Alcune considerazioni sull'imam Khomeini e la gnosi


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Si narra che ogni qual volta impartiva una lezione di etica a Qum, nel 1930, l’Imam Khomeyni (ra)[1]terminasse sempre con la seguente frase estratta dal Munajat Sha’ban, una supplica unica che veniva recitata dai dodici Imam (as):


“Oh Allah! Concedimi totale distacco da tutto quello che non sei Tu e avvicinami a Te; illumina la visione dei nostri cuori con la luce che sorge nel guardarTi, affinché possiamo attraversare i veli di luce e raggiungere la Fonte della Magnificenza, e i nostri spiriti siano elevati con lo splendore della Tua Santità.”

L’Imam Khomeyni (ra) diede sempre grande importanza allo studio e alla recitazione delle suppliche degli Imam dell’Ahl ul-Bayt(as), come mezzo per raggiungere l’intuizione spirituale così come la comprensione nella preghiera al Creatore ma quest’invocazione tratta dal “Munajat Sha’ban” sembra esser stata particolarmente vicina al suo cuore. [2]


Essa, infatti, appare nei testi e nei discorsi che fanno parte delle differenti fasi della sua vita: nel commento ad un hadīthdell’Imam Ja°far as-Sadiq (as) riguardo a “l’incontro con Allah" (liqa’ul-Lah), contenuto in Sharh-e Chehel Hadīth” (La spiegazione dei quaranta Ahādīth), un’opera terminata nel 1939; in una delle sue opere concernenti le dimensioni intime della preghiera, “Miraj as-Salikin”, completata nello stesso anno; nel “Jihadul Akbar ya Mubareze be Nafs”, un discorso sulla purificazione etica tenuto a Najaf nel 1972; nel discorso sull’esegesi della “Surat’ul-Fatihah”che fu teletrasmesso nel Dicembre del 1979 e nel Gennaio del 1980; ed in “Rahe ‘Eshq”, una lettera scritta dall’Imam a sua nuora, Fatima Tabataba’i, nel 1983.[4][3]


L’aspirazione di “attraversare i veli di luce e raggiungere la Fonte della Magnificenza” può, pertanto, esser considerata come un elemento costante nella devota vita dell’Imam, e soltanto tenendola costantemente in considerazione, possono esser compresi correttamente la totalità dei suoi sforzi e successi, incluso quello politico.


Fu con uno sguardo fisso sulla “Fonte della Magnificenza”, un tipo di visione completamente differente da quello di un comune leader politico, che l’Imam portò un vasto movimento rivoluzionario al successo.


L’integrità e profondità della personalità dell’Imam Khomeyni (ra) e la sua visione dell’Islam erano tali che le distinzioni analitiche tra le varie dimensioni in qualche modo sono artificiali, riflettendo soltanto uno sforzo per comprendere l’Imam, piuttosto che la sua realtà.
E’ indubbiamente legittimo – o almeno inevitabile – parlare dell’aspetto gnostico (°Irfānì) e di quello politico della sua vita e delle sue attività, e accordare una certa preminenza al primo aspetto, non soltanto in termini cronologici ma anche di significato.


L’Imam è generalmente considerato, tanto dagli Occidentali quanto dai Musulmani, soltanto un leader rivoluzionario poco comune, mentre tutti quelli che lo conoscevano intimamente, così come chi ebbe modo di intervistarlo per un breve istante, possono testimoniare che possedeva una visione che trascendeva la politica, ed allo stesso tempo la dominava e l’abbracciava. E’ probabilmente questa fusione del politico nello gnostico l’aspetto più distintivo del carattere dell’Imam.


Quanto alla preminenza cronologica della Gnosi (°Irfan) nella vita dell’Imam, questa è ampiamente dimostrata dalla storia dei suoi primi anni a Qum. Il suo obiettivo immediato nel recarvisi nel 1920 era senza dubbio quello di studiare con Shaykh °Abdulkarim Ha’iri, una delle principali autorità in giurisprudenza dell’epoca, ed egli si distinse in quest’area essenziale dell’apprendimento islamico molto prima di emergere come Marja° at-Taqlid, agli inizi degli anni ‘60. [5]


A Qum sviluppò rapidamente un interesse nell’°Irfāne nelle discipline affini, fatto che lo mise in disparte da molti dei suoi contemporanei, ed era, di fatto, generalmente visto con sospetto e perfino ostilità; molti anni dopo ebbe occasione di rimarcare: “E’ spiacevole che alcuni degli °Ulama’ debbano nutrire tali sospetti e privarsi dei benefici che si ottengono dallo studio dell’°Irfān”.


