La Rivoluzione Iraniana


Questo articolo non rappresenta necessariamente la linea editoriale di questo blog ma è solo uno spunto per la riflessione


عکس
پوستر کارت پستال مخصوص دهه فجر

La Rivoluzione Iraniana

Popoli oppressi del mondo!
Insorgete uniti ed espellete tutti gli oppressori dalla scena mondiale,
perché la terra appartiene a Dio e gli oppressi ne sono gli eredi.

Ayatollah Ruhollah Al-Musawi Khomeini


La forza di una rivoluzione si vede quando questa non esaurisce il suo slancio e sa proporre nuove ondate, proprio nei momenti più difficili. La rivoluzione islamica del 1978-79 in Iran, guidata dal grande Ayatollah Imam Khomeini appartiene alla categoria di quegli eventi che hanno saputo rinnovarsi e trovare nuova linfa proprio nei momenti più duri.
La rivoluzione islamica iraniana è stata una vera rivoluzione di Popolo e allo stesso tempo una rivoluzione anti-moderna e anti-demagogica. Milioni di Iraniani scesero in piazza, sfidarono il potere tirannico dello scià Pahlevi, non in nome del progresso tecnologico e sociale, non in nome di false promesse di benessere, ma in nome dell’Onnipotente Allah, in nome della sua Parola, il sacro Corano e in nome di chi, in quel momento, ne rappresentava l’espressione più alta, le gerarchie sciite guidate dall’Ayatollah Khomeini. Milioni di Iraniani non lottarono per false libertà, per i cosiddetti Diritti Civili, ma solo per ritornare alla Tradizione sciita dell’Iran, distrutta e umiliata dalla tirannia di Pahlevi. Ritorno alla Tradizione in nome della religione, della dignità nazionale e dell’indipendenza economica. Da abbattere c’era lo scià, il cane da guardia della Potenza statunitense e capitalista nel medio Oriente. L’Imam Khomeini non poteva sopportare l’idea che il Grande Satana materialista e anti-spirituale governasse la sua terra, la sua gente.
Dall’esilio di Najaf, in Iraq, (prima) e di Parigi (poi) l’Imam Khomeini era la Guida, il leder della resistenza al regime. Lanciava fatwe e invettive contro il corrotto governo di Pahlevi. In Patria i suoi fedeli ayatollah trasmettevano queste parole al popolo e invocavano scioperi, rivolte, manifestazioni di piazza (nelle quali si udiva il motto: “Allah Akbar- Viva Khomeini- A morte lo Scià” e si invocava il welayat-e faqih, il governo degli esperti di legge divina, la repubblica islamica). Furono migliaia i morti fra i manifestanti, martiri della rivoluzioni schiacciati dalla forza brutale della terribile SAVAK, la polizia segreta iraniana, e dell’esercito imperiale. Ma dopo ogni martirio, dopo ogni scontro le forze degli insorti aumentavano.
Nel frattempo in Francia Khomeini lanciava strali contro l’oppressore statunitense, invocava la Jihad, la Guerra Santa, contro il tiranno, e auspicava un fronte ampio dei popoli oppressi contro l’imperialismo. Le forze anti-governative si stringevano a lui: oltre alle gerarchie ecclesiastiche sciiti, si unirono all’Imam, le forze più eterogenee, dal partito comunista Tudeh, al Fronte Nazionale, che fu di Mossadeq (spazzato via da un golpe inglese mentre stava nazionalizzando le industrie petrolifere), dai Mujhaideen del popolo (marxisti) ai fedayin (social-sciiti); forze laiche e religiose, unite in un unico fascio del quale l’Imam rappresentava la sintesi, il punto di forza, il vertice, un collegamento trascendente fra Tradizione e attualità, fra ciò che è a-temporale, mitico, metastorico e la lotta politica nel mondo moderno (anzi, contro il Mondo Moderno).
La forza dei gruppi anti-governativi raggiunse il suo apice nel gennaio del 1979 e costrinsero lo scià all’esilio, dopo l’ennesimo tentativo di riportare la normalità con la forza.
Il primo giorno di febbraio del 1979 l’Imam Khomeini ritorna a Tehran. Ad accoglierlo quasi dieci milioni di iraniani che al grido di “Allah Akbar”, chiedono la repubblica islamica.
La rivoluzione ha trionfato. La rivoluzione riacquista il suo significato vero etimologico: Revolve, ritorna all’Eterno, alla Tradizione, al Divino.
