandi potenze, se vogliono rimanere l’unica superpotenza del XXI secolo. Il problema è che l’aggressione contro Mosca e Pechino è impossibile, a causa delle grandi capacità militari di questi due paesi. Quindi gli americani cercheranno in ogni modo di eliminare in Medio Oriente gli alleati delle due potenze eurasiatiche. In tutto questo progetto la Russia è vulnerabile per motivi geografici, vista la sua vicinanza allo scacchiere mediorientale, e la Cina è minacciata a causa della dipendenza energetica dal Golfo Persico. In pratica Mosca e Pechino sono più vulnerabili in Medio Oriente, che non sul proprio territorio. L’aggressione terroristica contro la Siria e la nuova destabilizzazione del Libano e dell’Iraq, sono le nuove strategie americane per accerchiare l’Iran, e isolare questo paese islamico dai suoi alleati nella regione. A causa della potenza militare iraniana e della sua posizione geografica, a ridosso dello Stretto di Hormuz, dove passa una parte consistente del petrolio mondiale, l’unico metodo che i nordamericani possono usare contro Teheran è il supporto a agitazioni in questo paese, e le sanzioni economiche sono una buona cosa per promuovere il malcontento nella popolazione, a causa dell’inflazione o altre questioni promosse dalle sanzioni contro l’economia iraniana. In questo modo, possiamo capire come la questione nucleare è solo un problema fittizio, ma il problema reale è l’egemonia della NATO e degli Stati Uniti in Medio Oriente, per distruggere l’”Asse della Resistenza”, preservare la sicurezza del più importante alleato regionale, Israele, e mettere in imbarazzo la Russia e la Cina, eliminandoli completamente dal Medio Oriente, dal Golfo Persico e un domani anche dall’Asia centrale, impedendo il risorgere di queste due potenze eurasiatiche. Da questo punto di vista geopolitico, l’evoluzione delle varie crisi del mondo islamico, soprattutto in quella zona che il governo neoconservatore statunitense aveva definito come il “Grande Medio Oriente”, ovvero lo spazio che ha come estremità, rispettivamente, da ovest a est, il Marocco e il Pakistan, stanno portando ad un chiaro obiettivo strategico: l’egemonia della NATO in Asia centrale.
Le guerre contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, e ora contro la Siria, hanno un comune denominatore: creare caos e instabilità in tutti questi paesi, con la speranza che le guerre che coinvolgono ogni nazione dopo l’intervento occidentale, abbiano delle ripercussioni sui paesi limitrofi. La guerra contro l’Afghanistan, oltre che gettare il paese nel caos, con una guerra che sembra non avere fine, ha avuto conseguenze disastrose sulla stabilità del Pakistan, che si trova ad affrontare il solito problema del terrorismo fondamentalista, un altro aspetto che emerge sempre in modo veemente da tutte le guerre americane degli ultimi dieci anni (e non solo) nel mondo islamico. Difficilmente possiamo trovare un giorno in cui non ci siano notizie di attacchi terroristici in Pakistan e in Afghanistan, per non parlare delle missioni dei droni americani, o altri atti di guerra sul territorio. Lo stesso è accaduto in Iraq dopo il 2003. L’intervento anglo-americano, piuttosto che stabilizzare il paese, è in realtà servito a frammentare lo stato mesopotamico, rendendo il governo centrale di Baghdad assolutamente impotente contro determinate ambizioni secessioniste, soprattutto nel nord del paese. Anche in questo caso, dopo l’arrivo degli americani, è iniziata l’infiltrazione di gruppi fondamentalisti, che prima della guerra del 2003, non avevano una speciale presenza sul territorio. Gli americani con il loro intervento in Iraq, hanno cercato di porre le basi per un attacco contro un altro paese della regione: in quei momenti i nomi più gettonati erano certamente l’Iran e la Siria. Il problema era che in caso di guerra, Israele rischiava una dura rappresaglia. Non a caso, gli sponsor principali della resistenza palestinese e libanese erano l’Iran e la Siria. Così, secondo l’analisi degli americani, prima di attaccare la Siria e la Repubblica Islamica dell’Iran, è stato necessario tentare di eliminare