La sua prima guida nella ricerca dell’°Irfānfu Mirza °Ali Akbar Yazdi, un discepolo di Husayn Sabzavari, che a sua volta aveva studiato da Mullah Hadi Sabzavari (scomparso nel 1872), l’autore di “Shahr Mandzumah”, uno dei testi fondamentali dell’°Irfān; in questa maniera l’Imam divenne affiliato ad una delle linee principali dell’insegnamento e della trasmissione della Gnosi Shi°ita. 


Un’altra sua guida dei suoi inizi fu Mirza Aga Jawad Maliki Tabrizi (scomparso nel 1924), che aveva insegnato a Qum dal 1911. Teneva due lezioni con lui, Filosofia ed Etica, una pubblica nella scuola Faizeh e una privata nella propria casa, alla quale assisteva un numero di buoni e dotati studenti, incluso l’Imam. Imam Khomeyni (ra) studiò inoltre con Sayyid Abu al-Hasan Rafi’i Qazvini (scomparso nel 1975), del quale, fra i pochi libri pubblicati, figura un commento del “Du°ā’ al-Sahar”(La supplica dell’Alba), la stessa profonda invocazione alla quale l’Imam dedicò il suo primo lavoro, “Shahr Du°ā’ al-Sahar” (“Commento alla Supplica dell’Alba”); è pertanto possibile che l’attenzione dell’Imam sia stata attratta da questo testo di Qazvini.[6]


Il maestro principale dell’Imam nell’°Irfan, in ogni modo, fu Ayatullah Muhammad °Ali Shahabadi (scomparso nel 1950), a cui egli, nei propri scritti gnostici, si riferiva rispettosamente come al “nostro maestro in teosofia” (in persiano: ustaze ilahi-e ma).


L’Imam conobbe Shahabadi immediatamente dopo l’arrivo di quest’ultimo a Qum (probabilmente nel 1920), e la risposta che ricevette ad una domanda sull’°Irfān lo convinse di trovarsi alla presenza di un vero maestro. 


Dopo aver rifiutato inizialmente la richiesta dell’Imam di studiare con lui, Shahabadi accettò di insegnargli filosofia, ma era l’°Irfanche l’Imam desiderava apprendere, e persistette finché Shahabadi fu d’accordo nell’istruirlo in questa disciplina. Tutti i giovedì e venerdì, così come tutti i giorni festivi, generalmente da solo, alcune volte in compagnia di uno o due suoi studenti, l’Imam ascoltava il discorso di Shahabadi riguardo il commento di Dawud Qaisari (scomparso nel 1350) al “Fusus al-Hikam” di Ibn °Arabi, il “Miftah el-Ghaib” di Sadr al-Din Qunavi (scomparso nel 1274) e il “Manazil as-Sa’irin” di Khwaja °Abdullah Ansari (scomparso nel 1089). L’interesse dell’Imam verso questi testi, l’ultimo in particolare, si manifestò durante l’intero corso della sua vita.[7]


La fusione tra l’interesse gnostico e quello politico dell’Imam poteva essere ricercata in altro ambito oltre  all’illuminazione ed immersione nel Sacro Corano e negli insegnamenti dei “Ma’sumin” (as), e questo è un altro aspetto che può essere attribuito all’influenza che Shahabadi esercitò su di lui.

Shahabadi, infatti, fu uno dei relativamente pochi °Ulama’, nell’epoca di Reza Shah, ad alzare la propria voce contro i misfatti della dinastia Pahlavi. Egli predicava regolarmente contro il primo Pahlavi durante la commemorazione di °Ashura, e in un’occasione manifestò il proprio estremo malcontento entrando in un ritiro di undici mesi nel Santuario di Shah °Abdul Azim.


