Iraq e Israele secondo l'analisi settimanale del CeSI

Iraq

Più di 2.500 iracheni sono morti dal mese di aprile ad oggi durante l’ultima ondata di violenze che ha sconvolto il Paese. Il livello di violenza si è innalzato al suo punto più alto dal 2008. Gli ultimi avvenimenti risalgono allo scorso 15 luglio quando una serie di più ordigni è esplosa in tutto il Paese, causando circa 28 morti. La più violenta esplosione di domenica scorsa è avvenuta presso i quartieri generali di alcuni partiti politici a sud di Bassora, uccidendo otto persone, mentre altre sei vittime sono state causate da esplosioni a nord di Mossul. Ordigni esplosivi hanno colpito anche la moschea di Musayyib ed un mercato di Kerbala. Il 14 luglio già altre esplosioni avevano colpito due moschee sunnite a Baghdad, dove fedeli si erano adunati a pregare dopo il momento del digiuno imposto dal Ramadan. 
Il bilancio che si può fare del Paese negli ultimi mesi è, quindi, un bilancio all’insegna dell’instabilità sia sotto il punto di vista politico che della sicurezza. La violenza nel 2013 è in aumento ed ostacola la ripresa dell’economia del Paese, che possiede la terza più grande riserva di greggio del mondo, impedendone la stabilizzazione e il processo di ricostruzione istituzionale a più di 10 anni dalla caduta di Saddam Hussein.


Israele 120Israele

Dopo gli ultimi sconvolgimenti politici egiziani che hanno portato alla destituzione del Presidente Mohammed Morsi da parte delle Forze Armate, le autorità israeliane hanno in più occasioni incitato Washington a non sospendere il programma annuale di aiuti militari al Cairo, da 1,3 miliardi di dollari. Secondo la legge americana, ogni tipo di aiuto, militare ed economico, deve essere sospeso in caso di rovesciamento del potere politico. Gli Stati Uniti non hanno ancora formalmente determinato se la rimozione di Morsi dalla Presidenza egiziana sia stata o meno dovuta ad un reale colpo di Stato. Lo stesso Presidente americano, Barack Obama, ha usato con attenzione la parola “golpe” in relazione agli eventi in Egitto. Non è nell’interesse di Washington, infatti, effettuare immediati cambiamenti nei programmi di assistenza all’Egitto, provocando così ulteriore destabilizzazione allo Stato egiziano. 
Le pressioni di Israele sono dovute al timore che la sospensione degli aiuti americani possa turbare ancora la sicurezza del Paese, specialmente in riferimento alla Penisola del Sinai. Il Sinai ha visto, negli ultimi mesi, l’aumento dell’insorgenza beduina e degli scontri tra qaedisti e Forze di sicurezza egiziane, soprattutto dopo la rivoluzione del Febbraio 2011 e la conseguente destituzione del Presidente egiziano Hosni Mubarak. 
Washington, intanto, fa sapere che consegnerà, entro le prossime settimane, quattro F-16 all’Egitto. Gli aerei da combattimento fanno parte di un accordo più ampio, già pattuito, di consegna di venti aerei, dodici dei quali già arrivati in Egitto. Probabilmente entro la fine di quest’anno gli Stati Uniti consegneranno all’Egitto gli ultimi quattro velivoli.


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