Corea democratica e Iran: un’alleanza spirituale

myriam20130804072846707Alcuni mesi fa, durante la parata a Pyongyang per il 60° anniversario dell’armistizio che pose fine alla guerra civile in Corea, abbiamo avuto una dimostrazione significativa del rapporto tra i membri fondatori dell’”Asse del Male”, la Repubblica islamica dell’Iran (RII) e la Repubblica democratica popolare di Corea (RPDC). Durante la parata, due soli uomini separavano il leader nordcoreano Kim Jong-Un e un generale iraniano. C’era solo un altro dignitario straniero a fianco di Jong-Un e del suo staff, il vicepresidente cinese Li Yuanchao. Il generale iraniano era l’unico addetto militare. Non è sorprendente che alla Cina sia concessa un tale onore per la parata. Cina e Corea hanno legami storici profondamente radicati, sono confinanti e lo Stato Maggiore Generale dell’Esercito Popolare di Corea (KPA) era composto in gran parte da ex partigiani che combatterono a fianco dei cinesi in Manciuria contro l’occupazione giapponese, negli anni ’30; i cinesi hanno versato molto sangue nella lotta a fianco dei nordcoreani, nella guerra civile in Corea, e la Cina è il principale partner commerciale della Corea democratica. E’ quindi del tutto normale che la Cina abbia questo status speciale. Ma perché l’Iran? Gli scambi commerciali tra l’Iran e la Corea democratica non sono elevati. In realtà, l’Iran ha un maggiore volume di scambio annuale con la Corea del Sud che non con la Corea democratica. E l’importanza della cooperazione nella difesa Corea democratica-Iran è diminuita drasticamente dopo che l’Iran ha eclissato la RPDC nella missilistica. Allora perché i nordcoreani assegnano al generale iraniano lo stesso rispetto per Yuanchao? E non solo nella parata, vi sono molti esempi in cui i due Paesi compiono grandi sforzi per sottolineare l’importanza del loro rapporto.
I rapporti Iran-Corea democratica si ampliarono dopo la rivoluzione islamica in Iran, ma la loro partnership raggiunse il culmine dopo lo scoppio della guerra Iran-Iraq (1980-1988). Durante questo conflitto, la Corea democratica fu la principale fonte di armi per l’Iran, rappresentando il 40% di tutte le importazioni di armamenti dall’Iran. Così, durante questo periodo, circa un terzo delle valuta estera della Corea democratica proveniva dalla vendita di armi all’Iran. Mohsen Rafighdoost, l’incaricato d’affari per i contratti sugli armamenti, ha detto che durante una visita a Pyongyang, negli anni ’80, Kim Il-Sung gli avrebbe detto: “Fin quando acquisterete armi da noi? Fabbricatevele!” Quando Rafighdoost disse che l’Iran era infatti riuscito ad avviare la produzione di alcune di queste armi, tra cui lanciarazzi multipli da 70 km di gittata, Kim si alzò prese Rafighdoost dalla sedia e l’abbracciò. Hung Son-Muk, ex ambasciatore della Corea democratica a Teheran, disse un giorno: “Crediamo molto ai progressi e alle realizzazioni della nazione rivoluzionaria iraniana, con lo slogan dell’indipendenza, della libertà e della Repubblica islamica, come la nostra.” Poi, il presidente iraniano (e attuale leader supremo Sayyid Ali Khamenei) riprese questi sentimenti: “I due governi e i due popoli di Iran e Corea democratica hanno molti tratti e ideali comuni. Questo  rapporto ha rafforzato le relazioni e la cooperazione tra i nostri due Paesi“. Recentemente, un coro dell’EPC (Esercito Popolare Coreano) ha eseguito un’interpretazione mozzafiato della canzone rivoluzionaria iraniana Ey Shahid! (O Martiri!), e queste immagini sono state orgogliosamente mostrate alla televisione di Stato iraniana. I due Paesi indicono la “settimana dell’amicizia” ogni anno, e spesso coordinano le loro azioni politiche, e la Corea democratica cerca di sfruttare il possibile riavvicinamento Iran-USA come trampolino di lancio per un suo riavvicinamento diplomatico. E’ risaputo che la Repubblica islamica non ha rapporti mitigati con gli altri Paesi islamici, in particolare i suoi vicini mediorientali. Le ragioni sono abbastanza evidenti: la maggior parte dei cosiddetti Paesi islamici del Medio Oriente sono agenti degli Stati Uniti, e da subito si opposero violentemente alla rivoluzione islamica in Iran. Alcuni, come l’Arabia Saudita e Qatar, sono anche sostenitori ideologici del salafismo, un’ideologia a cui la Repubblica islamica si oppone mortalmente. Così, dopo la rivoluzione, l’Iran si volse verso i Paesi socialisti laici: Siria, Libia, Nicaragua, Cuba, ecc., alleati ideologicamente più compatibili che non i Paesi musulmani, la cui base sociale e la politica internazionale si avvicinavano maggiormente a quelle dell’Iran dello Shah che a quelle della Repubblica islamica. La più convincente di queste relazioni fu il rapporto con la Corea democratica. Inaspettatamente, per via delle differenze geografiche e culturali (presunte) tra i due Paesi, si svilupparono stretti legami. Ma se si osserva da vicino, si nota che il rapporto Corea democratica-Iran è più profondo della semplice alleanza di convenienza, nata dalla comune opposizione all’imperialismo e all’egemonia statunitensi. In sostanza, l’Iran e la Corea democratica stranamente condividono un retroterra storico e la visione del mondo. Così, la ragione di questo straordinario organico partenariato politico è ideologica e culturale, piuttosto che materiale.
