NATO hollywoodiana?


NATO hollywoodiana?

di Ali Reza Jalali
Recentemente negli Stati Uniti sono stati assegnati i famosi Oscar del cinema; il premio per il miglior film è andato ad “Argo” di Ben Affleck. Michelle Obama in diretta dalla Casa Bianca ha aperto la busta che ha visto vincitore questo film riguardante la vicenda della presa degli ostaggi all’ambasciata statunitense di Tehran, nell’autunno del 1979. “Grazie ai miei amici in Iran che vivono in condizioni non facili e a mia moglie che ha lavorato al nostro matrimonio per dieci Natali. Grazie all’Academy. Non importa quanto certe cose ti possano buttare giù. Nella vita, alla fine bisogna sempre risollevarsi”. Così si è espresso un emozionato Ben Affleck che ha ricevuto l’Oscar più importante, quello al miglior film. Tratto dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio, questa sceneggiatura ribalta la vicenda storica della crisi degli ostaggi di Tehran dopo la rivoluzione islamica del 1979. La pellicola si concentra infatti sul cosiddetto Canadian Caper, ossia l’operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada messa in piedi dallo stesso Mendez per risolvere la crisi degli ostaggi americani, conclusasi il 28 gennaio 1980.
In realtà il tentativo di liberare gli ostaggi da parte degli statunitensi fallì completamente (due elicotteri USA si scontrarono tra loro una volta giunti sul suolo iraniano. La popolarità del presidente Carter cadde ai minimi storici: uno Stato fino ad allora satellite e completamente asservito come l’Iran si era ribellato e l’operazione militare americana era stata un fallimento completo). Dopo lunghi mesi di umiliante prigionia, gli americani furono liberati solo successivamente all’elezione di Reagan e alla fine del mandato di un Carter completamente ridimensionato, per usare un eufemismo, e senza che gli USA si arrischiassero a progettare altri interventi, dopo il fallimento del primo. Evidentemente la “superpotenza” americana non poteva tollerare una tale umiliazione, e a distanza di oltre trent’anni da quegli eventi, ecco un film propagandistico teso a “riabilitare” l’immagine degli USA. Il film poi, a parte la trama molto approssimativa e vicende storiche messe in discussione addirittura da ex diplomatici occidentali, come alcuni ex ambasciatori canadesi, ha avuto delle reazioni molto negative in Iran, soprattutto per il fatto che, gli americani recentemente hanno proposto negoziati ufficiali diretti con le autorità di Tehran, ma la mossa dell’amministrazione nordamericana di far proclamare il vincitore dell’Oscar alla “first lady”, la sig. ra Obama, non sembra propriamente un gesto diplomatico.
Ma a prescindere da tutto ciò, visto che tanto siamo abituati a vedere certi comportamenti, sarebbe bene fare una breve considerazione sull’uso evidentemente politico del cinema e dei mezzi di informazione fatto dagli americani, non solo negli USA, ma a livello planetario. Gli Stati Uniti ci hanno abituati a degli approcci globali nella loro politica, frutto della convinzione, giusta o sbagliata che sia, di essere l’unica vera potenza mondiale dell’epoca contemporanea. Un approccio questo che si evidenzia su diversi fronti, quello militare, rappresentato dalla NATO, ma anche sul piano economico (non a caso di recente si è discusso di una sorta di Patto Atlantico in ambito commerciale, tra Nord America ed Europa). Vi è però anche una grande attenzione degli americani sulla propaganda culturale e cinematografica, e l’ente predisposto per tutto ciò è Hollywood. L’apporto del cinema americano è stato fondamentale per un “lavaggio del cervello collettivo” in tutto il mondo all’epoca della Guerra Fredda, e il tutto continua ancora oggi. Uno dei padri del neo-conservatorismo nordamericano era senza ombra di dubbio Leo Strauss; egli apertamente sosteneva l’idea per cui una potenza può affermarsi solo ed esclusivamente con la presenza di un nemico ideologico, altrimenti all’interno dello Stato che ambiva a divenire potente, non ci sarebbe mai stata coesione per il raggiungimento di obiettivi importanti.
