SIRIA TRA VOGLIA DI PACE E VOGLIA DI GUERRA


SIRIA TRA VOGLIA DI PACE E VOGLIA DI GUERRA: LA PROPOSTA  DELLA LOBBY SIONISTA STATUNITENSE E QUELLA DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN PER UNA SOLUZIONE DELLA CRISI
Federico Dal Cortivo
Dopo la Libia è ora il turno della Siria a finire nel mirino anglosassone, sionista e delle monarchie del Golfo.
Lo scopo è quello di rovesciare il legittimo governo del presidente Assad e destabilizzare così l’intera Regione del Vicino Oriente e porre  le basi per un possibile attacco all’Iran.
Dietro al fantomatico “Esercito Libero Siriano” si muovono in realtà gli apparati degli Stati Uniti e dei loro Alleati più stretti, che hanno dato inizio alle operazioni sul suolo siriano nel 2012 con azioni di terrorismo seguendo un escalation programmata, mietendo fino ad oggi migliaia di vittime tra la popolazione civile e le forze di difesa governative. Una campagna premedita che usa falsamente il tema dei diritti umani per scardinare una nazione sovrana, il solito gioco di sempre, fatto di provocazioni e demonizzazione dell’avversario, tipico delle democrazie plutocratiche dell’Occidente che ci riportano alla mente la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la guerra del Vietnam, la Somalia, l’Iraq, la Serbia e l’Afghanistan, per finire con l’assassinio di Gheddafi e la scomparsa della nazione sovrana Libica.
Tutto questo si trova pubblicato in rete senza dover scomodare spie e servizi segreti, solo che i media embedded dell’Occidente cosiddetto libero fingono di non vedere e di conseguenza non pubblicano, guidati da una sapiente regia che incanala e veicola le informazioni a senso unico. Basta dare un’occhiata al mattino alle principali rassegne stampa dei quotidiani a larga diffusione per osservare l’assoluta somiglianza delle notizie, un copia incolla in grande stile dalla agenzie di stampa, che beneficiano  inoltre dell’ignoranza di tanti lettori sprovveduti lobotomizzati da anni di “informazione politicamente corretta”.
Basta ad esempio andare sul sito della Brookings Institution, noto “think tank” fondato nel 1916 con sede a Washington, collegato al Saban Center for Middle East Policy che cura per la Brooking il coinvolgimento degli Stati Uniti nel Vicino Oriente.
La Brookings è considerata uno dei massimi gruppi che influenzano la politica Usa assieme al Council on Foreign Relation e la Carnegie Endowment for International Peace. Ha una sede anche nel Qatar, la Brookings Doha Center che si occupa dei Paesi musulmani.
Il Saban Center, fondato nel 2002, prende il nome dal produttore israelo-americano Haim Saban.
Alle spalle di questi gruppi di pensiero, si muove dunque la potente lobby ebraica degli Stati Uniti, quella che, di fatto, condiziona il Congresso e la Casa Bianca nelle scelte politiche più importanti che riguardano il Vicino Oriente.
In un articolo apparso nel marzo del 2012, Daniel L. Byman e altri collaboratori (Byman si occupa di sicurezza e lotta al terrorismo, insegna alla Georgetown University, è stato membro della commissione 9/11 e ha avuto incarichi per il governo degli Stati Uniti) per conto del Saba Center for Middle East Policy ci deliziano con un articolo dal titolo “Saving Syria: Assessing Options for Regime Change” (Siria: valutazioni per un cambiamento di regime), nel quale si dipinge il governo legittimo del presidente Assad come una tirannia che schiaccia l’opposizione, la cui alternativa è solo una sanguinosa guerra civile sul modello già visto in Bosnia, Libano, Congo e Iraq, con ampie ripercussioni sugli interessi statunitensi della Regione.
Secondo gli analisti, la Siria è il principale alleato dell’Iran, mentre è ben nota l’ostilità di Damasco contro Israele. Siria che aiuta nello stesso tempo i gruppi “terroristici” come Hezbollah e Hamas fino ad arrivare alla solita e sempre presente al–Qaeda (nessuno ci dice che quest’ultima è stretta collaboratrice dei servizi angloamericani). L’analisi termina con la domanda se per gli Stati Uniti sia meglio convivere con un Assad brutale, ma indebolito, oppure sbarazzarsi di lui definitivamente. La risposta viene data suggerendo sei opzioni: 1) Rimozione del regime attraverso la diplomazia. 2) Costringere il regime a cedere con l’isolamento e le sanzioni diplomatiche. 3)Appoggio all’opposizione siriana per rovesciare il regime. 4) Impegnarsi in una campagna aerea tipo Libia per aiutare i rivoltosi. 5) Invadere la Siria. 6) Attacco della Nato per cacciare Assad e ricostruire una nuova Siria.
Ben sappiamo come potrebbe essere una nuova Siria viste le esperienze passate dove è arrivato il “rullo normalizzatore dei diritti dell’uomo” sbandierati ipocritamente e fatti prevalere a suon di bombardamenti a tappeto.
Il Brookings non è un gruppo di pensatori qualunque: è la politica estera degli Stati Uniti, e quindi quello che scrive e dice è il pensiero di Washington. Ha pubblicato con il Saban Center un saggio molto significativo nel 2009 e giunto in Italia nel 2010 dal titolo “Labirinto Iran” (Kenneth M. Pollack-Daniel L.Byman-Martin Indyk-Suzanne Maloney-Michael E. O’Hanlon-Bruce Riedel), dove sono illustrate tutte le possibili opzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran.
