Russia e Iran, nuovi signori dell’energia mondiale


(Questo articolo non è necessariamente in linea con la politica editoriale di "iran mondo", ma è solo uno spunto per la riflessione) 


Russia, Iran e Venezuela oggi possiedono le chiavi energetiche del mondo. Quanto basta per spingere le grandi potenze emergenti, Cina e India, sempre più lontano dall’orbita Usa. Così si spiegano le grandi manovre in corso sullo scacchiere internazionale, il “grande gioco” più che mai in corso, dal Mar Nero al Mar Caspio, fino all’Afghanistan. Questa l’analisi di Pepe Escobar, pubblicata su “Asia Times”. «Un Iran nucleare – spiega – metterebbe inevitabilmente il turbo al nuovo emergente mondo multipolare. L’Iran e la Russia stanno di fatto mostrando alla Cina e all’India che non è saggio fare affidamento sulla potenza degli Stati Uniti per controllare il petrolio del Medio Oriente arabo».
L’Iran è il numero due al mondo in termini di riserve dimostrate di petrolio (11,2%) e di gas (15,7%), secondo la Rassegna statistica dell’energia mondiale putin-1per il 2008 stilata dalla BP. «Se l’Iran optasse per rapporti più distesi con Washington, il Big Oil statunitense si godrebbe la ricchezza energetica del Caspio iraniano», afferma Escobar. Questo significa che, a prescindere dai toni retorici, il regime di Teheran resta un ostacolo invalicabile, cui si aggiungono il nuovo protagonismo muscolare di Mosca e la radicalità del regime di Hugo Chavez.
«Quello che spaventa concretamente Washington – da George W. Bush a Obama – è la prospettiva di un asse Russia-Iran-Venezuela», spiega Pepe Escobar. «Insieme, l’Iran e la Russia possiedono il 17,6% delle riserve petrolifere mondiali dimostrate. Le petro-monarchie del Golfo Persico – controllate de facto da Washington – ne possiedono il 45%. L’asse Mosca-Teheran-Caracas ne controlla il 25%. Se aggiungiamo il 3% del Kazakistan e il 9,5%, dell’Africa, questo nuovo asse è in grado di contrastare più che efficacemente l’egemonia americana nel Medio Oriente arabo. Lo stesso vale per il gas. Aggiungendo l’“asse” agli “stan” dell’Asia Centrale raggiungiamo il 30% della produzionecaspio-petrolio-1mondiale di gas. Tanto per fare un confronto, l’intero Medio Oriente – Iran compreso – attualmente soddisfa solo il 12,1% della domanda mondiale di gas».
Russia, Iran e Venezuela sono ben consapevoli del fatto che l’Iraq è ancora occupato, e che l’ossessione di Washington è ancora quella di privatizzare le enormi riserve petrolifere dell’Iraq. «Come amano sottolineare gli analisti cinesi, quattro potenze emergenti o rinascenti – la Russia, la Cina, l’Iran e l’India – costituiscono dei poli in termini strategici e di civiltà. E tre di esse sono potenze nucleari», precisa Escobar. «Un Iran più sicuro di sé e più assertivo – in grado di gestire l’intero ciclo della tecnologia nucleare – potrebbe tradursi in una maggiore influenza di Iran e Russia in Europa e Asia a scapito di Washington, non solo nella sfera energetica ma anche in quanto promotori di un sistema monetario multipolare».
L’intesa è già in corso. Dal 2008, prosegue l’analisi di “Asia Times”, le autorità iraniane sottolineano che prima o poi l’Iran e la Russia avvieranno gli scambi commerciali in rubli. Gazprom è disposta a farsi pagare il petrolio e il gas in rubli anziché in dollari. E il segretariato dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio ha già capito come andranno le cose, ammettendo ormai che entro il 2020 l’Opec adotterà l’euro.