o indebolire gli alleati di questi stati. Questo è il motivo per cui, nel 2006, l’esercito israeliano ha attaccato il Libano con l’intenzione di eliminare una volta per tutte la questione di Hezbollah e la resistenza libanese, ma in 33 giorni di conflitto, l’esercito sionista non è stato in grado di sfondare il muro eretto dalla resistenza in Libano. La missione si concluse con un nulla di fatto, e da allora gli americani, in stretta collaborazione con i sauditi hanno cercato di studiare un nuovo piano per eliminare la resistenza di Hezbollah, ma agendo alla radice della questione, in Siria, da dove erano giunte le armi per il gruppo di Seyyed Hasan Nasrallah. Un progetto contro la Siria, tuttavia, richiedeva molto tempo e una seria organizzazione. Bush non sarebbe stato in grado di completare l’operazione. Con l’avvento di Obama, ci fu il tentativo da parte di alcuni paesi europei, in particolare da parte della Francia, di persuadere il governo siriano a non collaborare con l’Iran, Hezbollah e la resistenza palestinese, ma il governo di Damasco aveva sempre rifiutato. Il passare del tempo però non cambiava l’obiettivo: l’intrusione della NATO nel cuore dell’Eurasia, per mantenere la pressione sulla Russia e sulla Cina, sia da un punto di vista geopolitico, sia da un punto geo-economico, avendo così la possibilità di controllare la zona dalla quale Pechino si rifornisce di energia e i percorsi di petrolio e gas naturale, per creare problemi e fare da concorrenza alla Russia. Per non parlare della questione dei separatisti wahabiti nel Turkestan cinese e nel Caucaso. La diffusione di questi gruppi radicali, dall’Africa al Medio Oriente, è una grave minaccia per l’integrità territoriale di Mosca e Pechino; ciò rappresenta un punto fermo della politica anti-fondamentalista della Federazione Russa e della Repubblica Popolare di Cina.
L’instabilità diffusa nel mondo islamico, che oggi più che mai è allarmante per molti paesi della regione, prima o poi, avrà un impatto anche sulla Russia e sulla Cina. Possiamo dire che in tutto ciò l’”Asse della Resistenza”, ovvero l’alleanza tra alcuni gruppi palestinesi, la resistenza libanese guidata da Hezbollah, alcuni gruppi iracheni, la Siria e l’Iran, è un vero e proprio muro contro l’intrusione della NATO in Medio Oriente e Asia centrale, principalmente contro la Russia e la Cina. In pratica, se l’Occidente vuole completare la pressione da sud verso la Russia, deve senza dubbio creare una continuità territoriale tra Israele, Siria, Iraq, Turchia, Iran e Afghanistan. In questo progetto, i “posti vacanti” del puzzle sono essenzialmente la Siria e l’Iran, dal momento che Israele è il principale alleato degli Stati Uniti, non solo nella regione, ma in termini assoluti, la Turchia è un paese della NATO, l’Iraq è stato di fatto eliminato e neutralizzato attraverso lotte interne senza fine e l’Afghanistan sarà ancora occupato da basi militari USA dopo il 2014, l’anno in cui la NATO dovrebbe ritirarsi dal paese. Se gli Stati Uniti saranno in grado di abbattere il muro eretto da Siria e Iran, la NATO avrebbe il controllo totale della regione, mettendo la Russia e la Cina dinnanzi a un Medio Oriente e un mondo islamico totalmente filo-americano e filo-NATO. In questo senso, l’”Asse della Resistenza” è l’avanguardia contro l’infiltrazione completa degli Stati Uniti in Medio Oriente e in Asia Centrale. Queste sono le vere ragioni delle sanzioni contro l’Iran. Questo paese è il capo di questo “Asse della Resistenza”. Gli effetti geostrategici e geopolitici delle sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran possono essere molto gravi se questo asse cadesse, a causa del collasso del governo siriano. Questo evento può isolare l’Iran nella regione e può essere il primo passo per un vero e proprio attacco militare contro l’Iran. Questo è il motivo principale per cui l’Iran, ma anche la Russia e la Cina, hanno deciso di sostenere il governo siriano, vittima di un’azione terrorista sostenuta dall’Occidente e da alcuni attori regionali come l’Arabia Saudita, un paese sempre interessato a mettere in difficoltà l’Iran.
