Se Damasco diventa Stalingrado


Se Damasco diventa Stalingrado

Santa Maria di Deir al Zour
La Siria è al cen­tro del mondo. Frase ad ef­fet­to, ma serve a fo­ca­liz­za­re il punto della que­stio­ne: dal­l’e­si­to della guer­ra in Siria di­pen­de­rà il fu­tu­ro as­set­to del mondo. Per que­sto il con­flit­to si­ria­no in­te­res­sa più di altri, per que­sto in­tor­no a que­sto scon­tro si è sca­te­na­ta una guer­ra me­dia­ti­ca senza pre­ce­den­ti. Guer­ra vera, senza esclu­sio­ni di colpi, di scoop, per usare un ter­mi­ne gior­na­li­sti­co. At­tor­no a que­sto con­flit­to è stata al­za­ta una fitta cor­ti­na fu­mo­ge­na, ana­lo­ga­men­te a quan­to ac­ca­du­to per quel­lo ira­che­no (le fa­mo­se armi di di­stru­zio­ne di massa di Sad­dam Hus­sein) o quel­lo li­bi­co, nella quale è dif­fi­ci­le se­pa­ra­re la real­tà dalla pro­pa­gan­da. Anche per­ché le fonti da cui ven­go­no le no­ti­zie sono di parte. Di una parte sola, quel­la dei co­sid­det­ti ri­bel­li, o si­ria­ni li­be­ri, ma senza alcun ri­scon­tro sul ter­re­no (e dire che l’a­rea sopra la Siria, tra l’al­tro, bru­li­ca di sa­tel­li­ti).
Anche per que­sto siamo an­da­ti a un con­ve­gno al quale erano stati in­vi­ta­ti due gio­va­ni, il si­ria­no Osama Saleh e Pie­ran­ge­la Zan­zot­te­ra, del Co­mi­ta­to “Giù le mani dalla Siria” che col­la­bo­ra con il “Co­mi­ta­to con­tro la guer­ra” di Mi­la­no. La loro di voce è altra e di­ver­sa da quel­la uf­fi­cia­le, quel­la per in­ten­der­ci che ege­mo­niz­za le no­ti­zie dei gior­na­li. In mezzo a que­sta ca­co­fo­nia di in­for­ma­zio­ne, val la pena di sen­ti­re anche loro.
Il con­ve­gno al quale sono stati in­vi­ta­ti è mi­ni­ma­le, roba da sa­miz­dat, or­ga­niz­za­to dal­l’as­so­cia­zio­ne pa­ci­fi­sta Con­ver­gen­za delle cul­tu­re.

Osama è mu­sul­ma­no, ala­wi­ta. Lei, Pie­ran­ge­la, è in­ve­ce cri­stia­na e la sua voce è quel­la che si sente per prima a fen­de­re la spa­ru­ta pla­tea che si ac­cal­ca nella pic­co­la sala. Ini­zia ci­tan­do un pas­sag­gio di un in­ter­ven­to pub­bli­co, a Roma, del pa­triar­ca di An­ti­o­chia dei gre­co-mel­chi­ti sua Bea­ti­tu­di­ne Gre­go­rios III Laham. Vale la pena di ri­por­tar­lo: «La Siria è il meno po­ve­ro dei Paesi arabi e quel­lo con il più basso tasso di anal­fa­be­ti­smo, gli ospe­da­li e l’in­se­gna­men­to nelle scuo­le sono gra­tui­ti, il com­mer­cio è li­be­ro, la donna pure, e par­te­ci­pa alla vita po­li­ti­ca, so­cia­le, re­li­gio­sa ed eco­no­mi­ca. Dal 2012, con la crisi, sono nati do­di­ci par­ti­ti, ab­bia­mo una nuova co­sti­tu­zio­ne, un bu­si­ness ban­ca­rio, l’e­co­no­mia è molto svi­lup­pa­ta. Quel­lo si­ria­no è uno Stato so­cia­li­sta laico cre­den­te, mi­glio­re di molti Stati eu­ro­pei che non vo­glio­no ri­co­no­sce­re le loro ra­di­ci cri­stia­ne. La Siria è un Paese in cui tutti sono ugua­li, mu­sul­ma­ni, cri­stia­ni. È l’u­ni­co stato mu­sul­ma­no senza re­li­gio­ne di Stato e il primo mi­ni­stro è pure un cri­stia­no. Tutti, senza di­scri­mi­na­zio­ni, in Siria hanno pari di­rit­ti e do­ve­ri».
Alep­po, mo­schea
Ov­via­men­te lei si ri­co­no­sce in que­sta de­scri­zio­ne della Siria an­te­guer­ra: un Paese tol­le­ran­te, li­be­ro, fa­ci­le alla con­vi­ven­za, ospi­ta­le. Per fare un esem­pio di que­sta ospi­ta­li­tà spie­ga quel che è ac­ca­du­to negli ul­ti­mi anni, quan­do in­tor­no alla Siria in­fu­ria­va la tem­pe­sta, quel­la delle tante guer­re che hanno scon­vol­to il Medio Orien­te. E det­ta­glia l’ac­co­glien­za che i si­ria­ni hanno of­fer­to ai tanti esuli in­se­gui­ti dai con­flit­ti in pa­tria, in par­ti­co­la­re quel­lo in Iraq. Più di un mi­lio­ne di ira­che­ni hanno tro­va­to ri­fu­gio in Siria men­tre l’Oc­ci­den­te bom­bar­da­va il loro Paese. Pie­ran­ge­la spie­ga come i pro­fu­ghi ira­che­ni siano stati ac­col­ti nelle strut­tu­re e nelle case si­ria­ne con quel­lo spi­ri­to di ospi­ta­li­tà che da sem­pre ha ca­rat­te­riz­za­to la Siria, senza am­mas­sar­li in campi pro­fu­ghi. L’Oc­ci­den­te, che pure ha in­ve­sti­to mi­liar­di di dol­la­ri per quel­la guer­ra di “li­be­ra­zio­ne”, non ha dato nulla per aiu­ta­re que­sti pro­fu­ghi. Ci ha do­vu­to pen­sa­re la Siria, con i pro­pri mezzi.