Un impegno simile con la sfera politica si manifestava in uno dei suoi libri, “Shadharat al-Ma’arif”, una breve opera che è stata ben descritta come “tanto sociale quanto gnostica nel suo contenuto”. In esso, Shahabadi analizza le cause della decadenza e dello scontento nella società Musulmana, proponendo la diffusione dell’autentica conoscenza Islamica come mezzo per rimediare alla situazione e creare unità, concludendo che sebbene la fondazione del governo Islamico perfetto sia un compito riservato al Sahib az-Zaman (aj), la dimensione politica dell’Islam, implicita in tutti i suoi ordinamenti giuridici, non poteva esser rifiutata in nessuna maniera, perché “l’Islam è in realtà una religione politica”.[9][8]


L’Imam iniziò la propria carriera di insegnante all’età di 27 anni, impartendo lezioni di hikmat, una disciplina particolarmente affine all’°Irfān, e poco tempo dopo organizzò sessioni private sullo stesso tema. Fu in queste sessioni che l’Imam guidò e ispirò alcuni dei suoi più vicini collaboratori, incluso al di sopra di tutti l’Ayatullah Murtadha Mutahhari, che l’Imam descrisse dopo il suo martirio, nel Maggio del 1979, come “la quintessenza del mio essere”. I testi insegnati a questa élite erano la sezione sull’anima (Nafs) nel “Asfar al-Arba°ah” (I Quattro Viaggi Spirituali) di Mullah Sadra e il “Sharh-e Mandzumah”.


I temi gnostici e spirituali costituiscono inoltre il tema di interesse dei primi scritti dell’Imam. Nel 1928 scrisse un commento dettagliato sul “Du°ā’ al-Sahar”, l’orazione recitata prima dell’alba durante il mese di Ramadan dall’Imam Muhammad al-Baqir (as). Questa opera fu seguita nel 1931 da Misbahal-Hidaiah ilal-Khilafah wa al-Wilayah(“La Lanterna della Guida verso il Califfato e la Wilayah”), una breve ma densa esposizione della realtà più recondita del Profeta (S)e degli Imam (as) che è ispirata non soltanto da una meditazione sugli  Ahādīthdei Ma’sumin(as), ma anche sul concetto akbari di Uomo Perfetto (al-Insan al-Kamil). [10]


Nel 1937, l’Imam terminò una serie di scritti sul commento di Qaisari al Fusus al-Hikame sul Misbah al-Uns, il commento di Hamzah ibn Fanarì, sul “Miftah al-Ghaib” di Qunavì. Due anni dopo, l’Imam terminò la sua prima opera in persiano, “Sharh-e Chahal Hadīth”, un commento voluminoso a quaranta Ahādīth di contenuto preminentemente etico e gnostico.


Del 1939 è datato il “Mi’raj al-Salikin wa Salat al-°Arifin” dell’Imam (conosciuto come “Sirr as-Salat”), un dettagliato trattato in persiano sul significato più profondo di ogni parte della preghiera, dall’abluzione che la precede fino al triplo takbirmeritorio che la conclude. Più accessibile di questo denso e impegnativo lavoro è l’altro libro sullo stesso tema, “Adab as-Salat”, finito nel 1942. Menzioniamo infine il “Sharh-e Hadīth-e Junud-e °Aql wa Jahl” (“Commento all’Hadīthdegli eserciti dell’intelletto e dell’ignoranza”), un’opera conclusa nel 1944, descritta come l’esposizione più completa e sistematica della visione dell’Imam sull’etica e l’°Irfan.[12][11]


In questa sede non è possibile né desiderabile fare una presentazione più completa del contributo dell’Imam alla disciplina dell’°Irfānoltre questa enumerazione; sarà sufficiente rimandare il lettore all’opera di Yahya Christian Bonaud: “L’Imam Khomeyni, un gnostique méconnu du XXesiecle” (L’Imam Khomeyni, uno Gnostico Sconosciuto del XX° Secolo” (Al Bouraq, Beirut, 1997), un’eccellente opera tanto di sintesi quanto di analisi.

Senza dubbio, in connessione con la traiettoria della vita dell’Imam – la transizione dalla sua enfasi iniziale sull’°Irfānfino al suo impegno successivo nel terreno politico - è imperativo notare che le sue opere di°Irfannon sono un compendio o un ampliamento di opinioni e formulazioni ricevute e redatte in gioventù soltanto per esser dimenticate nella maturità; sono, invece, il frutto manifesto di una visione originale, potente e duratura. Come ricalcò Sayyid Ahmad Fihri, che aveva assistito ad alcuni dei discorsi dell’Imam a Qum negli anni ‘30: “E’ evidente che l’Imam possiede una conoscenza diretta di tutto ciò che ha scritto”. Per collocarlo in una maniera differente, le opere dell’Imam sull’°Irfānaltro non furono se non l’iniziale espressione letteraria di un processo di “Suluk” (viaggio spirituale), in continuo avanzamento verso la ripetutamente invocata “Fonte di Magnificenza”.


