Quando tra ottomani e safavidi la guerra si faceva con la poesia

In uno scambio di lettere tra il sultano ottomano Selim I e il safavide Shah Ismail I, poco prima che gli imperi ottomano e safavide venissero alle mani nel 1514, nella famigerata battaglia di Chaldoran, nel nord del Kurdistan, il sultano ottomano, pieno di fiducia, soprattutto forte dell'artiglieria dei giannizzeri e della superiorità tecnologica sul campo di battaglia, elegantemente denigrava i suoi nemici safavidi:

Puoi chiedere al sole circa il bagliore del mio regno;

puoi chiedere a Marte circa la brillantezza delle mie armi.

Anche se si tu indossi una corona Sufi (1), io porto una spada tagliente,

e colui che tiene la spada sarà presto in possesso della corona.

Allora il sovrano safavide rispose così:

Se uno vuole abbracciare la sposa della vita mondana troppo forte,
le sue labbra baceranno la spada radiante...

L'Amara esperienza ha insegnato che in questo mondo di prove, colui che cade sulla casa di Ali (2), è destinato a cade sempre.


Note: 

1- I safavidi erano discendenti di una famiglia sciita-sufi di Ardebil, attualmente nell'Iran nord-occidentale. Il sovrano ottomano deride quindi l'atteggiamento "sufi" dei safavidi, ovvero il loro essere eretici, dal punto di vista sunnita ortodosso. I sufi inoltre portavano dei vestiti e dei copricapi che li distinguevano dalle altre persone. 

2- Il sovrano safavide risponde per le rime alla provocazione del sultano ottomano, sottolineando che da sciita, ritiene gli ottomani eretici, in quanto questi ultimi, da sunniti, avendo "negato" la successione ad Ali, cugino di Muhammad, profeta dell'islam, sono "decaduti" dallo status di autentici musulmani.  



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