La forza della rivoluzione iraniana, come detto sopra, è data dal fatto che non si è adagiata: non ha creato una nuova tirannia, non mira statica conservazione del potere. E’ in continuo progresso in continuo divenire.
La rivoluzione ha avuto il grande merito di essere diventata forza di Popolo, di aver galvanizzato le genti dell’Iran, di aver reso gli “oppressi” uomini liberi, di aver creato una vasta milizia popolare disposta a tutto, fino al martirio, per la difesa del simbolo Sacro rappresentato dalla Repubblica islamica.
«L'Islam è stato morto o moribondo per quasiquattordici secoli: noi lo abbiamo resuscitato con il sangue dellanostra gioventù» disse Khomeini.
«Quella del regime islamico è una Rivoluzione Totale[…]perché ha rovesciato non solo un regime politico e un (dis)ordine sociale ed economico, ma una concezione stessa della vita, del mondo, della storia»(Carlo Terraciano). La rivoluzione è stata la più importante e imponente reazione al Mondo Moderno borghese e capitalistico. Ha impostato un sistema sociale e politico basato sul Sacro Corano, su leggi che sempre hanno avuto e sempre avranno valore: Giustizia, Indipendenza, Valore, Milizia.
Nell’immediato periodo post-rivoluzionario registriamo due eventi che hanno rafforzato il regime: il referendum e l’assalto all’ambasciata Americana.
Il 30 e il 31 marzo il popolo iraniano si proclama favorevole alla Repubblica islamica con il 98% dei voti favorevoli.
Il 4 novembre un gruppo di studenti assaltano l’ambasciata americana, dimostrando al mondo intero che la rivoluzione non è un fantoccio. Prendono in ostaggio 52 cittadini americani li rilasciano dopo 444 giorni, illesi. E’ la prova di forza della neonata Repubblica.
Le seconda ondata rivoluzionaria è in realtà la reazione dell’Occidente contro l’Iran. Il 22 settembre 1979 l’Iraq di Saddam Husseyn, finanziato ed armato dagli americani, scatena una guerra contro il regime islamico, che in quel periodo stava viveva un periodo di crisi interna, dovuta al radicale cambiamento di paradigma politico ed economico. Nonostante la crisi l’Imam Khomeini riuscì a farsi tutt’uno con l’anima più pura del Paese. Le masse popolari, gli studenti accorsero a migliaia all’appello dell’Imam e si arruolarono nelle milizie dei Guardiani della Rivoluzione, i Pasdaran (tra di loro anche un giovane studente di ingegneria civile che nel 2005 diventerà il risanatore della Rivoluzione, Mahmud Ahmadi-Nejad), e della mobilitazione rivoluzionaria, i Basiji. «Nel 1985, dopo cinque anni di battaglie che erano costate a entrambe le parti, complessivamente, mezzo milione i morti, l’esercito iraniano, fatto di straccioni, di ragazzini, e di basiji, contrapposti al ben più moderno e tecnologico esercito iracheno, aveva fatto, a spese del proprio sangue e di quello altrui, il miracolo: era alle porte di Bassora e stava per prenderla, mettendo così fine alla guerra e spazzando via il regime iracheno. Ma gli americani […] cominciarono a rimpinzare di armi Saddam…» (Massimo Fini, Il vizio oscuro dell’Occidente). Fu una vera e propria “Guerra di Popolo”, fu una guerra santa, una jihad, combattuta con motivazioni esistenziali e spiritualipiù che con tecnologie e potere economico. La guerra finirà nel 1988.
Durante la guerra un altro fatto sconvolge ulteriormente e rafforza il regime. Khomeini decide di destituire il presidente Bani-Sadr, un laico nazionalista, e di mettere fuori legge il movimento dei Mujahedeen-e Khalq, formazione terrorista marxista. Bani-Sadr e i Mujahedeen furono tra i protagonisti della lotta contro lo scià e della rivoluzione. La loro destituzione fu il sintomo della radicalizzazione del regime. I Mujahedeen si ritirarono in Iraq da dove,a arruolati nel regime di Saddam combatterono contro l’esercito iraniano, e dove ancora oggi rappresentano la forza contro-rivoluzionaria con cui le amministrazioni americane sono in contatto.