Paradossalmente l’Europa in generale ha subito le conseguenze più gravi per quanto riguarda le sanzioni unilaterali contro l’Iran. Infatti, alcuni paesi europei hanno lasciato il mercato iraniano, ma questo non significa che l’economia iraniana si sia fermata. In effetti, i paesi asiatici, in particolare la Cina, hanno sostituito gli investitori europei nel commercio con l’Iran. Pechino è ormai il principale partner commerciale di Teheran, con un totale di 45 USD di relazioni bilaterali. Le sanzioni occidentali, invece di isolare l’Iran, hanno rafforzato i legami fra Teheran e paesi asiatici, rafforzando l’integrazione del continente, dal Mediterraneo a Shanghai, dalla Russia verso l’Oceano Indiano, passando per il crocevia strategico del continente eurasiatico, la Repubblica Islamica dell’Iran. In effetti, le sanzioni economiche occidentali hanno costretto l’Iran ad agire notevolmente sia all’interno che a livello internazionale, alla ricerca di nuovi e più forti partner rispetto l’Europa. Recenti rapporti dimostrano l’aumento, per quanto riguarda le esportazioni non petrolifere dell’Iran, nel corso dell’ultimo anno, e le trattative dell’Iran per esportare il gas verso il Mediterraneo attraverso la Siria e l’Iraq, per non parlare del nuovo gasdotto che porterà energia al Pakistan e forse anche in India, mostra come l’isolamento dell’Iran è un obiettivo difficile da raggiungere. Le sanzioni non solo non riescono a isolare l’Iran, ma lo costringono ad agire e a diventare più attivo nelle relazioni internazionali, rafforzando i legami con i paesi dell’Asia e delle economie emergenti, che entro il 2050 produrranno la metà del PIL mondiale.
In tutto ciò l’”Asse della Resistenza” non è solo un’alleanza militare a carattere difensivo anti-israeliano o anti-NATO, e nemmeno solo una sorta di avanguardia per l’Eurasia tutta, ma anche un agglomerato regionale, che unendo il Mediterraneo, ovvero il Libano e la Siria, all’Oceano Indiano (Iran), attraverso l’Iraq, ha la potenzialità di emergere come polo regionale economico e logistico, rafforzando la stabilità di tutto lo scacchiere asiatico. L’Europa in tutto ciò deve prendere una decisione storica: o rimanere ostaggio della NATO e delle politiche irrazionali degli USA e di Israele, o prendere una strada indipendente e avvicinarsi a Russia e Cina, ponendo le basi dell’unità eurasiatica, dalla Penisola Iberica a Shanghai.
Perché l’Occidente vuole rompere l’alleanza strategica tra Iran, Siria e Hezbollah? Il motivo è geopolitico: il governo degli Stati Uniti è a conoscenza del fatto che nel prossimo futuro la Cina sarà la prima potenza economica del mondo e gli strateghi americani hanno paura della rinascita della Russia, che ora, insieme alla Cina, è tornata ad alzare la voce a livello globale e soprattutto in Medio Oriente, dopo venti anni di sonno profondo. Nei prossimi 10-20 anni, gli Stati Uniti devono fare qualcosa contro queste due grandi potenze, se vogliono rimanere l’unica superpotenza del XXI secolo. Il problema è che l’aggressione contro Mosca e Pechino è impossibile, a causa delle grandi capacità militari di questi due paesi. Quindi gli americani cercheranno in ogni modo di eliminare in Medio Oriente gli alleati delle due potenze eurasiatiche. In tutto questo progetto la Russia è vulnerabile per motivi geografici, vista la sua vicinanza allo scacchiere mediorientale, e la Cina è minacciata a causa della dipendenza energetica dal Golfo Persico. In pratica Mosca e Pechino sono più vulnerabili in Medio Oriente, che non sul proprio territorio. L’aggressione terroristica contro la Siria e la nuova destabilizzazione del Libano e dell’Iraq, sono le nuove strategie americane per accerchiare l’Iran, e isolare questo paese islamico dai suoi alleati nella regione. A causa della potenza militare iraniana e della sua posizione geografica, a ridosso dello Stretto di Hormuz, dove passa una parte consistente del petrolio mondiale, l’unico metodo che i nordamericani possono usare contro Teheran è il supporto a agitazioni in questo paese, e le sanzioni economiche sono una buona cosa per promuovere il malcontento nella popolazione, a causa dell’inflazione o altre questioni promosse dalle sanzioni contro l’economia iraniana. In questo modo, possiamo capire come la questione nucleare è solo un problema fittizio, ma il problema reale è l’egemonia della NATO e degli Stati Uniti in Medio Oriente, per distruggere l’”Asse della Resistenza”, preservare la sicurezza del più importante alleato regionale, Israele, e mettere in imbarazzo la Russia e la Cina, eliminandoli completamente dal Medio Oriente, dal Golfo Persico e un domani anche dall’Asia centrale, impedendo il risorgere di queste due potenze eurasiatiche. Da questo punto di vista geopolitico, l’evoluzione delle varie crisi del mondo islamico, soprattutto in quella zona che il governo neoconservatore statunitense aveva definito come il “Grande Medio Oriente”, ovvero lo spazio che ha come estremità, rispettivamente, da ovest a est, il Marocco e il Pakistan, stanno portando ad un chiaro obiettivo strategico: l’egemonia della NATO in Asia centrale.
