Sedurre gli intellettuali per ammaestrare il popolo


Sedurre gli intellettuali per ammaestrare il popolo

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2012/06/15/sedurre-gli-intellettuali-per-ammaestrare-il-popolo/

L’ambasciatrice statunitense Clare Boothe Luce in Italia (1953-1956)
Con la fine della Seconda guerra mondiale, la rete dei servizi d’informazione USA sviluppata dall’Office of War Information (OWI) e dallo Psychological Warfare Branch (PWB) inizia a chiamarsi United States Information Service (USIS), in Italia come nel resto del mondo.
All’USIS, e all’emittente radiofonica La Voce dell’America, attiva in Italia già dal Febbraio 1942, viene affidato il compito di agire “nel campo dell’educazione e della formazione mentale degli italiani, per avviarli a una visione democratica della vita”, secondo le parole dell’ammiraglio Ellery Stone, capo della Commissione alleata di controllo in Italia.
Inizialmente le sedi dell’USIS sono cinque, presso l’ambasciata e i consolati americani a Roma, Milano, Firenze, Napoli e Palermo, mentre sale di lettura vengono progressivamente allestite anche a Genova, Torino, Bari e Bologna, come primo passo per la costituzione dell’USIS nei consolati di queste città.
Il Notiziario quotidiano per la stampa, prodotto a Roma sulla base di un bollettino che viene radiotelegrafato da New York e poi tradotto e distribuito gratuitamente ai giornali italiani, è l’organo principale di trasmissione delle notizie adottato dall’USIS. In Italia ne giunge un’edizione appositamente studiata per l’Europa occidentale, che riporta notizie riguardanti soprattutto la politica estera statunitense e vari approfondimenti, nonché i testi completi dei discorsi ufficiali di autorevoli personalità.
Dal 1949, l’USIS inizia a collaborare con la propaganda del Piano Marshall, gestita direttamente dall’ente che si occupa dell’erogazione degli aiuti, l’Economic Cooperation Administration (ECA). In quello stesso periodo, diventa sempre più importante anche la propaganda legata alla firma del Patto Atlantico, siglato formalmente il 4 Aprile 1949. Da quel momento in poi, i temi riguardanti la “sicurezza” e la “pace” occupano un posto di assoluto riguardo nella politica informativa dell’USIS, con una tendenza che si consolida a partire dalla nascita della NATO nel 1950.
Tutto il programma informativo dipende direttamente dall’ambasciatore e dal direttore dell’USIS, ruolo che dalla fine del 1950 è ricoperto da Lloyd A. Free, già docente all’università di Princeton e vicedirettore dell’Office of International information, con competenza su stampa, cinema e trasmissioni radiotelevisive, presso il Dipartimento di Stato.
A partire dal 1951, grazie all’aumento dei finanziamenti a disposizione, l’USIS Italia conosce una grande crescita, con 61 impiegati statunitensi e 237 italiani, per quasi la metà in servizio presso l’ambasciata di Roma e il resto distribuiti negli altri nove uffici presenti nel Paese.
Ma la scossa più grande al programma informativo e alla conduzione della politica estera americana in Italia doveva ancora arrivare, e ciò sarà per merito di una donna…
Alla fine del 1952, il repubblicano Dwight D. “Ike” Eisenhower, già comandante in capo delle Forze alleate in Europa durante la Seconda guerra mondiale, viene eletto 34° Presidente degli Stati Uniti d’America.
In Italia, Ellesworth Bunker, l’ambasciatore che aveva da poco sostituito James C. Dunn, è destinato a rimanere in carica soltanto per pochi mesi, in quanto Eisenhower e la sua nuova amministrazione rinnovano i rappresentanti diplomatici all’estero con personalità fortemente legate al Partito Repubblicano. Per l’Italia, nel Marzo 1953, la scelta cade su Clare Boothe Luce, giornalista e scrittrice, meglio nota quale moglie (in seconde nozze) del potentissimo editore di TimeLife e Fortune, Henry R. Luce. Già deputato alla Camera dei Rappresentanti fra il 1943 e il 1947, Clare Boothe mette il suo viscerale anticomunismo al servizio della nuova politica di “Ike” diretta a contrastare il più importante Partito Comunista dell’Europa occidentale, che nelle elezioni di Giugno 1953 conquista ulteriori posizioni ai danni della coalizione centrista guidata dalla Democrazia Cristiana.