Dopo anni di relativa tranquillità, nel 1989, l’Imam Khomeini, lancia la famosa fatwa, contro lo scrittore Salaman Rushdie, colpevole di aver descritto in maniera blasfema il Profeta Muhamad. Le piazze di Tehran ricominciano a riempirsi. La folla scende in piazza e chiede la tesa dello scrittore. La forza della rivoluzione travalica i confini dell’Iran e le manifestazioni contro Rushdie si registrano in tutto il mondo. Già da tempo lo spirito dell’Imam Khomeini, dell’Ayatollah fattosi capo politico, si espande in tutto i popoli musulmani oppressi. Riferimenti all’Imam si scorgono nella Palestina schiacciata dalla prepotenza sionista e nella resistenza dei Mujhaedeen afgani contro l’invasione sovietica e nel Libano occupato dalle esercito di Sharon (Durante la guerra civile libanese l’Iran invierà al fronte i suoi Pasdaran, che creeranno la milizia Hezb’Allah, che tutt’oggi rappresenta, come ha appena dimostrato, una forza militare e spirituale di primo livello).
Il 3 giugno 1989, a causa di un attacco cardiaco, finisce la sua vita terrena l’Ayatollah Khomeini. Nonostante la lunga malattia l’Imam ha sempre mantenuto il controllo del paese, esempio di una forza spirituale è trascendente più che politica e sociale. Il successore designato dall’Imam, l’Ayatollah Montazeri, era stato allontanato già da tempo a causa del dissenso manifestato vero il regime. La morte di Khomeni lascia il paese senza la Guida. Nonostante ciò non si registrano tentativi di rovesciamento del potere, segno che l’opera del regime è apprezzata dalla vasta maggioranza del Paese.
Al funerale dell’Imam un’imponente folla di fedeli si riversa nelle strade di Tehran. Le manifestazioni per ricordare l’Imam sfociano nell’isteria del Popolo che non vuole perdere l’Uomo che li ha resi liberi. La folla tenta di impossessarsi della salma e solo l’intervento dell’esercito evita spiacevoli inconvenienti.
La successione di Khomeini spetta all’Ayatolla Ali Khamene’i, il Wali faqhi, la Guida, secondo l’Imam Khomeini. Rasfajani ricorda: «Durante i nostri incontri in presenza del Primo Ministro, Seyyed Ahmad Khomeini e dei comandanti delle tre forze armate abbiamo discusso tale particolare questione. Abbiamo parlato dell'eventuale scomparsa della Guida (Imam Khomeyni), che avrebbe provocato un problema costituzionale, perché non avrebbe dovuto crearsi nessun vuoto nella guida della Umma Islamica. L'Imam rispose: "Non ci sarà alcun vuoto. La Guida è fra voi". "Chi è?" chiese qualcuno. Alla presenza di Seyyed Khamenei, l’Imam disse: "E' Seyyed Ali Khamenei»
Nonostante la continuità khomeinista di Khamene’i il paese sembra avviarsi verso un periodo di “normalizzazione” (naturalmente tra virgolette, in quanto normalizzazione secondo i media occidentali è il sinonimo di “occidentalizzazione”). Alla guida del paese si susseguono leader moderati: Rasfajani, Khatami, benvoluto dall’enstablishment culturale e dai “circoli bene” europei ed occidentali. La rivoluzione sembra aver finito la sua spinta propulsiva. L’Iran rimane nel libro nero degli Stati Uniti (i cosiddetti Stati Canaglia), ma non fa più così tanta paura, soprattutto con Khatami inizia un periodo di distensione dei rapporti con gli americani. Certo, l’Iran finanzia e sostiene l’Intifada palestinese e gli Hezb’Allah libanesi, stringe accordi con Russia, Venezuela e manifesta a favore di Cuba, ma gli USA sono convinti che la rivoluzione si possa abbattere al momento opportuno scatenando le rivolte telecomandate di piazza (come successo in Serbia, Ucraina e Georgia). Gli USA creano e finanziano gruppi di agitatori all’interno delle università. L’ayatollah ha subito stroncato questi movimenti definendoli “servi degli americani”. Nonostante lo sforzo di Khamene’i la rivoluzione sembrava in dirittura d’arrivo. Khatami girava l’Europa per accreditare la figura di un Iran democratico ed occidentale. La popolazione sembrava ormai disaffezionata. Si era certi che la Guida aveva perso tutta la sua forza di mobilitazione delle masse popolari e degli istinti più profondi del popolo iraniano. Il riformismo democratico stava trionfando. «Il nemico più pericolo dell’Iran è l’Iran stesso: una Rivoluzione Islamica che ha perso ogni slancio ed attrattiva, una corrente di riformismo inerte al Governo da sette anni, una società civile sempre più slegata dalla politica, una politica paralizzata dallo scontro di fazioni» così descriveva l’Iran Marco Ranuzzi de’Rampazzi sulla rivista Eurasia del gennaio 2005, soltanto sei mesi prima dell’ennesima e inaspettata ondata rivoluzionaria.