Si può affermare che la guida, da parte dell’Imam, della Rivoluzione Islamica e la successiva instaurazione della Repubblica Islamica dell’Iran giunse a costituire, da un certo punto di vista, uno stadio successivo in questo processo di viaggio spirituale: i frutti della sua lotta interiore arrivarono alla fine a trascendere la sua persona ed a manifestarsi con profondo effetto nel terreno politico.


Questa differenziazione può esser giustificata con riferimento ai primi tre dei quattro viaggi che adornano tanto il tema quanto il titolo del “Al-Asfar al-Arba°ah” di Mulla Sadra, un’opera con la quale l’Imam aveva familiarizzato intimamente. Il primo è il viaggio dalla creazione verso la realtà divina (min al-khalq ilal-haqq), un movimento verso la conoscenza esclusiva dell’unica realtà che è contigua con l’Essenza Divina, lontano dall’immersione nella molteplicità della creazione. Il secondo viaggio è all’interno della Realtà divina per mezzo della Realtà stessa (fi al-haqq bi al-haqq); consiste nella percezione delle perfezioni divine (kamalat) e di una serie di estinzioni nei Nomi Divini, seguite dalla sussistenza attraverso di essi. Il terzo viaggio è quello che conduce di ritorno dalla Realtà Divina verso la creazione (min al-haqq ila al-khalq); in ogni caso, però esso non porta il viaggiatore spirituale al ritorno al suo punto di partenza, perché è un viaggio che si realizza per mezzo della Realtà Divina (bi al-haqq) ed il suo esito è la percezione dei misteri degli atti divini (af’al), nella misura in cui si schiudono nel mondo fenomenico.


Se mi si perdona l’impertinenza nello speculare sul percorso spirituale dell’Imam, si può suggerire che le sue prime tappe nell’enfasi sull’°Irfāned i temi ad esso collegati corrispondevano al primo e secondo viaggio descritti da Mulla Sadra, e che la loro implicazione nella sfera politica e la sua guida della Rivoluzione Islamica erano analoghi al terzo viaggio spirituale.


Ciò che è certo è che la singolare perspicacia mostrata dell’Imam nelle situazioni critiche durante la Rivoluzione e soprattutto durante i primi anni della Repubblica Islamica, non possono spiegarsi puramente in termini di astuzia politica. Egli possedeva, infatti, una chiarezza di visione nell’azione che gli permise di vedere oltre la congiuntura immediata, e forse è permissibile descrivere questa capacità come testimonianza dell’af’alnella misura in cui divennero manifesti nella sfera politica; se questa raffigurazione è giustificabile, diventa evidente che l’Imam si astenne generalmente dall’attività politica pubblica fino al 1962, non soltanto perché non era disposto a discutere l’atteggiamento passivo dei sapienti più prominenti dell’epoca, ma anche perché era in corso un processo essenziale di preparazione interiore. Fu lo stesso progresso dell’Imam verso “la Fonte della Magnificenza” a renderlo capace di guidare una Rivoluzione che era come un suluk(viaggio spirituale) collettivo del popolo iraniano.


Dopo quanto esposto, bisogna riconoscere che lo schema dei tre viaggi successivi possiede un inevitabile carattere metaforico, in cui la concretezza e accessibilità definita di una destinazione terrena mancano nell’inesplorata sfera del viaggio interiore. Inoltre, l’applicazione dello schema ad una data vita non implica una corrispondenza cronologicamente esatta con i distinti periodi.


Non vi è dubbio, per questa ragione, del fatto che le tracce della consapevolezza politica possono discernersi nella vita dell’Imam anche prima del suo emergere sulla scena politica nel 1962. Egli ebbe contatti con i sapienti che si opponevano alle varie politiche di Reza Shah, non soltanto con il suo maestro Shahabadi, ma anche con Hajj Aga Nurullah Isfahani e Mulla Husayn Fisharaki, che guidò una protesta a Isfahan contro l’obbligatorietà del servizio militare nel 1924; con Ayatullah Angari e Mirza Sadiq Aga che guidarono un movimento simile a Tabriz nel 1928; con Agazade Kafa’i che fu condotto a Tehran per esser processato dopo la rivolta di Mashad del 1935; e con Sayyid Hasan Mudarris, che successivamente l’Imam descrisse come “la guida di coloro che si sollevarono contro l’oppressione”.