Le guerre contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, e ora contro la Siria, hanno un comune denominatore: creare caos e instabilità in tutti questi paesi, con la speranza che le guerre che coinvolgono ogni nazione dopo l’intervento occidentale, abbiano delle ripercussioni sui paesi limitrofi. La guerra contro l’Afghanistan, oltre che gettare il paese nel caos, con una guerra che sembra non avere fine, ha avuto conseguenze disastrose sulla stabilità del Pakistan, che si trova ad affrontare il solito problema del terrorismo fondamentalista, un altro aspetto che emerge sempre in modo veemente da tutte le guerre americane degli ultimi dieci anni (e non solo) nel mondo islamico. Difficilmente possiamo trovare un giorno in cui non ci siano notizie di attacchi terroristici in Pakistan e in Afghanistan, per non parlare delle missioni dei droni americani, o altri atti di guerra sul territorio. Lo stesso è accaduto in Iraq dopo il 2003. L’intervento anglo-americano, piuttosto che stabilizzare il paese, è in realtà servito a frammentare lo stato mesopotamico, rendendo il governo centrale di Baghdad assolutamente impotente contro determinate ambizioni secessioniste, soprattutto nel nord del paese. Anche in questo caso, dopo l’arrivo degli americani, è iniziata l’infiltrazione di gruppi fondamentalisti, che prima della guerra del 2003, non avevano una speciale presenza sul territorio. Gli americani con il loro intervento in Iraq, hanno cercato di porre le basi per un attacco contro un altro paese della regione: in quei momenti i nomi più gettonati erano certamente l’Iran e la Siria. Il problema era che in caso di guerra, Israele rischiava una dura rappresaglia. Non a caso, gli sponsor principali della resistenza palestinese e libanese erano l’Iran e la Siria. Così, secondo l’analisi degli americani, prima di attaccare la Siria e la Repubblica Islamica dell’Iran, è stato necessario tentare di eliminare o indebolire gli alleati di questi stati. Questo è il motivo per cui, nel 2006, l’esercito israeliano ha attaccato il Libano con l’intenzione di eliminare una volta per tutte la questione di Hezbollah e la resistenza libanese, ma in 33 giorni di conflitto, l’esercito sionista non è stato in grado di sfondare il muro eretto dalla resistenza in Libano. La missione si concluse con un nulla di fatto, e da allora gli americani, in stretta collaborazione con i sauditi hanno cercato di studiare un nuovo piano per eliminare la resistenza di Hezbollah, ma agendo alla radice della questione, in Siria, da dove erano giunte le armi per il gruppo di Seyyed Hasan Nasrallah. Un progetto contro la Siria, tuttavia, richiedeva molto tempo e una seria organizzazione. Bush non sarebbe stato in grado di completare l’operazione. Con l’avvento di Obama, ci fu il tentativo da parte di alcuni paesi europei, in particolare da parte della Francia, di persuadere il governo siriano a non collaborare con l’Iran, Hezbollah e la resistenza palestinese, ma il governo di Damasco aveva sempre rifiutato. Il passare del tempo però non cambiava l’obiettivo: l’intrusione della NATO nel cuore dell’Eurasia, per mantenere la pressione sulla Russia e sulla Cina, sia da un punto di vista geopolitico, sia da un punto geo-economico, avendo così la possibilità di controllare la zona dalla quale Pechino si rifornisce di energia e i percorsi di petrolio e gas naturale, per creare problemi e fare da concorrenza alla Russia. Per non parlare della questione dei separatisti wahabiti nel Turkestan cinese e nel Caucaso. La diffusione di questi gruppi radicali, dall’Africa al Medio Oriente, è una grave minaccia per l’integrità territoriale di Mosca e Pechino; ciò rappresenta un punto fermo della politica anti-fondamentalista della Federazione Russa e della Repubblica Popolare di Cina.