Osama è più ir­ruen­to. Come chi sta su­ben­do un torto e non vuole ce­de­re alle pre­po­ten­ze. È di Homs lui, quel­la che i gior­na­li di­co­no sia la roc­ca­for­te di Ba­shar al-As­sad, ma che lui spie­ga es­se­re il cuore del Paese: equi­di­stan­te da tutti gli Stati  con­fi­nan­ti (tran­ne il Li­ba­no), è il cen­tro stra­te­gi­co del Paese, quel­lo che chi vuole ro­ve­scia­re il re­gi­me deve pren­de­re per poter con­trol­la­re la Siria.
Per Osama quel­lo che si legge sui gior­na­li oc­ci­den­ta­li è pro­pa­gan­da, di­sin­for­ma­zio­ne. Non esi­ste una guer­ra ci­vi­le in Siria, ma una guer­ra di ag­gres­sio­ne con­dot­ta dalle po­ten­ze oc­ci­den­ta­li e dalle mo­nar­chie del Golfo (Qatar e Ara­bia Sau­di­ta in testa) per ro­ve­scia­re un go­ver­no le­git­ti­mo. Il po­po­lo sta con Ba­shar al-As­sad, spie­ga. Que­sta guer­ra dura da due anni: po­te­va re­si­ste­re un re­gi­me se non aves­se avuto il con­sen­so po­po­la­re? La do­man­da non è af­fat­to re­to­ri­ca. D’al­tron­de basta ri­cor­da­re la ca­du­ta dei vari re­gi­mi del­l’E­st al­l’in­do­ma­ni del crol­lo del Muro di Ber­li­no: ca­stel­li di carta crol­la­ti mi­se­ra­men­te nel giro di pochi gior­ni senza colpo fe­ri­re. In­ve­ce quel che ac­ca­de in Siria è di­ver­so e non si può certo spie­ga­re solo con l’ap­pog­gio ester­no di Iran, Cina e Rus­sia, che pure esi­ste. Già, Assad non po­te­va reg­ge­re al­l’ur­to di que­sta guer­ra se non aves­se go­du­to di un vasto con­sen­so po­po­la­re.
E Osama det­ta­glia i mo­ti­vi di que­sto con­sen­so, con quel­li che lui chia­ma iro­ni­ca­men­te «i cri­mi­ni di Ba­shar al-As­sad», snoc­cio­lan­do cifre e dati di un Paese in cre­sci­ta espo­nen­zia­le. Ci li­mi­tia­mo a ri­por­tar­ne al­cu­ni: ri­du­zio­ne a zero del de­bi­to este­ro, au­men­to del red­di­to pro-ca­pi­te del 300%, co­stru­zio­ne e ri­strut­tu­ra­zio­ne di 100­mi­la mo­schee e 500 chie­se, de­cre­sci­ta della di­soc­cu­pa­zio­ne dal 28% al 12%, co­stru­zio­ne e ri­strut­tu­ra­zio­ne di 8.000 scuo­le, 2.000 isti­tu­ti su­pe­rio­ri e 40 Uni­ver­si­tà, co­stru­zio­ne e ri­strut­tu­ra­zio­ne di 6.000 tra ospe­da­li e cli­ni­che, ab­bat­ti­men­to del costo di elet­tri­ci­tà, acqua e pane (at­tual­men­te i più eco­no­mi­ci del mondo arabo), li­cen­ze a 20 gior­na­li in­di­pen­den­ti e 5 sta­zio­ni TV e via di­cen­do.
Non na­scon­de che anche il go­ver­no di Da­ma­sco abbia avuto i suoi li­mi­ti («In Ita­lia non esi­ste la cor­ru­zio­ne? », chie­de iro­ni­co), ma no­no­stan­te que­sti, la gente lo so­stie­ne. Anche per­ché l’al­ter­na­ti­va ad Assad i si­ria­ni la ve­do­no ogni gior­no, in que­sta guer­ra fe­ro­ce che sem­bra non voler fi­ni­re. As­sas­si­ni tra­ve­sti­ti da guer­ri­glie­ri che sgoz­za­no senza mo­ti­vo, uc­ci­do­no donne, bam­bi­ni, bru­cia­no case, quar­tie­ri e mo­schee.