L’Imam, inoltre, menzionava generalmente le questioni politiche nelle poesie che scriveva in quel periodo e che circolavano in segreto a Qum. Per esempio, quando nel 1928 Reza Shah abolì le capitolazioni che erano state concesse ai poteri stranieri, cercando per questo di presentarsi come un autentico patriota, l’Imam rispose con un poema che includeva questa frase: “E’ vero che ora egli ha abolito tutte le ‘capitolazioni’, ma solo per nasconderti l’abolizione della nazione!”.


In ogni caso, questo era il clima di quel periodo in Iran, al punto che anche un elemento essenziale della spiritualità Shi°ita come il “rouzekhoni” {la recitazione dei testi che commemorano il martirio dell’Imam Husayn - as} automaticamente assunse connotazioni politiche. In un’intervista concessa al sottoscritto {Dr. Hamid Algar, n.d.t.} nel Dicembre del 1979, l’Imam ricordava che le riunioni di “rouzekhoni” nelle quali egli partecipava a Qum durante la sua gioventù raramente si svolgevano, oltre al fatto che vi si infiltravano informatori del governo, con il risultato che coloro che vi partecipavano venivano arrestati.


Indubbiamente quello che infastidiva molto più il regime Pahlavi rispetto a queste manifestazioni tradizionali di pietà, erano i discorsi pubblici sull’etica che l’Imam tenne a Qum agli inizi degli anni ‘30, e dopo un’interruzione, dal 1941 in poi. Basandosi anche sul “Manazil al-Sa’irin” di Ansari, uno dei testi che l’Imam aveva studiato con Shahabadi, questi discorsi servirono da veicolo per un’esposizione esaustiva dell’Islam come un tutto, incluse le sue dimensioni politiche. Sayyid Ahmad Fihri ricordava: “Annovero il tempo che passai assistendo a quelle lezioni fra le ore più preziose della mia vita. Nei suoi discorsi l’Imam insegnava la vera etica Islamica, la quale non può separarsi dalla rivoluzione, in modo tale da lasciare una profonda impressione in tutti quelli che vi assistevano”. Un’altra persona che ascoltò questi discorsi, Ayatullah Murtadha Mutahhari, gli attribuì “la formazione di una buona parte della mia personalità intellettuale e spirituale”.


Non erano inoltre soltanto eruditi religiosi coloro che ascoltavano le conferenze; persone di tutti i generi giungevano da luoghi distanti come Tehran e Isfahan, sfidando il desiderio del regime Pahlavi di isolare l’istituzione religiosa di Qum dalla popolazione generale.

L’interconnessione dello gnostico e del dottrinale con il politico ed il confronto, emerse inoltre in primo piano nel “Kashf al-Asrar”, che pubblicato nel 1945, fu la prima opera pubblicata dell’Imam.

Il libro è in primo luogo una risposta schiacciante a “Asrar-e Hezar Sale”, una polemica d’ispirazione Wahabita contro di molte delle dottrine principali della Shi°a; in questo libro l’Imam utilizzò un’ampia esposizione di argomenti razionali e passi del Sacro Corano, facendo inoltre ricorso alle grandi autorità dell’hikmate dell’°Irfān, uomini come Ibn Sina, Suhrawardi e Mulla Sadra.


Inoltre, l’Imam denunciò la diffusione di opere come “Asrar-e Hezar Sale” come una conseguenza delle politiche anti-religiose del regime Pahlavi, ed è in “Kashf al-Asrar” che l’Imam espone per la prima volta la dottrina del governo del Giurisperito (Wilayat al-Faqih), che divenne il fondamento costituzionale della Repubblica Islamica.


Nel Maggio del 1944, quasi nello stesso periodo in cui indicativamente iniziò a scrivere il “Kashf al-Asrar”, l’Imam lanciò quella che pare esser stata la sua prima proclamazione politica, facendo un appello all’azione per liberare i Musulmani dell’Iran e di tutto il mondo islamico dalla tirannia delle potenze straniere e dei loro lacchè domestici; la copia autografa di questa proclamazione è capeggiata non soltanto dal Bismillahma anche dall’ingiunzione: “leggilo e mettilo in pratica”.


