Il poeta Ferdowsi

Nel corso dei suoi millenni di vita, il popolo iraniano ha dato i natali a tantissimi grandi che con le loro opere e le loro gesta, si sono resi per sempre motivo di gloria per il loro popolo.

Tra questi personaggi eterni uno dei più grandi è senza dubbio Ferdowsi, un poeta e un uomo che non ha eguali nella letturatura persiana. A tra poco con la prima puntata del nuovo programma dedicato a questo poeta.
Sono trascorsi ormai mille anni da quando Ferdowsi concluse i trenta anni di lavoro che lo portarono a realizzare lo Shahname, un poema epico, mitologico e storico che non ha eguali nella letteratura persiana. Persino nella letteratura mondiale sono poche le opere che possono essere considerate allo stesso livello dello Shahname e tra queste possiamo nominare l’Iliade e l’Odissea.
Il 2010 è stato proclamato dalle Nazioni Unite come anno di Ferdowsi, proprio perchè come abbiamo detto poco fà, il 2010 corrisponde al millesimo anniversario della stesura dello Shahname; quest’anno, l’Iran, ha promosso diverse iniziative per la presentazione di questo poeta a livello nazionale e mondiale e si spera che pure il lavoro presente possa essere un contributo in questo senso.
In realtà Ferdowsi e la sua opera non hanno tanto bisogno di essere presentate all’interno dell’Iran. Ancora oggi le vicende emozionanti dello Shahname appassionano grandi e piccini nel nostro paese. Basta sedere in una casa del te persiana per vedere disegnate sui muri le scene delle battaglie degli eroi del poema di Ferdowsi; basta raggiungere un pò l’entroterra dell’Iran per imbattersi nei recitatori ambulanti che da secoli raccontano alla gente le gesta di Rostam.
Sì proprio Rostam, il più grande eroe dello Shahname; un’uomo fortissimo, dal cuore d’oro e molto saggio, in qualche modo il simbolo dell’uomo modello nel pensiero iranico.
Ancora oggi, le grandi tragedie di Siavash, Esfandiar e Sohrab, gli eroi che ebbero un brutto destino nello Shahname, commuovono coloro che conoscono la lingua Farsi.
Ma oltre ad essere da millenni una passione per il popolo, lo Shahname è l’enciclopedia della razza iranica; una enciclopedia che narra la storia di vita dei popoli iranici dalla notte dei tempi e da ancor prima della scoperta del fuoco per poi arrivare fino al settimo secolo dopo cristo. Un miscuglio di storia e mitologia, un qualcosa che i persiani considerano la loro storia, la loro origine, il loro patrimonio culturale e intellettuale.
Lo Shahname è stato tradotto in diverse lingue europee,ad esempio la prima traduzione italiana è stata fatta da Italo Pizzi nel 1886. Certo la traduzione dell’opera non può contenere tutte le sue particolarità e non può trasmettere al lettore europeo il linguaggio speciale dello Shahname in maniera completa ma non per questo non ha affascinato storici e letterati.
Jan Rypka, autore di “History of Iranian Literature”, riguardo allo Shahname scrive:
“È una verità che in tutto il mondo, è difficile trovare un’altro popolo con una simile epopea imponente che comprenda la storia, le tradizioni e la mitologia di un così vasto spazio di tempo”.
L’enciclopedia britannica approposito dello Shahname di Ferdowsi scrive:
“I persiani ritengono Ferdowsi come il più sommo tra i loro poeti. Per circa un migliaio di anni essi hanno continuato a leggere ed a tramandarsi oralmente la sua opera principale, lo Shahnameh, nella quale l'epica nazionale persiana trovò la sua forma finale e maggiormente duratura. Sebbene scrittocirca mille anni fa, tale lavoro è comprensibile alla media dei moderni iraniani, come la versione della Bibbia di Re Giacomo lo è per gli anglofoni contemporanei. La lingua, basata come lo è il poema su un Pahlavi originale, è puro persiano con solamente alcune minime contaminazioni di arabo".
Hakīm Abol-Ghāsem Ferdowsī Tūsī più comunemente traslitterato come Ferdowsi o Firdowsi, è forse il più venerato poeta persiano, autore dello Shahnameh, l'epopea nazionale dei re di Persia (Iran).