L’instabilità diffusa nel mondo islamico, che oggi più che mai è allarmante per molti paesi della regione, prima o poi, avrà un impatto anche sulla Russia e sulla Cina. Possiamo dire che in tutto ciò l’”Asse della Resistenza”, ovvero l’alleanza tra alcuni gruppi palestinesi, la resistenza libanese guidata da Hezbollah, alcuni gruppi iracheni, la Siria e l’Iran, è un vero e proprio muro contro l’intrusione della NATO in Medio Oriente e Asia centrale, principalmente contro la Russia e la Cina. In pratica, se l’Occidente vuole completare la pressione da sud verso la Russia, deve senza dubbio creare una continuità territoriale tra Israele, Siria, Iraq, Turchia, Iran e Afghanistan. In questo progetto, i “posti vacanti” del puzzle sono essenzialmente la Siria e l’Iran, dal momento che Israele è il principale alleato degli Stati Uniti, non solo nella regione, ma in termini assoluti, la Turchia è un paese della NATO, l’Iraq è stato di fatto eliminato e neutralizzato attraverso lotte interne senza fine e l’Afghanistan sarà ancora occupato da basi militari USA dopo il 2014, l’anno in cui la NATO dovrebbe ritirarsi dal paese. Se gli Stati Uniti saranno in grado di abbattere il muro eretto da Siria e Iran, la NATO avrebbe il controllo totale della regione, mettendo la Russia e la Cina dinnanzi a un Medio Oriente e un mondo islamico totalmente filo-americano e filo-NATO. In questo senso, l’”Asse della Resistenza” è l’avanguardia contro l’infiltrazione completa degli Stati Uniti in Medio Oriente e in Asia Centrale. Queste sono le vere ragioni delle sanzioni contro l’Iran. Questo paese è il capo di questo “Asse della Resistenza”. Gli effetti geostrategici e geopolitici delle sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran possono essere molto gravi se questo asse cadesse, a causa del collasso del governo siriano. Questo evento può isolare l’Iran nella regione e può essere il primo passo per un vero e proprio attacco militare contro l’Iran. Questo è il motivo principale per cui l’Iran, ma anche la Russia e la Cina, hanno deciso di sostenere il governo siriano, vittima di un’azione terrorista sostenuta dall’Occidente e da alcuni attori regionali come l’Arabia Saudita, un paese sempre interessato a mettere in difficoltà l’Iran.
Paradossalmente l’Europa in generale ha subito le conseguenze più gravi per quanto riguarda le sanzioni unilaterali contro l’Iran. Infatti, alcuni paesi europei hanno lasciato il mercato iraniano, ma questo non significa che l’economia iraniana si sia fermata. In effetti, i paesi asiatici, in particolare la Cina, hanno sostituito gli investitori europei nel commercio con l’Iran. Pechino è ormai il principale partner commerciale di Teheran, con un totale di 45 USD di relazioni bilaterali. Le sanzioni occidentali, invece di isolare l’Iran, hanno rafforzato i legami fra Teheran e paesi asiatici, rafforzando l’integrazione del continente, dal Mediterraneo a Shanghai, dalla Russia verso l’Oceano Indiano, passando per il crocevia strategico del continente eurasiatico, la Repubblica Islamica dell’Iran. In effetti, le sanzioni economiche occidentali hanno costretto l’Iran ad agire notevolmente sia all’interno che a livello internazionale, alla ricerca di nuovi e più forti partner rispetto l’Europa. Recenti rapporti dimostrano l’aumento, per quanto riguarda le esportazioni non petrolifere dell’Iran, nel corso dell’ultimo anno, e le trattative dell’Iran per esportare il gas verso il Mediterraneo attraverso la Siria e l’Iraq, per non parlare del nuovo gasdotto che porterà energia al Pakistan e forse anche in India, mostra come l’isolamento dell’Iran è un obiettivo difficile da raggiungere. Le sanzioni non solo non riescono a isolare l’Iran, ma lo costringono ad agire e a diventare più attivo nelle relazioni internazionali, rafforzando i legami con i paesi dell’Asia e delle economie emergenti, che entro il 2050 produrranno la metà del PIL mondiale.
In tutto ciò l’”Asse della Resistenza” non è solo un’alleanza militare a carattere difensivo anti-israeliano o anti-NATO, e nemmeno solo una sorta di avanguardia per l’Eurasia tutta, ma anche un agglomerato regionale, che unendo il Mediterraneo, ovvero il Libano e la Siria, all’Oceano Indiano (Iran), attraverso l’Iraq, ha la potenzialità di emergere come polo regionale economico e logistico, rafforzando la stabilità di tutto lo scacchiere asiatico. L’Europa in tutto ciò deve prendere una decisione storica: o rimanere ostaggio della NATO e delle politiche irrazionali degli USA e di Israele, o prendere una strada indipendente e avvicinarsi a Russia e Cina, ponendo le basi dell’unità eurasiatica, dalla Penisola Iberica a Shanghai.
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