Alle elezioni del giugno 2005 il candidato dei “fondamentalisti” (osulgaraian) Mahmud Ahmadi-Nejad giunge al ballottaggio contro il navigato riformista Rasfajani, esponente sostenuto da tecnocrati e industriali. E la rivoluzione riscopre la sua anima di popolo. Ahmadi-Nejad, con un programma infarcito da temi khomenisti (anti-imperialismo, giustizia sociale, lotta all’oppressione e alla corruzione, strali contro l’occidente e il Grande Satana americano-sionista), conquista la vittoria con oltre il 67% dei voti. L’apporto decisivo al candidato fondamentalista viene proprio dal popolo delle campagne e dei piccoli centri. Il suo obiettivo e far rifiorire l’Iran «potente, esemplare, islamico, avanguardista e rivoluzionario».
«Le autorità del paese degli ultimi 16 anni [ovvero quelle del governo Rafsanjani e Khatami] non pensavano alla realizzazione delle leggi e della causa dell'Islam (...) disgraziatamente queste autorità, o pensavano a se stessi o avevano tratto i loro programmi da un'altra parte, e di conseguenza si sono allontanati dal sentiero della giustizia».
Ahmadi-Nejad ha rinvigorito lo spirito rivoluzionario: giovane, spartano, radicale, formatosi nei Pasdaran, è lo spirito nuovo della rivoluzione, e la scelta degli ayatollah più radicali per il rilancio del khomeinismo.
Nato a Aradan nella città di Garmasar, a cento chilometri dalla capitale, il 28 ottobre 1956, figlio di un fabbro, è professore di Ingegneria civile e membro della comissione scientifica dell’università della Scienza e della Tecnologia, ex sindaco di Tehran (tra il 2003 e il 2005), già volontario nella guerra Iran-Iraq (responsabile del Dipartimento sulla Tattica dei Combattimento nella sesta Divisione speciale, prese parte ad un’importante missione segreta fuori dal territorio iraniano, attaccando la città irachena di Kirkuk), era studente quando la rivoluzione vinse sullo scià. Khomeinista di ferro nella forma e nella sostanza. Dei suoi temi rivoluzionari si è già detto. Dell’Imam, però, Ahmadi-Nejad riprende anche lo stile di vita: come Khomeini non amava il culto della sua immagine così Ahmadi-Nejad richiede che negli uffici statali non venga apposta la sua immagine, preferendo vengano appese quelle delle due Guide Supreme, Khomeini e Khamene’i; come Khomeini la vita di Ahmadi-Nejad è una vita senza lussi, una vita frugale, spartana. Basta ricordare che da sindaco di Terhan, Ahmadi-Nejad rifiutò le dimore ufficiali per ritornare ogni giorno dall’anziana mamma a pranzo e cena. «Sono orgoglioso d'essere il piccolo servo della Nazione iraniana, e ilbeniamino della strada».«Le mie sole ricchezze sono gli ordinamenti costituzionali. Vivo conlo stipendio d'insegnante, e grazie a Dio ne sono soddisfatto». Figli di un altro mondo…
Il giorno del suo insediamento va a rendere omaggio al leder scomparso e bacia la mano al leader attuale. E’il segno della continuità tra le due Guide Assolute. E’ il segno che la Rivoluzione continua.
Un messaggio anche ai martiri, che nella Tradizione sciita rivestono un ruolo di primo piano:«Oggi, grazie al sangue dei martiri, la Rivoluzione Islamica è ringiovanita ed ha intrapreso una nuova strada per servire il popolo » ha detto davanti ai famigliari di più di 70 martiri delle azioni terroristiche dei Munafikin (gli ipocriti), così vengono chiamati i Mujahedeen-e Khalq, i traditori della rivoluzione.
Khamene’i dichiara che l’elezione di Ahmadi-Nejad è un «umiliazione agli USA nella loro essenza più profonda», la Democrazia. L’alto numero dei votanti, la vittoria schiacciante, il consenso soprattutto popolare, anche questo è stata la vittoria di Ahmadi-Nejad.
