Federico II e l'Islam

Nell'anniversario della nascita - 26 dicembre 1194 - di Federico II di Svevia, vi proponiamo questo articolo sui rapporti tra il grande sovrano europeo e il mondo islamico. 




Federico II Hohenstaufen di Svevia nacque da Enrico VI, figlio di Federico il Barbarossa, e da Costanza d'Altavilla, zia del re di Sicilia ed unica erede di quel trono. Ottenuta dal padre la corona imperiale, Federico II volle pero' essere soprattutto re di Sicilia e tutto il suo sforzo politico miro' costantemente a rafforzare il regno dell'Italia meridionale, del quale volle fare la base economica e militare della sua potenza. Federico II realizzo' il primo esempio di stato accentrato, in cui tutto ruotava attorno alla figura del sovrano, ed in cui non vi era spazio per le ingerenze dei Comuni e della Chiesa. Riluttante a mantenere le promesse fatte al papa Onorio III, cioè unione solo temporanea delle corone imperiale e del Regno di Sicilia, lotta alle eresie e crociate in Terrasanta, Federico venne additato dalla Curia Romana come il nuovo anticristo: Chiesa e Comuni lo osteggiarono fino alla sua morte, che lo colse improvvisamente nel 1250. Federico II rappresenta il precursore dei sovrani moderni, e proprio per questo fu incompreso dai suoi contemporanei: non soltanto fu un abile sovrano e audace condottiero, ma seppe, in ogni sua opera, dimostrare una genialita' ed una spregiudicatezza degne di un uomo moderno. All'incrocio tra la civilta' normanna, araba e bizantina, egli seppe vivere un'esperienza di governo unica nel suo genere, dimostrando una tolleranza ed una larghezza di vedute allora ignote. La sua corte fu un vero faro di cultura: egli ebbe il merito di incoraggiare la Scuola poetica siciliana, destinata a produrre un rinnovamento letterario in tutta la penisola, e di fondare quello che sarebbe stato il nucleo dell'Universita' napoletana, cioe' il Centro di studi giuridici della citta' partenopea. Diede il suo appoggio a scienziati e filosofi come il Fibonacci, che introdusse in Europa la matematica e l'algebra degli arabi. Personalità ricca e contrastante, egli sembro' veramente incarnare un ideale umano cosi' eccezionale che fu persino chiamato "la meraviglia del mondo".
Proprio per questo, I suoi contemporanei, rinchiusi in un mondo ancora troppo angusto, non lo compresero, e videro in lui solo l'eretico, il tiranno, come il guelfo Giovanni Villani sottolinea nella sua cronaca: "…figliolo d'ingratitudine, non riconoscendo la Santa Chiesa come madre, ma come nemica matrigna, in tutte le cose le fu contrario e perseguitatore…dissoluto in lussuria in piu' guise…in tutti I diletti corporali volle abbondare…". All'opposto, un suo ammiratore, il ghibellino Niccolo' di Jamsilla, scriveva: "Fu uomo di gran cuore e si applico' ad ogni impresa con molta ponderazione… Amo' e onoro' a tal punto la giustizia che a nessuno fu vietato di chiamare in giudizio lo stesso imperatore… per l'odio dei suoi nemici fu colpito da molte avversita', ma da costoro mai fu vinto."
Federico fece in modo che alla corte di Palermo letterati, filosofi e scienziati d'ogni angolo d'Europa entrassero in contatto con la cultura araba e questi furono protagonisti di viaggi e scambi culturali, traducevano dall'arabo, dal greco, dall'ebraico in latino, impegnati in ricerche, diremmo noi, d'avanguardia, su temi del tutto nuovi per la tradizione latino-cristiana. Spesso questi dotti, che a volte erano anche consiglieri del re, erano incoraggiati  da Federico a lavorare in collaborazione ad un sapere scientifico-pratico organizzato in una prospettiva naturalistica che escludeva ogni finalizzazione di tipo religioso.
Quale fu il rapporto di Federico II con l'Islam? Esso potrebbe essere sintetizzato da una frase del filosofo tedesco Nietzsche: "Pace ed amicizia con l'Islam! Cosi' pensava e cosi' fece quel grande spirito libero, il genio tra gli imperatori tedeschi, Federico II". Federico ebbe un costante modello ideale nell'Islam e nell'istituzione del califfato, che lui sentiva essere l'unica forza   in grado di permettere all'occidente il superamento dell' eterna dicotomia tra potere temporale e spirituale. Federico fu naturalmente incline all'Islam, che influi' sull'orientamento spirituale e sulla formazione culturale dell'imperatore: molto nota e' l'ammirazione sincera e profonda che Federico nutriva per Avicenna e per il suo multiforme ingegno di filosofo, scienziato e naturalista. Michele Scoto, il piu' celebre dotto della corte palermitana, grande traduttore delle opere di Avicenna ed Averroe', utilizzo' proficuamente fonti musulmane per i suoi studi di filosofia, astrologica, alchimia, matematica, mantica.  Tali studi influenzarono lo stesso imperatore, che si cimento' nella stesura di un'opera naturalistica d'ispirazione avicenniana. A dire il vero, la corte di Federico brulicava d'ingegni musulmani, al punto tale che Carlo d'Angio' si riferiva all'imperatore attribuendogli il titolo di "sultano di Lucera". Non meno fondamentale, per Federico, fu l'ausilio di dotti musulmani per risolvere questioni metafisiche, testimoniato dalla corrispondenza tra l'imperatore, che proponeva le sue Quaestiones Sicilianae, e il dotto andaluso Abd al Haqq ibn Sab'in. Il testo in cui ibn Sab'in articolava la sua risposta ai quesiti filosofici postigli dall'imperatore fu scoperto dall'Amari e da lui parzialmente tradotto nel 1853.
Si ricorda che Federico abbia osservato: "Come sarebbe bello governare uno stato islamico, senza papi e senza frati!". Questa propensione naturale, istintiva eppure cerebrale dell'imperatore svevo per l'Islam gli procuro' l'ammirazione dei musulmani di Gerusalemme, in cui Federico si era recato per tenere fede ad una promessa di crociata fatta al papa, e che l'imperatore non condusse mai, limitandosi a generici accordi con l'autorita' islamica (cosa che, peraltro, fece infuriare papa Onorio e che gli procuro' l'appellativo di "anticristo"). Le cronache siciliane raccontano che Federico, a Gerusalemme, "meno' seco il suo maestro di dialettica, e paggi e guardie, tutti musulmani di Sicilia, I quali si prosternavano alla preghiera sentendo far l'appello del mu'addin (muezzin) da' minareti della moschea di 'Umar ed anche l'imperatore aveva a grado quella cantilena, ne' s'adirava che si recitassero I versetti del Corano ove I Cristiani son rimproverati". (Storia dei Musulmani di Sicilia, Catania, 1933).
Lo straordinario fascino che l'Islam seppe esercitare su Federico II e' testimoniato ancora dalle lettere arabe dell'imperatore, che iniziano con la basmala (formula d'apertura di tutti gli scritti composti da musulmani, che recita: "Bismillahi ar rahman ar rahim, nel nome di Dio, clemente e misericordioso") e terminano con il saluto islamico (as-salamu 'aleikum wa rahmatullahi wa barakatuhu, la pace sia con voi, e cosi' la misericordia di Dio e le sue benedizioni). L'amore che l'imperatore portava all'Islam ed alla sua spiritualita' e' testimoniata ancora dalle calligrafie arabe che adornavano la tunica indossata da Federico II per il suo viaggio oltre la morte.

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