La Repubblica Islamica Iraniana (RII), con la sua retorica e le sue azioni, ha dimostrato la propria fede nell’autodeterminazione delle nazioni (in particolare le più povere, che i loro governi resero dipendenti dalle potenze straniere) e un modello di governo globale multipolare. Tuttavia, la Corea democratica era già in prima linea: è fedele alla sua opposizione all’occidente, mentre si distingueva dal resto del blocco socialista. Sebbene entrambi i Paesi siano giunti a tenere in conto la realtà delle riforme economiche, abbandonando su vari livelli la pianificazione economica autarchica che caratterizzava entrambi i sistemi, la privatizzazione è stata avviata a malincuore e solo per necessità. I due Paesi sembrano anche condividere certi valori morali. Negli anni ’70, nel tentativo di mantenere il proprio vantaggio economico rispetto al Sud, la Corea democratica si concentrò sullo sviluppo del commercio estero. Questo portò molti turisti stranieri, molti dai Paesi non socialisti. Questi osservatori videro che la società della Corea democratica era una società assai puritana,  qualcosa di inimmaginabile per i giovani di oggi, con il divieto di tenersi per mano, e anche di avere rapporti sessuali prima del matrimonio. L’abbigliamento impudico non è ammesso. (La donna indossa il tradizionale abito coreano, l’hanbok, un chador a capo scoperto). Erik Cornell, il primo ambasciatore svedese a Pyongyang veniva visto di traverso quando andava in pubblico mano nella mano con la moglie. Le scuole sono separate per sesso, tra cui la scuola dove l’ex leader Kim Jong-Il aveva studiato da bambino. Infatti, la prima critica culturale della Corea democratica nei confronti del Sud è la decadenza morale. Il Nodong Sinmun, il quotidiano del Partito dei Lavoratori della Corea, una volta propagandava (tra l’altro) che la Corea democratica non ha “tossicodipendenti, alcolisti e degenerati dai desideri anormali.” Questa avversione alla sessualizzazione della vita pubblica è evidente anche nell’arte. Le canzoni pop hanno titoli nordcoreani come “Andiamo!” e “Le donne sono fiori” (cantata da un gruppo tutto al femminile, comunque). I film della Corea democratica sono di una purezza impeccabile, anche rispetto a quelli di altri Paesi del blocco socialista, senza mostrare alcun contatto fisico tra i due sessi e sempre incentrati sulla famiglia. Tale puritanesimo è molto familiare in una società religiosa come quella dell’Iran.
Queste caratteristiche comuni hanno un’unica origine. Al centro di questa partnership culturale vi è un principio ideologico: le rivoluzioni della Corea democratica e dell’Iran si riflettono a vicenda e segnano la completa trasformazione delle loro società, pur affermando e confermando certe vecchie tradizioni e credenze. Per esempio, prendiamo la riforma agraria della Corea democratica che ebbe inizio dopo la divisione della Corea nel 1945, e proseguita con maggior vigore dopo la fine della guerra di Corea nel 1953. Si sarebbe potuto supporre che la costruzione dell’agricoltura socialista in Corea democratica avrebbe riprodotto la spinta sovietica alla collettivizzazione dell’agricoltura degli anni ’20 e ’30, che richiesero severe misure punitive da parte del governo sovietico, con almeno centinaia di migliaia di vittime. Ma in questo caso non fu così. Si potrebbe quasi dire che la riforma agraria della Corea democratica violasse la norma dei sistemi socialisti dell’epoca. Lo specialista della Corea democratica, il ricercatore Bruce Cumings, traccia un quadro lucido della riforma agraria nordcoreana relativamente incruenta, ma molto efficace. La terra non fu sequestrata con la forza, i contadini “poveri” e i contadini “ricchi” non furono spinti gli uni contro gli altri. Invece, ogni famiglia (compresi gli ex proprietari, che nella società sovietica erano considerati “nemici di classe”) ricevettero quote uguali di terra appartenenti ad una “cooperativa agricola”. Queste cooperative non erano parte di una struttura di comando, ma piuttosto erano semi-autonome. Il governo forniva i macchinari in cambio di una tassa in natura (che variava a seconda della fertilità della terra). Inoltre, le tenute della famiglia venivano ereditate. La riforma agraria nordcoreana annullò un secolare sistema di schiavitù e sofferenze pur conservando le antiche tradizioni coreane. Non è un caso che questo sistema delle cooperative agricole ha anche una sorprendente somiglianza con quello descritto dallo studioso islamico Ayatollah Sayad Muhammad Baqir as-Sadr, le cui teorie influenzarono i principi economici della costituzione della RII (prima delle modifiche del 2004).