Ben diverso invece è stato l’approccio al problema siriano da parte della  Russia e della Cina; queste due nazioni sono ben consapevoli di chi tesse le fila della sedicente “resistenza siriana” e hanno ben presente che la caduta di Assad metterebbe fuori gioco anche i loro interessi geopolitici nell’area del Vicino Oriente, bloccando in sede Onu ogni tentativo degli Stati Uniti teso ad avallare un’azione di forza e chiedendo che la soluzione sia diplomatica.
Ma chi ha da sempre mostrato solida amicizia per il popolo siriano è stato l’Iran. Proprio in questi giorni  durante la visita a Teheran del Primo Ministro siriano Wael al-Halaqi, il Presidente Ahmadinejad ha ribadito che “la cooperazione tra i due Paesi è nell’interesse dei due popoli e della Regione e senza dubbio il popolo siriano saprà superare con successo le difficili condizioni di oggi”. Un messaggio forte e chiaro per chi vuole capire. Teheran rilancia e propone sei punti su cui basarsi per riportare la normalità in Siria:
“La Repubblica islamica dell’Iran nella ferma convinzione della necessità di pervenire a una soluzione pacifica delle situazioni di crisi e con l’obiettivo di costruire una strada adeguata per superare la crisi attuale in Siria, ha presentato alle parti coinvolte una proposta basata sulle realtà siriane e principalmente nel quadro di altri progetti proposti in passato da alcuni paesi e da organizzazioni regionali e internazionali.”
La proposta iraniana, che può essere descritta attraverso i seguenti sei punti fondamentali, insiste in particolare sulla necessità di rispettare il diritto esclusivo del popolo siriano di determinare le sorti e il futuro politico del proprio paese attraverso un processo democratico:
  1. Arresto immediato di tutte le azioni violente e armate sotto la supervisione dell’ONU. In questa fase il governo e tutti i gruppi armati di opposizione  dovrebbero immediatamente porre fine alle loro azioni militari specie nelle zone abitate e collaborare con il rappresentante dell’ONU e del Comitato da lui diretto per stabilizzare la situazione e far cessare le ostilità.
  2. Dopo la cessazione degli scontri, dovrebbe immediatamente e senza discriminazione alcuna, iniziare la distribuzione degli aiuti umanitari al popolo siriano in tutte le zone colpite; a garanzia di ciò sarebbe necessario sospendere le sanzioni economiche imposte alla Siria e creare i presupposti per il ritorno di tutti gli sfollati nei rispettivi luoghi di provenienza.
  3. Contemporaneamente agli sforzi verso la stabilizzazione, deve partire un dialogo nazionale avente l’obiettivo di formare un comitato di riconciliazione nazionale  con la partecipazione dei rappresentanti dei diversi gruppi di varia estrazione  sociale e politica e del governo siriano. Questo dialogo a sua volta dovrebbe poter creare il clima adatto alla formazione di un governo di transizione  riconosciuto  da tutti, i cui compiti principali saranno indire libere elezioni per la scelta del nuovo Parlamento, per la costituzione di un’Assemblea Costituente e per la redazione della Carta costituzionale, nonchè per lo svolgimento nella data stabilita di elezioni presidenziali.
  4. Le persone arrestate solo per le loro pacifiche attività politiche, di qualsiasi provenienza politica o sociale, dovrebbero essere rilasciate al più presto sia dal governo sia dai gruppi combattenti. Saranno invece i Tribunali preposti e competenti in materia a  sottoporre a un giudizio equo e giusto quanti sono accusati di azioni criminose.
  5. Le campagna d’informazione scorretta e fuorviante dei media embedded sugli accadimenti siriani dovrebbe cessare al più presto. Tutti i media dovrebbero  avere la stessa possibilità di lavorare in Siria in sicurezza al fine di essere in grado di informare correttamente l’opinione pubblica mondiale prendendo in considerazione in modo imparziale e completo la pluralità delle voci e posizioni esistenti nel Paese.
  6. Dovrebbe essere istituito un comitato per la valutazione dei danni e dei costi della Ricostruzione; obiettivi prioritari del comitato dovrebbero essere  innanzitutto la definizione delle modalità più corrette per attirare finanziamenti stranieri per progetti di ricostruzione, in un secondo momento determinare le priorità del processo di ricostruzione nel paese e infine stabilire modalità e caratteristiche della partecipazione di organizzazioni e paesi amici nel suddetto processo.
Infine, si ribadisce che l’obiettivo fondamentale è il ritorno alla stabilità e a un clima di pace che pongano fine alle sofferenze del popolo siriano. Ovviamente  questo progetto, come qualsiasi altro volto al beneficio della collettività, potrà realizzarsi solo quando esisterà una convergenza di fondo e una costruttiva interazione tra i gruppi politici siriani e le parti regionali e internazionali coinvolte in grado di esercitare efficacemente una positiva influenza”. 
Oggi non ci resta che sperare che la via tracciata dalla Repubblica Islamica dell’Iran possa essere d’ispirazione per un reale progetto di pace: la Siria è il nostro baluardo di libertà in questo momento, una battaglia di civiltà contro i predoni di sempre.

http://europeanphoenix.it/component/content/article/8-internazionale-/504-siria-tra-voglia-di-pace-e-voglia-di-guerra-la-proposta-della-lobby-sionista-statunitense-e-quella-della-repubblica-islamica-delliran-per-una-soluzione-della-crisi

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