Parte un video e in ef­fet­ti qual­co­sa di sto­na­to si nota in que­sti ri­bel­li aman­ti della li­ber­tà. Ceffi ar­ma­ti di tutto punto en­tra­no in un pa­laz­zo e lo pren­do­no. Poi l’o­pe­ra­to­re ri­pren­de il ter­raz­zo, dove sono as­sie­pa­ti dei pri­gio­nie­ri. A uno a uno ven­go­no get­ta­ti, an­co­ra vivi, di sotto, men­tre ar­ma­ti, dab­bas­so, ur­la­no trion­fan­ti. Dif­fi­ci­le im­ma­gi­na­re che la ci­vil­tà oc­ci­den­ta­le, che ha scrit­to la Con­ven­zio­ne di Gi­ne­vra, possa ac­cet­ta­re tutto que­sto. Ma tan­t’è. Altra ri­pre­sa, sta­vol­ta un ceffo bar­bu­to strat­to­na un bam­bi­no che avrà al mas­si­mo do­di­ci anni. È ar­ma­to il bimbo, e in­dos­sa un giub­bot­to an­ti­pro­iet­ti­le. Uno dei tanti bam­bi­ni sol­da­to che af­fol­la­no le file dei mi­li­zia­ni an­ti-As­sad. E dire che l’Onu ha uf­fi­ci che la­vo­ra­no ala­cre­men­te per con­tra­sta­re la piaga dei bam­bi­ni sol­da­to.
Ab­bia­mo vo­lu­ta­men­te omes­so la di­zio­ne “ri­bel­li” in que­sto rac­con­to, per­ché Osama li chia­ma in altro modo. Mer­ce­na­ri, mi­li­zie ar­ruo­la­te in Paesi come Libia, Ce­ce­nia, Iraq, Tur­chia, Egit­to, Tu­ni­sia. Al­cu­ni Stati hanno svuo­ta­to le car­ce­ri per ri­ver­sa­re i loro ta­glia­go­le in Siria, chio­sa Osama.
E poi c’è Al Qaeda: i fil­ma­ti mo­stra­no le ma­ni­fe­sta­zio­ni con­tro il re­gi­me, quel­le per in­ten­der­ci del po­po­lo li­be­ro che con­te­sta Assad, con espo­ste le ban­die­re di que­sta or­ga­niz­za­zio­ne ter­ro­ri­sti­ca in bella mo­stra. C’è tanto di stra­no in que­sta guer­ra, ri­flet­te Osama: la Fran­cia ha bom­bar­da­to in Mali per li­be­rar­lo da Al Qaeda, che in­ve­ce in Siria viene fo­rag­gia­ta per far la guer­ra ad Assad. I flus­si fi­nan­zia­ri de­sti­na­ti a ro­ve­scia­re il re­gi­me si­ria­no rag­giun­go­no cifre da ca­po­gi­ro: mi­liar­di di dol­la­ri, se­con­do Osama.
Ma ci sono altri modi per fi­nan­zia­re que­sta guer­ra. Il sac­cheg­gio an­zi­tut­to, come anche il me­to­do spe­ri­men­ta­to con suc­ces­so du­ran­te la guer­ra ira­che­na: i ra­pi­men­ti. Una piaga sem­pre più dif­fu­sa di cui sono vit­ti­me i cit­ta­di­ni iner­mi. Poi ci sa­reb­be da esplo­ra­re un altro tipo di fi­nan­zia­men­to: che Al Qaeda si fi­nan­zi at­tra­ver­so il traf­fi­co di stu­pe­fa­cen­ti è cosa no­to­ria e do­cu­men­ta­ta da vari or­ga­ni­smi in­ter­na­zio­na­li. In Mali è emer­so in tutta la sua chia­rez­za. Sa­reb­be utile una ve­ri­fi­ca anche per la Siria.