Gli anni di Clare Boothe a Villa Taverna, sede dell’ambasciata statunitense, sono caratterizzati da un’inedita ingerenza negli affari interni italiani. Approdata a Napoli a bordo dell’Andrea Doria il 22 Aprile, da quel giorno non manca di girare il Paese instancabilmente, visitandone le zone più remote, presenziando a fiere, prime teatrali, inaugurazioni (fra cui si ricorda quella della Johns Hopkins University a Bologna). Ma prima di tutto si sforza di conquistare la simpatia della gente comune, presso la quale finirà per essere vista come una “regina buona”.
In numerose circostanze, l’ambasciatrice Luce non nasconde la propria sfiducia nel governo italiano quale alleato degli Stati Uniti, assumendo un approccio con il passare del tempo sempre più radicale nella lotta al comunismo, che si rispecchia nella vasta riorganizzazione del ramo italiano dell’USIS, il quale nel frattempo era stato inglobato nella neonata agenzia governativa USIA. Il “Piano d’azione” da lei stabilito ha due obiettivi: da un lato, mobilitare il consenso per le politiche statunitensi e accrescere la fiducia nei governanti a stelle e strisce, dall’altro contrastare gli “estremismi” di destra e di sinistra tramite l’appello alla “lotta per la democrazia in Italia”.
Ciò si risolve inevitabilmente in un’ingerenza sempre più evidente negli affari interni del Paese, non solo nelle questioni politiche ma anche in quelle di vita quotidiana. Infatti, le indicazioni contenute nel “Piano d’azione” dell’USIS per il biennio 1953-1955 mirano a indottrinare la popolazione nel lungo periodo, operando specialmente nelle scuole, nelle università e negli ambienti militari. L’attenzione della propaganda statunitense da quel momento si concentra sempre più sugli esponenti del ceto intellettuale, i professionisti nel campo dell’informazione, individuati quali mediatori culturali e agenti di influenza, capaci di far filtrare efficacemente fra i propri connazionali i messaggi ritenuti opportuni, in una sorta di “italianizzazione” dello sforzo propagandistico che riflette anche una riduzione delle risorse finanziarie a disposizione.
Si tratta di un gruppo di persone scelte secondo criteri molto selettivi, sulla base di contatti personali già in corso. Costoro non saranno soltanto riforniti di materiale con lo scopo di rafforzare le proprie convinzioni in linea con la politica americana, ma verranno anche spinti a promuovere le istanze care agli USA presso il grande pubblico che, a differenza di loro, non frequentava i centri culturali o le biblioteche dell’USIS in giro per l’Italia, non ascoltava le trasmissioni radio de La Voce dell’America e non poteva beneficiare degli scambi culturali promossi nel quadro del Programma Fulbright (dal nome del senatore che ne aveva patrocinato l’adozione).
Altri fondamentali bersagli della propaganda statunitense sono i leader politici, ai quali si regalano abbonamenti ai principali quotidiani d’oltreoceano, e il mondo della scuola e dell’università, in particolare le facoltà giuridiche fucina dei leader del domani. In quest’ultimo campo, l’intervento non è limitato alle borse di studio messe a disposizione per frequentare corsi negli Stati Uniti o far venire in Italia docenti americani, ma a “lavorare sui rettori per implementare corsi di Studi americani nelle loro università, e sul Ministro dell’Educazione per dare credito alle lauree in questi argomenti…” come recita un documento preparatorio, che suggerisce persino l’adozione degli opportuni libri di testo presentati dagli addetti dell’USIS in Italia.
Uno degli obiettivi fondamentali rimane comunque il mondo sindacale, dove si interviene specialmente per il tramite degli attivisti dei sindacati cosiddetti “liberi”, escludendo la Cgil.Ma apriamo una breve parentesi…
L’ambasciata statunitense a Roma, durante la missione di Clare Boothe Luce, fu assai attiva nel sostenere gli interessi delle società petrolifere a stelle e strisce e nel contrastare, in tutti i modi possibili, l’azione di Enrico Mattei, presidente dell’azienda petrolifera di Stato ENI dalla sua fondazione nel 1953 e artefice della strategia di autonomia e indipendenza energetica nazionale.