Ai tempi della Guerra Fredda il nemico si chiamava comunismo, ma col crollo dell’URSS, gli americani dovettero inventarsi un nuovo avversario, che venne identificato nell’islam politico. Bisogna fare attenzione ad un fatto; l’individuazione di questo “nemico immaginario”, è avvenuto ben prima dell’undici settembre 2001. L’episodio delle Twin Towers diede solo l’opportunità agli americani di pianificare meglio e di applicare il loro progetti di egemonia planetaria. Hollywood, ha avuto un ruolo importante sia nella guerra contro il comunismo, ai tempi, sia oggi nella guerra contro l’islam politico. Allora c’erano “Rambo”, “Rocky”, “James Bond”, senza dimenticare i cartoni animati, come “Superman”, o quelli più espliciti come “Capitan America”. Forse in pochi avranno notato il messaggio di questo tipo di cartoni, soprattutto per ciò che concerne “Superman”. Questo individuo, nella vita di tutti i giorni era un normalissimo deficiente, una persona incapace, un vero e proprio cretino. All’improvviso poi, quando c’era un’emergenza, questo si tramutava in un “super-uomo”, con dei vestiti che ricordavano molto i colori della bandiera nordamericana. Un perfetto idiota si trasformava in un essere dai poteri soprannaturali che poteva salvare l’umanità da ogni cataclisma.
Il messaggio propagandistico internazionale di un apparentemente innocuo cartone animato di questo tipo, considerando anche la concomitanza con la Guerra Fredda, era il seguente: gli USA, da paese “normale”, come lo era il personaggio di “Superman”, sono divenuti una “superpotenza” che niente e nessuno potrà mai ostacolare, con poteri soprannaturali. Il confronto tra il “Superuomo” e la “superpotenza” calza a pennello. Ma la propaganda hollywoodiana non si fermava solo al fronte internazionale, ma riguardava anche il fronte interno del cosiddetto “mondo libero”. Prendiamo il film “Rambo”; penso che tutti ci ricordiamo che il primo della serie non riguardava una guerra contro un nemico esterno, ma era, o almeno così volvano farci credere, la guerra e il moto di ribellione, di una persona americana, contro il proprio “sistema”. Il messaggio propagandistico in quel caso ero il seguente: popoli assoggettati dal capitalismo, se volete ribellarvi ad un sistema che reputate corrotto, non seguite modelli alternativi a quelli offerti dal “mondo libero”, come quelli di Che Guevara, Nasser o di altri rivoluzionari del Terzo Mondo, ma seguite un modello di ribellione “yankee”, che di fatto, non lede l’egemonia del capitalismo. Non a caso poi, il “ribelle” Rambo, finì a combattere, nelle puntate successive del film, per gli interessi dell’imperialismo in giro per il mondo.
Oggi giorno poi, a livello internazionale, siccome, almeno a detta degli strateghi di Capitoll Hill, il nuovo nemico sarebbe l’islam politico, soprattutto quello di matrice iraniana, ecco che ci troviamo ad una nuova guerra di propaganda, funzionale a questa “quarta guerra mondiale” di neoconservatrice memoria, finalizzata all’occupazione militare di tutto il Medio Oriente, missione che per terminare ormai vede solo il completamento di due tasselli ancora da riempire: Siria e Iran. Ed è per questo che negli ultimi anni sono proliferati i film islamofobi e anti-iraniani, come “Argo”, “300” e gli altri. Per non dire poi del fatto che normalmente, anche i film iraniani premiati a livello internazionale, sono quelli in cui o si parla male dell’Iran, o comunque sono prodotti da registi che politicamente non hanno idee rivoluzionarie. Non a caso non hanno mai vinto importanti premi internazionali i registi iraniani con idee vicine a quelle della Guida Suprema della Repubblica islamica, a prescindere dal livello qualitativo delle pellicole prodotte.
In generale Hollywood, di tutte le armi in mano ai divoratori del mondo, è quella più complessa, in quanto ha un’apparenza innocua, non come le bombe della NATO, che nessun essere umano normale potrebbe apprezzare. In fondo, che male potrebbe mai fare un film? La risposta a questo quesito la possiamo ottenere girando per le strade delle nostre città; qui noi non vediamo devastazioni causate da bombe, ma vediamo menti devastate dal colonialismo culturale e cinematografico.  

Stato e Potenza 

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