Il business del fiore del male


Il business del fiore del male



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Negli ultimi anni la produzione di oppio grezzo proveniente dal Sud Est asiatico ha nuovamente registrato netta crescita. In Myanmar la coltivazione illegale di oppio è aumentata del 17% solo in quest’ultimo anno, passando dai 40.000 ettari del 2011 ai 51.000 del 2012. Questi i dati estratti da una relazione divulgata dalle Nazioni Unite riguardante il commercio mondiale di droga.
La notizia dell'aumento di produttività dell'oppio in questa zona giunge abbastanza inaspettata, visti i rigidi controlli e gli sforzi dei governi locali ed occidentali volti a stroncare l'export di eroina nel mondo. Secondo la relazione però, le cause sarebbero soprattutto da ricercare nell'aumento delladomanda locale di stupefacenti, specialmente nella vicina Cina. Il dipartimento anti-droga dell'ONU ha stimato un incremento del 20% di introiti nel mercato cinese dell'eroina negli ultimi 10 anni.
Il Myanmar risulta attualmente il secondo maggior produttore mondiale di droga dopo l’Afghanistan: la gran parte della produzione si trova prevalentemente nelle regioni del Kachin e dello Shan. Tali crocevia fanno parte di un’area geografica montuosa di circa 400.000 Kmq che si trova cavallo di tre stati, Myanmar, Laos e Thailandia, famosa con il nome di ‘Triangolo d’Oro’ proprio a causa degli ingenti guadagni storicamente ricavati dalla coltivazione dell’oppio.
Il ‘Triangolo d’Oro’ acquistò importanza e attenzione internazionale a partire dagli anni ‘50, quando i comunisti salirono al potere in Cina e distrussero l’imponente produzione locale di oppio, costringendo i produttori a spostarsi verso i confini birmani, laotiani e thailandesi. La produzione di papaver somniferum – questo il nome dato dai biologi alla pianta da cui si ricava l'oppio – divenne quindi un ‘cash crop’ ideale in questi territori, a causa della loro instabilità politica e della loro inaccessibilità, data dall’intreccio di giungle e montagne. Da allora, molte famiglie contadine di quelle zone fanno di questa coltivazione illegale la loro fonte di sostentamento, protetti da vari ‘signori della droga’ che si sono succeduti nel tempo e che offrono loro protezione e sicurezza in cambio di tributi. Esattamente come un piccolo Stato non riconosciuto, che però offre ai contadini molto di più di quello che la loro patria può garantire.
oppio2La Thailandia, all’interno dei propri confini, è la nazione che si è più adoperata di più per debellare il narcotraffico nel Triangolo d’Oro. Anzitutto fu la prima a dichiarare illegale la produzione dello yeng. Dopo aver tentato azioni repressive che sortirono pochi risultati, i generali ed i funzionari di governo capirono che la soluzione stava nell’offrire ai contadini delle forme di coltivazioni alternative al papavero da oppio. Infatti, private della possibilità di coltivare prodotti altrettanto redditizi, queste popolazioni montane si sarebbero progressivamente ridotte in miseria ed avrebbero cercato con ogni mezzo di ripristinare le loro piantagioni di oppio. Questa strategia ha avuto successo a metà: se da una parte il governo thailandese è riuscito a migliorare le condizioni di vita delle comunità montane di confine con la costruzione di acquedotti, strade ed ospedali, dall’altra non è pensabile che il prezzo del caffè o dei pomodori possa mai competere con i guadagni garantiti dalla droga. Inoltre, per garantire un reddito modesto alla propria famiglia producendo prodotti agricoli legali, un contadino ha bisogno almeno di uno o due ettari di terreno. Coltivando papavero da oppio, invece, per avere lo stesso ricavo basta un terzo di ettaro di terreno. Risulta quindi ovvio capire come il problema sia più di natura politica, sociale ed economica che di ordine pubblico, e di conseguenza non risolvibile solamente con metodi repressivi.
Non appare invece altrettanto ovvio capire chi tragga i maggiori benefici da questa situazione. Considerando le cifre da capogiro che circolano nel commercio di droga proveniente dal Sud Est Asiatico, se i contadini-produttori ricavano appena i soldi per il sostentamento della propria famiglia, chi si prende il grosso dei guadagni? La colpa è sempre ricaduta sui cosiddetti ‘Signori della Droga’, i protettori locali dei contadini che organizzano la raccolta dell'oppio grezzo, iniziando così la catena che porta l'oro bianco sulle strade di tutto il mondo. Il più noto tra questi, salito alla ribalta per alcune storiche interviste rilasciate a giornalisti occidentali, era Khun Sa. Birmano di nascita, si è battuto per l'indipendenza della sua gente – le popolazioni montane dello Shan – difendendole dagli attacchi militari voluti dal governo. Sosteneva di supportare la produzione di oppio e di ricevere percentuali dalla vendita di esso al solo scopo di finanziare la sua causa, ovvero permettere al popolo Shan di continuare a lottare per l'indipendenza contro il governo di Rangoon. ‘Una partita di eroina che noi vendiamo per un milione di dollari, vale cento milioni quando raggiunge i vostri paesi occidentali. Allora chi fa i grossi guadagni? Non certo Khun Sa! Non certo gli Shan!’, annotava in una celebre intervista al Corriere della Sera.
oppio3Negli anni ‘90 ha destato molto scalpore l'offerta provocatoria che Khun Sa ha fatto al governo statunitense: aiuti economici destinati al popolo Shan pari ad un decimo dei dollari che gli Stati Uniti spendevano per la guerra alla droga nel Triangolo d'Oro, in cambio della soppressione dell’intera produzione di oppio e della promessa di convertirne tutti i campi a coltivazioni alternative. Offerta rispedita al mittente dal governo di Washington, che scatenò numerose polemiche e tesi controverse sull’effettiva volontà degli Usa di contrastare la produzione di oppio nel mondo.
Khun Sa non corrispondeva certo all'immagine di salvatore del proprio popolo che si era creato, ma non era nemmeno il re del male che i paesi occidentali volevano far credere. ‘Se l'arresto o la morte di Khun Sa risolvesse il problema della droga, allora Khun Sa meriterebbe di morire’, dichiarava ancora pochi anni addietro. Risulta difficile sostenere il contrario, soprattutto alla luce del fatto che il cosiddetto eroe degli Shan è morto dal 2007 e il ‘Triangolo d'Oro’ è ancora uno dei maggiori centri nevralgici del narcotraffico internazionale.

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