L’addio al petrodollaro è annunciato anche da parte di Qatar, Norvegia ed Emirati Arabi: in prospettiva, sarebbe l’addio al dollaro come valuta di riserva mondiale. Quello che si prospetta è un cambio di epoca, avvere Escobar: sarebbe anche la fine di una situazione «in cui il mondo paga per gli enormiahmadinejad-5deficit di bilancio dell’America» e la fine della morsa finanziaria anglo-americana «che stringe il mondo dalla seconda metà del XIX secolo».
I rapporti energetici tra l’Iran e la Russia sono invece più complessi: i due Paesi sono «come due scorpioni in una bottiglia», scrive Escobar. E spiega: Teheran, isolata dall’Occidente, manca degli investimenti stranieri che servono ad ammodernare le sue strutture energetiche risalenti agli anni ‘70. «Ecco perché l’Iran non può trarre pienamente vantaggio dallo sfruttamento delle sue ricchezze energetiche del Caspio». Ed ecco allora dispiegarsi il “Pipelineistan” in tutto il suo splendore: gli Usa, già negli anni ‘90, hanno deciso di buttarsi sul Caspio con tutte le loro forze promuovendo l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc) e il gasdotto Baku-Tblisi-Supsa (Bts).
«Per Gazprom, l’Iran è letteralmente una miniera d’oro», spiega “Asia Times”. «Nel settembre del 2008 il colosso energetico russo ha annunciato che avrebbe esplorato l’enorme giacimento petrolifero di Azadegan-Nord e altri tre giacimenti». La russa Lukoil ha aumentato le prospezioni e Tatneft ha annunciato la propria partecipazione nel Nord. L’amministrazione Bushafghanistan-usa-1«pensava di indebolire la Russia e di isolare l’Iran in Asia Centrale. Sbagliato: non ha fatto che accelerare la loro cooperazione strategica nel settore energetico».
Così meglio si spiega la lunga prova di forza esibita da Putin per reagire all’assedio. Nel febbraio del 1995, Mosca si impegnò a terminare la costruzione di un reattore nucleare a Bushehr. Si trattava di un progetto avviato dallo scià iraniano, che si era proclamato “gendarme del Golfo” per conto degli Usa. Lo scià nel 1974 aveva incaricato la tedesca Kwu, ma il progetto era stato bloccato dalla rivoluzione islamica del 1979 e poi colpito gravemente dalle bombe di Saddam Hussein tra il 1984 e il 1988. Così erano entrati in gioco i russi, offrendosi di portare a termine il progetto per 800 milioni di dollari. Nel dicembre del 2001 Mosca cominciò anche a vendere missili a Teheran: un sistema tranquillo per fare un po’ di soldi extra, offrendo protezione per installazioni strategiche come Bushehr.
Putin ha usato il reattore iraniano come cruciale pedina diplomatica nella sua doppia partita a scacchi, con l’Occidente e con Teheran. Fu lui a proporre di arricchire in Russia l’uranio per conto dell’Iran; di fronte al rifiuto di Teheran temporeggiò, e così nel 2006 ottenne un accordo per la costruzione e la supervisione di due nuovi impianti nucleari in Iran. «Tutto questo – spiega Escobar – significa che la questione nucleare iraniana non può essere risolta senza la Russia». E se ora Medvedev sa che un attacco israeliano contro il nucleare iraniano metterebbe ko la strategia russa, ecco che il Cremlino insiste nella sua doppia strategia: «Ripetere ad americani ed europei che la Russia non vuole la proliferazione nucleare in Medio Oriente e ricordare a Teheran che ha più bisogno che mai della Russia».
Un’altra caratteristica della strategia scacchistica russa – mai esposta pubblicamente – è mantenere la cooperazione con Teheran per impedire alla Cina di assumere il comando del progetto, senza però far infuriare gli americani. georgia-russi-1«Finché il programma nucleare iraniano resterà incompiuto – osserva “Asia Times” – la Russia potrà sempre svolgere il saggio ruolo di moderatore tra l’Iran e l’Occidente».