Alep­po
Di fron­te alle atro­ci­tà sem­pre più ef­fe­ra­te com­piu­te dai co­sid­det­ti ri­bel­li, la nar­ra­zio­ne ha do­vu­to cam­bia­re in­di­riz­zo. Così ora si scri­ve di un pe­rio­do aureo ini­zia­le della ri­vol­ta pa­ci­fi­ca, al quale, sotto l’in­cal­za­re della re­pres­sio­ne del re­gi­me, sa­reb­be se­gui­ta l’in­ge­ren­za di grup­pi isla­mi­ci fon­da­men­ta­li­sti ac­cor­si a dar man­for­te ai con­fra­tel­li sun­ni­ti. Osama con­te­sta tutto que­sto, spie­gan­do come fin dal­l’i­ni­zio il re­gi­me-chan­ge fosse pia­ni­fi­ca­to. E che fin dal­l’i­ni­zio la ri­vol­ta ha visto in azio­ne bande di ar­ma­ti. Sul punto ri­man­dia­mo a un ar­ti­co­lo se­gna­la­to da Osama, che det­ta­glia quan­to ac­ca­du­to nei primi sei mesi di in­sur­re­zio­ne e che, in ef­fet­ti, fa sor­ge­re do­man­de.
Co­mun­que, si­cu­ra­men­te i Paesi che hanno so­ste­nu­to la ri­bel­lio­ne ini­zia­le, nata anche sul­l’on­da della Pri­ma­ve­ra araba, sono gli stes­si che ora ar­ma­no ed equi­pag­gia­no le mi­li­zie ar­ma­te. E que­sto è un fatto in­con­tro­ver­ti­bi­le.

La guer­ra fi­no­ra ha cau­sa­to 60­mi­la vit­ti­me, se­con­do stime dif­fu­se, e più di un mi­lio­ne di pro­fu­ghi. E oltre agli ala­wi­ti e agli scii­ti, da tempo anche i cri­stia­ni sono en­tra­ti nel mi­ri­no, per­ché ac­cu­sa­ti di so­ste­ne­re il re­gi­me di Assad, ma forse, più sem­pli­ce­men­te, per­ché de­nun­cia­no le atro­ci­tà di que­sta guer­ra e ten­ta­no in tutti i modi di tro­va­re vie di ri­con­ci­lia­zio­ne e di pace. Non sono solo i sem­pli­ci fe­de­li a es­se­re og­get­to di vio­len­za, ma anche gli edi­fi­ci re­li­gio­si, ac­co­mu­na­ti alla sorte delle mo­schee (anche que­sto la dice lunga sul pre­sun­to fon­da­men­to re­li­gio­so di que­sto con­flit­to). Ri­por­tia­mo un breve elen­co dei tanti edi­fi­ci cri­stia­ni col­pi­ti: l’an­ti­co mo­na­ste­ro di No­stra Si­gno­ra di Sed­na­ya, la mag­gior parte delle chie­se di Homs, tra cui la più an­ti­ca chie­sa cri­stia­na di Siria, Umm al-Zen­nar e una sto­ri­ca chie­sa di Bu­stan al-Di­wan; la chie­sa della Santa Croce a Qassa, l’an­ti­co mo­na­ste­ro di Mar Elias a al-Ku­sayr, la chie­sa di San Mi­che­le a Qara, la chie­sa si­ro-or­to­dos­sa di Santa Maria e la scuo­la cri­stia­na di Al-Wah­da a Deir Ezzor e così via…
«Que­sta guer­ra non è solo no­stra», con­clu­de Osama, «quel che ac­ca­de in Siria avrà ri­per­cus­sio­ni in tutto l’Oc­ci­den­te». Dif­fi­ci­le dar­gli torto. Da­ma­sco è la nuova Sta­lin­gra­do. Se cade, la fol­lia di­la­ghe­rà in­fiam­man­do tutto il mondo arabo. Per pro­pa­gar­si al­tro­ve.
Vo­len­ti o no­len­ti, non siamo sem­pli­ci spet­ta­to­ri.

http://www.piccolenote.it/6745/se-damasco-diventa-stalingrado

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