L’Imam inizia, molto significativamente, citando il Sacro Corano:


“Dì:«Ad una sola [cosa] vi esorto: state ritti per Allah, a coppie o singolarmente e riflettete»”. (Sura Sabā', 34: 46)


Questo è lo stesso versetto che apre il “capitolo del risveglio" (bab al-yaqza) all’inizio del “Manazil al-Sa’irin” (Le Stazioni di coloro che marciano) di Ansari, la guida del viaggiatore spirituale amata dall’Imam sin da quando studiava con Shahabadi. “Sollevarsi per Allah” è un punto essenziale di partenza per il suluk (viaggio spirituale) ed Ansari lo definisce come: “Risvegliarsi dal sonno profondo della negligenza ed emergere dalla profonda apatia”. L’Imam similmente afferma che nel versetto in questione “Allah l’Onnipotente ha esposto il progresso dell’uomo dalla sfera dell’oscurità della natura al punto massimo della vera umanità” in tal modo che l’ordine in esso contenuto è “l’unica via di riforma in questo mondo”.


Ma, immediatamente dopo aver offerto questa interpretazione etica e gnostica del versetto, l’Imam procede ad analizzare la difficile situazione del mondo Islamico, attribuendola al fatto che tutti sono impegnati nel “sollevarsi per la causa degli appetiti delle loro anime” (qiyam baraye nafs);è solo per mezzo del “Sollevarsi per Allah” che le questioni possono esser rettificate. In questo modo, l’atto di “Sollevarsi per Allah” diventa sia un atto di redenzione personale sia un impegno per cambiare e riformare la società Islamica, un’insurrezione contro la lassitudine spirituale e la negligenza in se stessi quanto contro la corruzione, l’irreligiosità e la tirannia nel mondo.Non esiste probabilmente un’indicazione scritta più chiara dell’interconnessione dell’etico e dello gnostico con il politico nella visione del mondo dell’Imam di quest’interpretazione del significato di “Sollevarsi per Allah”.


Durante i successivi 18 anni circa, che trascorsero tra l’emissione di questa prima proclamazione e l’inizio della continua lotta pubblica contro il regime Pahlavi nell’autunno 1962; sembra che l’Imam si dedicò principalmente ad insegnare “Fiqh” e “Usul” ed a scrivere autorevoli libri riguardo a queste discipline.


E’ stato tuttavia già rilevato che, secondo l’Imam, l’°Irfānera in primo luogo una questione esistenziale, tanto che la deviazione delle sue energie letterarie e pedagogiche verso il Fiqhe l’Usulnon può esser interpretata come se l’°Irfān fosse scomparsa dagli orizzonti della sua vita interiore. E’ evidente che anche i suoi insegnamenti riguardo alle scienze essoteriche erano impregnati di interessi gnostici e questo era un fattore che attraeva un numero singolare di studenti alle sue lezioni. Per citare ancora una volta Sayyid Ahmad Fihri, l’Imam fu capace “di dimostrare la conformità della Shari°ah con la logica dell’°Irfān così come la conformità dell’°Irfān con la logica della Shari°ah”.


Inoltre, i metodi d’insegnamento della Howza(scuola teologica) hanno sempre implicato la trasmissione allo studente più che l’apprendimento formale; un ethos completo ed una visione del mondo che passa da una generazione all’altra. Che l’Imam fosse particolarmente capace di trasmettere ai suoi studenti virtù e qualità spirituali essenziali, è evidente dalla testimonianza del defunto Muhammad Jawad Bahonar, che disse: “L’Imam instillava in noi un senso di nobiltà spirituale, di responsabilità e impegno, di ricchezza spirituale ed intellettuale; le sue parole riecheggiavano nelle nostre menti per molti e molti giorni dopo che noi avevamo lasciato Qum per andare a predicare durante il mese di Ramadhan.”