L’attacco all’ENI da parte della stampa americana, specie quella della catena controllata da Henry R. Luce, marito dell’ambasciatrice, fu martellante. Fortune pubblicò un lungo articolo di Herbert Solow criticando il sistema italiano delle partecipazioni statali, accusato d’impedire la libera concorrenza, e l’ENI di Mattei, responsabile a suo dire del rallentamento delle ricerche petrolifere e di frenare gli investimenti statunitensi nel settore. Su argomenti simili erano basate le inchieste apparse su NewsweekTimeThe New York Herald Tribune e persino su alcuni giornali locali. Uno di questi, The Providence Sunday Journal, pubblicò un articolo – il cui ritaglio fu portato all’attenzione anche del Presidente Eisenhower – dove si affermava che l’Italia, pur di avere una sua partecipazione negli affari petroliferi del Medio Oriente, era disposta a “giocarsi le sue amichevoli relazioni con l’Occidente”.
L’ambasciatrice Luce in persona non disdegnava peraltro di contribuire alla campagna contro Mattei. Vincenzo Cazzaniga, all’epoca presidente per l’Italia di una delle “Sette Sorelle”, la Esso, testimoniò che la Luce, in una sorta di contropartita per avere sostenuto la CISL nella scissione sindacale, usava rivolgersi al Segretario Giulio Pastore, il quale riferiva di essere letteralmente ossessionato dall’ambasciata per la campagna contro l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, contro la sinistra della Democrazia Cristiana, e contro Mattei che sosteneva lo stesso Gronchi. Si tratta dello stesso Pastore che, in altri frangenti, l’ambasciatrice Luce accusava di servirsi dell’ENI per introdurre meccanismi di partecipazione operaia all’organizzazione produttiva, con iniziative che apparivano più confacenti a Palmiro Togliatti che alla DC! Chiusa parentesi.
Gli organi di stampa, giudicati il mezzo più utile a influenzare tutti i “target groups” e che fino al Luglio 1953 erano stati raggiunti con lo specifico Notiziario quotidiano per la stampa, sono ora sensibilizzati con l’invio di articoli appositamente scritti, diretti alle testate più diffuse, e con la fornitura a direttori e redattori del materiale necessario, su temi selezionati, perché possano redigerli da soli. Per le notizie più importanti, viene attivato un filo diretto con i principali quotidiani e perfezionato un accordo con l’agenzia ANSA alla quale si fanno pervenire comunicati dettagliati e completi, semplicemente da inoltrare ai propri utenti.
Nel corso di un viaggio a Washington, nell’estate 1954, l’ambasciatrice Luce – accompagnata dal nuovo direttore dell’USIS Italia, Nedville E. Nordness – partecipa ad alcuni incontri con funzionari del Dipartimento di Stato e dell’USIA, discutendo della riorganizzazione del servizio informativo in corso in Italia. E’ l’occasione per sottolineare l’importanza di infiltrare la nascente TV di Stato italiana, anche con la produzione di appositi serials (ipotesi che per allora venne respinta a causa degli elevati costi), con la proposta collaterale di dotare tutte le sedi dell’USIS di un televisore da posizionare vicino all’ingresso, in modo da renderlo visibile anche dall’esterno attraendo i curiosi… e per suggerire una maggiore presenza americana nelle fiere e feste a livello locale, che attraevano un grande pubblico.
Gli incontri in questione danno all’ambasciatrice anche e soprattutto l’occasione per ribadire la nuova impostazione dei programmi d’azione della propaganda culturale statunitense in Italia, ormai quasi interamente rivolta ai professionisti dell’informazione e del mondo intellettuale in genere, muovendo dalla convinzione, “maturata dopo attente ponderazioni”, che quasi tutti costoro devono essere convinti della saldezza della cultura di un Paese straniero prima di accettare la sua leadership negli affari internazionali. Probabilmente, l’ambasciatrice pensava a quegli intellettuali, “che non sono nostri amici incondizionatamente” ma che però manifestavano spesso la propria curiosità per la realtà americana, essendo avidi lettori della relativa letteratura, e proprio a tre di questi (Ignazio Silone, Primo Levi e Alberto Moravia) sarebbero stati concessi dall’USIS, l’anno seguente, aiuti finanziari per recarsi in visita negli Stati Uniti.