Le ragioni dell’asse Mosca-Teheran sono fortissime. Entrambi i Paesi sono militarmente accerchiati dagli Usa. L’Iran ha attorno a sé Turchia, Iraq, Arabia Saudita, Bahrein, Pakistan e Afghanistan, senza contare la potenza navale statunitense nel Golfo Persico e nell’Oceano Indiano. La Russia ha visto la Nato fagocitare i paesi baltici e minacciare di “annettersi” Georgia e Ucraina; la Nato è impegnata in Afghanistan e gli Usa sono ancora ben presenti nell’Asia Centrale. Per questo, Iran e Russia «hanno la stessa strategia nel Mar Caspio» e di fatto si oppongono ai nuovi stati della regione: Kazakistan, Turkmenistan e Azerbaigian.
Inoltre, sia Teheran che Mosca devono fronteggiare la minaccia dell’Islam fondamentalista sunnita. «Qui hanno un tacito accordo: per esempio, Teheran non ha mai fatto nulla per aiutare i ceceni». E poi c’è la questione armena. «Un asse de facto Mosca-Teheran-Erevan irrita profondamente gli americani». Negli ultimi vent’anni, infine, l’Iran è diventato il terzo maggiore importatore di armamenti russi dopo la Cina e l’India. Armamenti che comprendono il sistema anti-missile Tor M-1, che difende le installazioni nucleari iraniane.
«Grazie a Putin, dunque, l’alleanza Iran-Russia si spiega su tre fronti: nucleareenergia e armamenti», rileva Pepe Escobar. Ci sono delle crepe, in tutto questo? Certo. La prima è che Mosca non vuole che il nucleareiraniano sia militare: destabilizzerebbe una regione su cui la Russia intende mantenere il proprio monopolio strategico. Per contro, l’Iran ha bisogno dei russi per una soluzione giudirica definitiva sul Caspio: mare o lago? Come ripartirlo tra ciascun paese confinante? Inoltre, l’Iran non tollererebbe l’ostilità della Russia all’Onu: la rottura delle relazioni potrebbe spingere Teheran verso l’Islam radicale, dal Caucaso all’Asia Centrale.
Nella complessità di queste circostanze, Escobar ipotizza «una sorta di educata Guerra Fredda tra Teheran e Mosca», posto che per i russi «è ancora una questione di “asse”». L’alleanza tra Russia, Iran, Armenia e India contrasterebbe quello spalleggiato dagli Usa, che comprende Turchia, Georgia, Israele e Azerbajgian. Il punto cruciale dell’asse Mosca-Teheran è l’opportunismo, annota Escobar, sottolineando «la necessità di contrastare i piani egemonici degli Stati Uniti». Con la sua politica del “pugno dischiuso”, Obama sarà «abbastanza scaltro da cercare di ribaltare la situazione» oppure «sarà costretto dalla lobby israeliana e dal complesso industriale-militare a colpire infine un regime ora universalmente disprezzato in tutto l’Occidente?».
Russia e Iran vogliono assolutamente un mondo multipolare. Teheran sa di non potersi permettere l’isolamento, e il cammino verso la ribalta potrebbe dover passare per Mosca. «Questo spiega perché l’Iran sta compiendo tanti sforzi diplomatici per entrare nella Sco», la Shangai Cooperation Organization. «Per quanto a Occidente i progressisti possano appoggiare i conservatori pragmatici iraniani, ben lungi dall’essere riformisti – conclude Escobar – la questione cruciale è sempre che l’Iran è una pedina cruciale per la Russia nella gestione delle sue relazioni con gli Stati Uniti e l’Europa. Indipendentemente dalla sgradevolezza dei toni, tutto indica una tendenza alla “stabilità” in questa arteria vitale nel cuore del Nuovo Grande Gioco». 

http://www.libreidee.org/2009/08/russia-e-iran-nuovi-signori-dellenergia-mondiale/

Commenti