E sul quotidiano della capitale Keyan:«al mondo che ci tiene sotto osservazione minuto per minuto dobbiamo far vedere che ci sono altri modelli oltre la democrazia pluralista-liberale incompatibile con la mentalità iraniana. Quella è una democrazia apparente alla quale dobbiamo contrapporre la democrazia islamica»
Ahmadi-Nejad tira diritto sul programma per l’energia nucleare, «risultato degli sforzi dei nostri giovani scienziati», torna a spaventare gli Stati Uniti, «non abbiamo la necessità di relazioni con gli USA», lancia invettive contro lo stato di Israele, « Il regime che sta occupando Gerusalemme deve essere cancellato dalle pagine della storia» offre solidarietà a tutti i popoli oppressi del mondo, stringe alleanze e accordi con gli Stati anti-imperialisti (Russia, Cina, India, Venezuela, Cuba,…) «La resistenza dei governi e dei popoli indipendenti ed il reciproco sostegno fra essi allarga e rafforza il fronte della lotta contro gli imperialisti. Per tanto, combattere contro il sistema egemonico e' una missione comune di tutti i popoli e governi indipendenti, in particolare di Iran e Venezuela». E’ spudorato, non ha paura, Ahmadi-Nejad: ha scritto una lettera e ha sfidato ad un duello tv il presidente americano Bush, e non ha naturalmente ottenuto risposta; ha scritto una lettere al cancelliere tedesco Merkel invitando i tedeschi a rialzarsi e a non restare vittime della Seconda Guerra Mondiale.
Il 15 settembre Armadi-Nejad è all’ONU a New York. Il suo discorso, immediatamente dopo a quello del presidente Bush, è un duro attacco all’occidente, agli USA e a Israele: «La ricchezza e il potere non devono garantire maggiori diritti a nessuno». Gli USA sono accusati di essere fomentatori di guerre e terrorismo.
Un anno dopo (il 20 settembre 2006) ancora all’Onu, Ahmadi-Nejad attacca gli StatiUniti, l’uso della forza e l’occupazione dell’Iraq. Denuncia l’uso strumentale dei diritti umani, della democrazia e del consiglio di sicurezza.«Invece di appoggiarsi alle armi micidiali ed alle bombe, non si potrebbe contare sulla giustizia, l'etica e la ragione?». «La difesa dei diritti umani e della democrazia da parte delle potenze avviene solo quando questa difesa può essere strumentalizzata per fare pressioni sugli altri popoli ed umiliarli».
Prima del discorso all’Onu Ahmadi-Neajad ha partecipato ai lavori del rinato movimento dei paesi non allineati, dove assieme al rapporto determinante del presidente venezuelano Chavez ha stretto una serie di importanti accordi economici e politici, in funzione anti-americana.
Ahmadi-Nejad lavora per il fronte anti-mondialista senza preclusioni: tra i suoi alleati c’è l’ortodossa Russia di Putin, il laico baath’ siriano di Assad, la Cina post-comunista, il cattolico Venezuela di Chavez (uno dei primi a congratularsi con il neo-eletto presidente), la socialista Cuba e, soprattutto, il nemico storico, l’Iraq del post-Saddam.
E lo spirito che ha accompagnato la vittoria di Ahmadi-Nejad si vede nella Palestina di Hamas e nella lotta degli Hezb’Allah libanesi contro l’invasore israeliano.
Sembra di rivedere l’Imam Khomeini quando in due storiche lettere chiedeva al Santo Padre Giovanni Paolo II e al presidente sovietico Mihail Gorbaciov di seguirlo nella sua lotta contro l’Imperialismo americano.
La rivoluzione ha cosi nuova linfa. E pronta alle sfide del presente, senza cadere nel modernismo e nella democrazia.
Una rivoluzione, oggi, deve essere proprio questo: l’adattamento dello spirito tradizionale alle necessità del mondo attuale, un popolo che si stringe e si fa tutt’uno con i suoi capi, un etica guerriera e trascendente anche nel quotidiano.
Questa moderna Repubblica di Platone in versione Musulmana ha superato crisi interne ed esterne, guerre ed embarghi. Ma la sua forza la ritrova sempre: la sua forza è il Suo Grande Popolo e i Suoi Grandi Capi. Un Popolo fatto di Uomini non di individui borghesi, dei Capi che sono Uomini non politicanti corrotti. L’Imam Khomeini diceva «Per combattere l’imperialismo bisogna farsi Uomini; Uomini totali, uomini cioè, che pur agendo in questo mondo, ne sono già oltre per desiderio e volontà». Questi Uomini la rivoluzione islamica li ha creati.
E ancora "La nostra nazione e patria deve essere ricostruita e la ricostruzione spirituale".


http://www.generazioneeuropa.it/ahmad.htm

Commenti