A questo scopo, sempre nel 1954, il Congresso autorizza un fondo speciale, il cosiddetto President’s Emergency Fund for International Affairs, per sostenere i programmi sviluppati dall’USIA. Fra le tante iniziative organizzate, concerti, spettacoli teatrali e tournée di artisti, si può ricordare Porgy and Bess di George Gershwin, opera lirica rappresentata in vari palcoscenici fra cui La Scala di Milano, cui l’USIS fornisce un grande rilievo promozionale.
Si cerca inoltre di assistere quelle istituzioni culturali statunitensi con sedi in Italia, quali l’American Academy e il North American College, per incoraggiare la diffusione di studi e ricerche sull’America, collaborando nell’organizzazione di mostre e pubblicizzando le loro iniziative.
Un chiaro e aperto sostegno viene poi offerto all’Istituto Post-universitario per lo Studio dell’Organizzazione Aziendale (IPSOA), fondato dall’università di Harvard e rivolto a operatori già affermati ma ancora abbastanza giovani per recepire la bontà dei principi economici in voga oltreoceano, nonché alla sezione europea della Scuola di Studi Internazionali Avanzati presso la Johns Hopkins Univesity, la cui inaugurazione – naturalmente alla presenza dell’ambasciatrice Luce – si tiene nel Febbraio 1955.
Il nuovo “Piano d’azione” dell’USIS, promulgato nell’Agosto 1955, sostanzialmente ribadisce i medesimi principi e obiettivi dei due anni precedenti ma contiene alcune importanti precisazioni, arrivando a quantificare gli interlocutori scelti, 21.000 divisi in otto categorie, sebbene non venga fatto alcun nome: 2.200 nel campo dell’economia e dell’industria, altri 2.200 nella scuola e nell’università, 3.400 esponenti dei sindacati “liberi”, 3.200 tra stampa, cinema, radio ed editoria, 400 ufficiali delle Forze armate, 6.500 politici, sia a livello nazionale che locale, 2.100 liberi professionisti impegnati nei più svariati settori, per la propria rinomanza capaci di influenzare le questioni politiche e sociali, 1.100 studenti universitari, individuati soprattutto fra i dirigenti delle organizzazioni studentesche.
I primi corsi di Letteratura americana, tenuti l’anno precedente presso le università di Roma, Firenze e Venezia, avevano riscosso un grande successo, e anche il programma di traduzione di testi statunitensi, poi adottati nei corsi accademici, procedeva spedito, tanto che al riguardo l’USIS di Firenze era riuscito a sviluppare un accordo triennale con la casa editrice bolognese Il Mulino.
Il successo si registrava anche nel campo dell’informazione rivolta al grande pubblico, dal momento che la RAI “copriva frequentemente gli eventi suggeriti dall’USIS” e l’ANSA traeva la maggior parte dei suoi lanci di agenzia sulle questioni, non solo politiche, americane direttamente dai comunicati tradotti dall’USIS, con una procedura che nel frattempo erano diventata davvero efficiente: il redattore capo dell’USIS a Roma contattava telefonicamente l’agenzia di stampa e non appena questa indicava a quali, fra le notizie del giorno, fosse interessata, esse venivano immediatamente tradotte e inviate.
Alla fine del 1956, quando Clare Boothe Luce abbandona il suo incarico di ambasciatrice, l’USIS italiano costituisce uno dei programmi più importanti e ampi tra quelli gestiti dall’USIA in tutto il mondo. L’ambasciatrice aveva ormai già deciso di lasciare Roma quando l’USIS fece per lei due importanti servizi.
Il primo fu la collaborazione offerta all’editore Mondadori per la traduzione e pubblicazione in Italia di un libro di Alden Hatch, che uscì nel Giugno 1956 con il titolo Ambasciatrice straordinaria. Il secondo fu la preparazione del testo della trasmissione radiofonica in inglese con cui la RAI diede l’addio addio al primo ambasciatore donna venuto da oltreoceano: “… she will always be welcome to Italy, even on the briefest of visits; not as a guest, though. To us, she is and always will be ‘one of the family’”.

Federico Roberti

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