L’essere umano è alla perenne
ricerca di una via che possa condurlo alla felicità; questa tensione naturale
dell’uomo è confermata da millenni di lotte e battaglie morali e sociali
affinché le persone di tutto il mondo, a prescindere dall’origine etnica o
dalla lingua, possano accedere alla gioia esistenziale. D’altronde non possiamo
negare che fino ad oggi, a parte qualche rara eccezione, l’essere umano non ha
conosciuto realmente questo stato idilliaco di felicità. L’uomo felice è
indubbiamente l’uomo libero. Ma cosa vuol dire libertà? A questa cruciale
domanda ogni scuola di pensiero e ogni ideologia tenta di dare una risposta
appropriata. Secondo il pensiero liberale, quello imperante nel mondo occidentale,
la libertà è sentita principalmente come individualismo, per cui l’uomo è
libero quando può fare ciò che vuole, nel limite di ciò che è consentito da una
norma giuridica emanata dal potere legislativo e quindi da un parlamento
composto dai rappresentanti del popolo. A sua volta nelle loro votazioni e
nelle loro delibere, i rappresentanti della nazione devono stare nei limiti di
una norma sovra-ordinata gerarchicamente, che normalmente definiamo
costituzione. Ma anche questa è figlia della volontà di alcuni rappresentanti
del popolo, ovvero di una assemblea costituente. Questo è il modus operandi
delle normali democrazie occidentali, anche se in ogni Paese vi sono delle
sfumature diverse. Ma la domanda alla quale bisognerebbe rispondere è questa:
tale sistema ci ha condotto alla felicità? La risposta la sappiamo tutti. La
profonda crisi, non solo economica, ma prima di tutto morale ed etica in cui
versa l’Occidente è dinnanzi agli occhi di tutti. Volendo fare uno studio
comparato tra diverse scuole di pensiero, oltre al liberalismo possiamo citare
la visione islamica del concetto di libertà. Il grande sapiente, intellettuale,
giurista e scrittore iraniano l’Ayatollah Mohammad Mesbah Yazdi, prova a dare
una risposta a tali quesiti e fare uno studio comparato del concetto di libertà
in seno alla dottrina islamica e alla cultura occidentale, delineando due
approcci antitetici. Nel libro “L’Islam e la libertà. Verità nascoste e
precisazioni necessarie”, pubblicato in Italia dalla casa editrice “Irfan
Edizioni” nel 2008, questo grande intellettuale del mondo islamico esprime il
seguente concetto:
“il liberalismo consiste nella
supremazia della libertà, nell’assenza di restrizioni, e nell’essere libero di
assecondare le proprie passioni. Nel liberalismo vige di fatto la preminenza
della concupiscenza.”
Egli in un altro punto del libro,
per fare un confronto tra Islam e liberalismo dice:
“Così il liberalismo sostiene il
primato della concupiscenza, e al suo contrario si trova la religione che
richiama alla preminenza dello “haqq” e della giustizia. In altri termini, la
visione religiosa ritiene che esistano oggettivamente la verità e l’errore, e
non dobbiamo dare credito semplicemente a ciò che ci piace.”
Interessante notare inoltre che
la parola “haqq”, derivante dall’arabo, vuole dire letteralmente “verità”, ed è
la parola che al plurale diventa “huquq”, le verità. D’altronde questa parola, “huquq”
appunto, è il termine col quale nei Paesi islamici e nelle varie lingue dei
musulmani (arabo, persiano ecc.) si intende il diritto. Ad esempio in persiano
diritto civile, diritto costituzionale o diritto penale si dice “huquq-e madani”,
“huquq-e asasi” e “huquq-e jaza”. Quindi nel pensiero islamico il concetto di
verità è associato, anche linguisticamente, al concetto di diritto, giustizia.
In ambito giurisdizionale infatti, per dire che ad esempio Tizo ha ragione e
Caio ha torto si dice, sempre in persiano, Tizio “haq darad”, oppure, Caio “haq
na-darad”. Letteralmente Tizo ha la verità, Caio non ha la verità. Ma “huquq”
vuol dire anche diritti; ad esempio in persiano per dire diritti umano si usa
il seguente concetto: “huquq-e bashar”. Nell’ottica islamica l’unica libertà
che conduce alla felicità è quella legata alla giustizia e alla verità. Se
l’uomo moderno, dopo secoli di battaglie, non è riuscito a conquistare la tanto
amata felicità, conseguenza della libertà, è perché la libertà che si ha non è
accompagnata da giustizia e verità; il mondo in cui viviamo è forse giusto? I
popoli hanno forse ognuno ciò che gli spetta? Chi è l’amministratore delle
dinamiche globali? Sono quegli stessi Paesi che si richiamano al pensiero
liberale. La libertà senza giustizia e senza verità porta al colonialismo e
allo sfruttamento delle nazioni più deboli dal punto di vista tecnologico. Ecco
perché i sopracitati fattori (felicità, giustizia, libertà, verità) devono
essere considerati nel loro complesso. Quando la libertà prevarica la
giustizia, è normale che l’uomo non può raggiungere la felicità. Tutto ciò lo
diciamo per introdurre il ricercatore della Verità assoluta, alla lettura di
questo interessante libro, frutto dell’impegno dell’Ayatollah Mesbah Yazdi e
delle persone che lo hanno pubblicato e tradotto. Noi sappiamo bene come il
tema della libertà è uno dei più controversi e dibattuti temi negli ultimi
tempi e ha assunto un ruolo chiave nel confronto intellettuale e pratico tra il
pensiero occidentale e quello islamico. Mentre nella cultura occidentale
imperante la libertà è concepita in termini negativi, una libertà da qualcosa, nell’Islam
vi è una libertà per qualcosa, in senso positivo. Questa è la libertà di chi
tende verso l’Infinito, verso l’Assoluto, verso la Verità.
Commenti
Posta un commento