La fine del “multiculturalismo” in Siria: interessa a
qualcuno?
di Enrico Galoppini
“Ucciso l’ultimo cristiano di
Homs”: questo il
lapidario (è proprio il caso di dirlo) titolo di un’agenzia pubblicata il 31
ottobre, nella quale si aggiunge che sono circa centomila i suoi correligionari
“evacuati” dalla medesima città dall’inizio dell’“insurrezione”
antigovernativa.
Il primo dato che emerge dalla scarna agenzia è che non si fa
capire chi ha provocato tale “evacuazione”. Insomma, un lettore distratto o
disinformato potrebbe pensare che ad ammazzare “l’ultimo cristiano di Homs” sia
stato “il regime”.
Invece no, e questo va detto molto chiaramente.
La morte di Elias Mansour, di 84 anni, come quella di molti
appartenenti alle altre differenti confessioni cristiane, che coabitano assieme
a quelle islamiche, è da mettere sul conto dei cosiddetti “ribelli”.
Che se ne infischiano di tutta la retorica occidentale sulla
“convivenza”, la “tolleranza” e il “diverso”, tirando diritto per la loro
strada.
Ma l’Occidente plaude alla “rivoluzione” per abbattere “il
tiranno” e presenta, coi suoi “media”, una versione a senso unico di quel che
avviene nel paese vicino-orientale.
Sarà ripetitivo, ma bisogna rilevare l’ennesima palese
contraddizione con quanto predicato ai quattro venti. Il famoso
“multiculturalismo”, imposto come una randello morale a noialtri (“razzisti”
eccetera appena osiamo fiatare), esiste da secoli altrove, senza che ci abbiano
costruito sopra tante teorie “edificanti”. L’Occidente, per questo, dovrebbe
prendere la Siria a modello. E invece no, sta dalla parte di chi fa piazza
pulita di tutti quelli che non sono musulmani (il che sarebbe non solo grave, ma
contraddittorio con la teoria e la prassi dell’Islam autentico, cioè quello del
Profeta), e, convincendosi di essere il portatore unico ed indiscutibile della
verità, dà la caccia anche a tutti quei musulmani (sciiti di tutte le tendenze,
sufi, sunniti non “salafiti”) che non si adeguano alla sua “ideologia
islamica”.
La stessa porcheria l’abbiamo vista in Libia, dove i neri sono
trattati come bestie dai “ribelli”.
Conosco la giustificazione: ce l’hanno con i sostenitori di
Gheddafi, così come in Siria la violenza di costoro si scatena contro i
filo-governativi. In Iraq è accaduta la stessa cosa.
Che strani però questi “dittatori”. Talmente odiosi da sapersi
attirare le simpatie ed il consenso di una così variegata umanità!
Ma ancor più strani sono gli occidentali, che sul
“multiculturalismo”, la “società multietnica” e i suoi annessi e connessi hanno
costruito una retorica multiforme e pronta all’uso, dalle aule universitarie
alla propaganda di guerra (si pensi al mito della “pulizia etnica”, addotto
quale scusa per “l’interventismo umanitario”).
La prossima volta che vi sentirete fare il predicozzo sul
“diverso” da qualche chierico liberal-democratico (religiosi compresi),
chiedetegli che cosa pensa di quanto avviene in Siria. Sarà l’occasione per saggiarne la
preparazione in materia, al di là dei soliti discorsi, ma anche l’acume e, in
particolar modo, la coerenza, al riguardo di un caso pratico, coi “valori” in
cui afferma di credere.
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