L’Imam si dedicò in dettaglio a questo lavoro di formazione spirituale ed etica dei suoi studenti nelle lezioni sul “Jihadpiù grande”, la lotta contro le tendenze della propria anima, che tenne a Najaf nel 1972. E’ degno di nota rilevare che queste lezioni si tennero dopo la famosa serie sul governo del Giurisperito, e giustamente pubblicate come loro supplemento, in quanto, secondo l’Imam, la fondazione di un governo islamico dipendeva e, allo stesso tempo, mirava alla purificazione spirituale della società Islamica e di coloro che sono chiamati a guidarlo, i sapienti religiosi (°Ulama’); il successo nel “jihadminore”, la lotta contro le forze esterne ostili all’Islam, era indissolubilmente unita allo sforzo nel “jihadmaggiore”.[14][13]


Sicuramente non è accidentale che il primo hadīthselezionato per il commento fatto dall’Imam nel suo libro “Sharh-e Chahal Hadīth” (I quaranta Hadīth)fosse il hadīthda dove derivano questi due termini, jihad maggiore e jihad minore: “Quando un gruppo di combattenti che il Profeta (S) aveva inviato al fronte ritornò, egli disse: “Benvenuto sia un gruppo che ha compiuto il jihad minore; ora gli rimane da completare il jihad maggiore.” Essi chiesero: “Oh Messaggero di Dio! Quale è il jihad maggiore?”. Il Profeta rispose: “Il jihad contro sé stessi”. [15]


Nel suo commento a questo hadīth, l’Imam espone un conciso ma completo programma di combattimento interiore; il suo primo stadio è la riflessione (tafakkur) che è ordinata nel Sacro Corano, 33: 46, il versetto citato dall’Imam all’inizio della sua prima proclamazione politica.


Le numerose direttive e proclami riuniti in una collezione di 22 volumi titolati “Sahife-ye Nur” che l’Imam fece dapprima nel corso della lotta che lo portò alla fondazione della Repubblica Islamica e poi durante i primi dieci anni della sua esistenza, trattano necessariamente, primariamente e principalmente, dei problemi e delle crisi dell’epoca. Ad ogni modo, questi documenti contengono anche numerose allusioni ai temi gnostici ed etici, dimostrando una volta ancora l’inseparabilità dello spirituale e dell’etico nella visione del mondo dell’Imam; un indice tematico di “Sahife-ye Nur” enumera più di 700 passaggi di varia lunghezza che trattano temi di °Irfān.


Prenderemo in esame soltanto due esempi. Il 22 di Dicembre del 1979, quando si rivolse al popolo di Qum, l’Imam descrisse il successo della Rivoluzione come dovuto al fatto che la gente dell’Iran aveva diretto se stessa verso la presenza divina, assumendo perciò un’“esistenza divina”.In seguito,dopo l’inizio dell’aggressione irachena nel Settembre del 1980, l’Imam ripetutamente disse, rispetto ai martiri, che essi “erano andati verso la contemplazione di Allah (liqa’ullah)”.Questa contemplazione, un tema di enorme importanza nell’°Irfān, era stato oggetto di un breve trattato scritto dall’Imam durante gli anni ‘30 e pubblicato come supplemento ad un’opera più vasta del suo maestro Aqa Jawad Maliki Tabrizi sullo stesso argomento.


Egli tratta questo tema in maniera più estesa nel suo libro “Sharh-e Chahal Hadīth”, dove chiarisce che il significato di liqa’ullahnon è la vasta conoscenza razionale dell’Essenza Divina, ma “una conoscenza diretta raggiunta dalla visione interiore” (ehaté dar‘erfan-e shuhudi va qadam-e basirat). Egli inoltre lo collega alla stessa supplica con la quale abbiamo iniziato questa discussione, e pertanto si può affermare che secondo l’Imam il martire era colui che per mezzo della propria morte penetrava “i veli di luce” per raggiungere “la Fonte della Magnificenza”.


Probabilmente la dimostrazione pubblica più chiara del continuo attaccamento dell’Imam all’°Irfānsi ebbe con i discorsi televisivi sull’esegesi della Surat’ul-Fatihahnel Dicembre del 1979 e nel Gennaio del 1980. Questi discorsi furono sospesi, per varie ragioni, prima che l’Imam fosse giunto oltre i primi due versetti della Surah, ma anche nella loro forma incompleta sono un’esposizione eminente, chiara, eloquente ed accessibile di temi chiave dell’°Irfān, in particolare le modalità della manifestazione divina ed i significati dei Nomi Divini.


Degni di nota sono inoltre gli agitati avvenimenti che l’Iran stava attraversando nel periodo in cui avvenivano questi discorsi, come l’intensificarsi del confronto con gli Stati Uniti che seguì l’ingresso del deposto Shah in America e l’occupazione dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Tehran da parte degli "Studenti Seguaci della Linea dell’Imam", oppure la lotta per istituzionalizzare il nuovo ordine; e diversi complotti controrivoluzionari e l’agitazione nelle forze armate.