Ferdowsi, che si colloca agli inizi della letteratura persiana di epoca islamica, nacque nella regione iraniana del Khorasan Razavi, in un villaggio presso Tus, nel 935d.C. Suo padre fu un ricco proprietario terriero. La sua grandiosa opera epico-letteraria chiamata Shāhnāmeh ("Libro dei Re"), alla quale dedicò 35 anni circa della propria vita, fu in origine composta per essere presentata ai sovrani samanidi del Khorasan, che erano i capofila del movimento di rinascita culturale iranica dopo la conquista del paese da parte degli Arabi nel corso del VII secolo.
Quando compì 23 anni, scoprì uno “Shāhnāmeh” scritto da Abu Mansur al-Mo'ammari, che tuttavia non era in forma poetica. Era una vecchia versione commissionata da Abu Mansur ibn Abdol-Razzaq. La scoperta avvenne in un momento particolare della vita del poeta. Ferdowsi avviò la composizione del suo “Shāhnāmeh” nel 977. Nel corso della vita di Ferdowsi, la dinastia samanide fu abbattuta dall'Impero ghaznavide.
Dopo trent'anni di duro lavoro, Ferdowsi completò la scrittura del poema e, due o tre anni dopo, egli si recò a Ghazni, capitale ghaznavide, per presentarlo al Sultano. Nei testi medioevali si cita in numerosi documenti lo scarso interesse mostrato dal nuovo sovrano, il Sultano Mahmud di Ghazni, nei confronti di Ferdowsi e del suo lavoro. Secondo gli storici Mahmud aveva promesso a Ferdowsi un dīnār per ogni distico scritto nello Shahnameh (per un totale di 60.000 dīnār), ma in seguito ritrattò, e gli donò appena 20.000 dirham, che avevano un valore decisamente inferiore rispetto al dīnār (ci volevano 100 dirham per fare un dīnār). Alcuni pensano che questo tradimento fosse causato dalla gelosia e dalle invidie degli altri poeti che lavoravano alla corte reale; l'incidente così dette forza ai nemici di Ferdowsi presenti all'interno della corte stessa. Ferdowsi rifiutò il denaro e, secondo alcune fonti, lo donò ad un uomo povero che vendeva vino. Dopo aver peregrinato per un periodo nel Sistan e nel Mazandaran, egli ritornò infine a Tus, affranto ed adirato.
Lasciò un poema dedicato al sovrano, all'interno di un muro della stanza in cui aveva lavorato in tutti quegli anni. Era un lungo e rancoroso poema, più simile a un'invettiva, e finiva con le parole:
"La vendetta del Cielo non dimenticherà. Il tiranno arretrerà per le mie parole di fuoco, e tremerà per l'ira di un poeta".
Si ritiene che Ferdowsi sia morto attorno al 1020, in estrema povertà, all'età di 90 anni, amareggiato per la trascuratezza ghaznavide, eppure pienamente fiducioso del successo finale della sua opera e della fama che gliene sarebbe venuta (chiaramente avvertibile, in special modo negli ultimi versi del suo libro). Una tradizione sostiene che Mahmud inviò il denaro promesso al villaggio di Ferdowsi, ma quando i messi raggiunsero la sua casa, egli era morto da appena poche ore. Il dono fu quindi consegnato a sua figlia, poiché il suo figlio maschio era morto prima del padre, all'età di 37 anni. Tuttavia la figlia si rifiutò di accettare la somma, rendendo perciò ancor più ammirevole tutto il contorno della storia dello Shahnameh del padre.
Più tardi il re ordinò che questo denaro fosse usato per riparare un ribāt sulla strada che congiungeva Merv a Tus, chiamata “Robat Chaheh” in modo che ciò rimanesse a memoria del poeta. Questa locanda oggi sta cadendo in rovina, ma esiste ancora.
Alcuni sostengono che la figlia di Ferdowsi ereditò il denaro faticosamente guadagnato dal padre, e con esso costruì un nuovo e robusto ponte con annesso un bel caravanserraglio in pietra, affinché i viandanti potessero commerciare, trovarvi ristoro, e un posto dove raccontare storie.
Ferdowsi fu seppellito nel cortile della sua abitazione, dove oggi si trova il suo mausoleo.

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