Lo Stato difende costantemente l’importanza della famiglia come unità fondamentale della società, e l’importanza della pietà filiale. Gli anziani vengono supportati da figli e nipoti. E fuori dalla singola famiglia, c’è la famiglia nazionale, lo Stato-famiglia che ha al vertice il padre del popolo. Nei media occidentali, la Corea democratica è spesso definita il “regno eremita”, le origini del termine sono in realtà coreane, risalenti alla dinastia Chosun (1392-1897) che adottò dure politiche isolazioniste in risposta all’aggressione dei vicini Paesi Cina e Giappone. Questa constatazione è ancora più straordinariamente astuta avendo i media occidentali sbagliato sulla Corea democratica. I programmi sociali e politici della Corea democratica, oltre che in modo puramente simbolico, provengono dalle tradizioni coreane permeate di valori confuciani. L’intellettuale sudcoreano Mun Woong Lee disse (nel 1976): “Ciò che è successo in Corea democratica nell’ultimo quarto di secolo può essere riassunto nella trasformazione nella nuova società-famiglia o Stato confuciana ben integrato dall’estensione della pietà filiale, espressa dalla forte lealtà verso il proprio leader. In una certa misura, allora possiamo dire che la società comunista che Chu Hsi aveva sognato, si materializzò nella Corea democratica.”
Riguardo l’Iran, fu lo zelo religioso che ha ispirato la rivoluzione iraniana, ma perché dopo 500 anni di Islam sciita gli iraniani finalmente si accorsero del potenziale rivoluzionario della loro religione? Ciò è dovuto al nuovo pensiero radicale emerso, al momento, soprattutto grazie agli scritti e ai discorsi di Khomeini. La rivoluzione ha segnato la fine di 2500 anni di monarchia nel Paese. Pertanto, fu un elemento importante delle correnti anti-reazionarie. In una lettera aperta del 1967 all’allora primo ministro Amir Abbas Hoveyda, Ayatollah Khomeini disse che il regime Pahlavi era “medievale”. Respinse il principio della monarchia come forma di governo retrograda, dichiarando: “…L’Islam è giunto per distruggere il palazzo della tirannia. La monarchia è la manifestazione reazionaria più vergognosa e oltraggiosa” e disse anche “la monarchia è un tradimento completo, anche i buoni re sono cattivi“. Nel gennaio 1989, Khomeini scrisse: “Dovete dimostrare che nella rivoluzione il nostro popolo si è ribellato contro l’oppressione e la reazione… Il popolo insorse contro l’oppressione e la reazione, per garantire che il puro, vero Islam fosse vittorioso sull’Islam capitalista, monarchico ed eclettico, in altre parole: (vittorioso) sull’Islam americano.” Khomeini vide la Rivoluzione islamica in realtà come una sorta di rivoluzione anti-islamica, in quanto rappresentava la grave sconfitta della forma di Islam che era prevalsa per secoli in Iran e altrove. Khomeini respinse l’apparato clericale islamico e la struttura politica dell’Iran (cioè la monarchia), legittimata dallo stesso clero. Più volte si mostrò sprezzante verso coloro che chiamava “i mullah della Corte (reale)“. Nonostante queste convinzioni radicali, Khomeini non era anti-tradizionalista e non rifiutò gli insegnamenti islamici dei secoli precedenti. Infatti, nella sua storica lettera a Mikhail Gorbaciov, raccomandò le opere di Mulla Sadra (1571-1636) e Ibn Arabi (1165-1240). E non voleva neanche che gli iraniani si distaccassero dal loro passato. E in effetti, uno dei motivi del suo appello al potere fu perché era profondamente iraniano laddove Mohammad Reza Shah non lo era. Tuttavia, la rivoluzione ha certamente suscitato una nuova visione della religione. Così, il legame iraniano-nordcoreano è un matrimonio tra la conservazione del retaggio tradizionale e la necessaria avanguardia nella creazione di nuove idee, accompagnati da un forte spirito collettivista: “[...] purtroppo, invece di unità e armonia tra di noi, ognuno mantiene la propria opinione individuale e, naturalmente, se 100 milioni di persone hanno 100 milioni di opinioni diverse, non potranno realizzare qualcosa, poiché la mano di Dio è nel gruppo. La solidarietà e l’unità sono essenziali. [...] Gli individui isolati non possono realizzare nulla.”
Tale connessione spirituale indica non solo che l’alleanza tra i due Paesi è probabilmente destinata a durare per molti anni, ma che la RII e i suoi alleati non musulmani hanno una solidissima base per cooperare di quanto probabilmente immaginino i governi occidentali. Questa alleanza multipolare sarà il principale ostacolo alla costruzione di un impero nel prossimo futuro.
IRAN-NORTH KOREAIssa Ardakani è un analista politico e storico di Detroit, scrive principalmente di argomenti sull’Iran, da cui è originario.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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