Era contro quest’atmosfera tumultuosa che l’Imam diede, con la perfetta tranquillità che caratterizzava il suo comportamento, le lezioni sui temi chiave dell’°Irfānalla nazione Iraniana, che avrebbe potuto ritenere irrilevanti considerando i problemi urgenti di quel periodo.


Al fine di comprendere questa decisione, sembra appropriato ricordare un episodio della vita dell’Imam °Ali (as) al quale lo stesso Imam fa riferimento nelle lezioni sulla “Surah al-Fatihah”. Una volta, quando avanzava verso una battaglia contro Mu°awiah, l’Imam °Ali (as) iniziò a fare un discorso sul significato profondo del Tawhid. Uno dei suoi compagni gli chiese se il momento fosse opportuno per questo genere di discussioni. Egli rispose: “Questa è la ragione per la quale stiamo combattendo Mu°awiah, non per qualche beneficio mondano”.


La conclusione che se ne trae è che precisamente nel mezzo della lotta per la fondazione di un ordine Islamico si possono evocare i significati più profondi del Tawhid nella maniera più appropriata; lo gnostico ed il politico, l’°Irfāned il Jihad, sono visti una volta ancora come un’unione indissolubile.


L’interesse dell’Imam affinché la Gnosi Islamica fosse conosciuta correttamente veniva espresso anche nella politica estera della Repubblica Islamica. In una lettera a Mikhail Gorbaciovil leader dell’Unione Sovietica, datata 4 Gennaio 1988, l’Imam non soltanto predisse il collasso ed il totale discredito del Comunismo, con una previsione che superò quella dei Kremlinologi convenzionali, ma avvertì anche contro il caos etico e spirituale nel quale è caduta ora la Russia post-Sovietica. [16]


Il problema essenziale che affrontava la Russia, affermò l’Imam, non era quello della proprietà, dell’amministrazione dell’economia o della libertà personale, ma l’assenza di una valida fede in Dio. Come contributo alla soluzione della situazione, l’Imam propose a Gorbaciov di inviare eruditi Sovietici a Qum per studiare, tra le altre cose, le opere di al-Farabi, Ibn Sina, Sohrawardi, Mulla Sadra e Ibn °Arabi.


Testimonianza eloquente e importante per la natura essenziale dell’Imam quale gnostico di alto rango si trova contenuta inoltre in documenti più intimi, scritti verso la fine della sua vita: i poemi nei quali anticipava l’unione con l’Amato Divino a cui costantemente si era ispirato, e le lettere a suo figlio, il defunto Hajj Sayyid Ahmad Khomeyni (ra), ed a sua nuora, Fatima Tabataba’i. [17]


Sia i poemi che le lettere erano contrassegnate da un tono fortemente emotivo che li distingue dalle opere sull’°Irfānche aveva composto durante la prima fase della sua vita a Qum.


Quanto al testamento politico, che fu reso pubblico dopo la morte dell’Imam il 3 Giugno del 1989, esso consiste principalmente in una serie di consigli rivolti ai veri ceti sociali del popolo iraniano e contiene inoltre avvertimenti riguardo ai problemi che avrebbero dovuto affrontare per preservare la Repubblica Islamica. [18]


E’ pertanto facile considerare come una semplice introduzione l’enfasi di apertura dell’Imam sul hadīthdi Thaqalain, che è il testo fondamentale di tutto il pensiero Shi°ita, e sorvolare sul fatto che l’esordio contenga un riferimento al “Nome occulto” (al-ism al-musta’zar) di Allah (SwT). [19]


Il senso di questo termine, che rimanda ad una Supplica del Profeta (S), può forse esser riassunto come il nome divino (o compendio di nomi) che è in relazione con le qualità divine che non sono e mai saranno manifeste, “mantenute in segreto” nella conoscenza occulta di Allah (SwT) concernente Egli stesso.


Come ha suggerito l'Ayatullah Muhammadi Gilani, il riferimento fatto dall’Imam al “Nome occulto” all’inizio stesso del suo testamento, indica un desiderio da parte sua di esortare alla coltivazione dell’°Irfāncome parte indispensabile della sua eredità, dopo la sua dipartita.

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