Un processo rivoluzionario incompreso: il caso iraniano





Trentaquattro anni fa veniva ufficialmente proclamata la vittoria della Rivoluzione islamica dell’Iran, un fenomeno questo che è stato interpretato in vari modi, soprattutto in Occidente. Alcuni intellettuali occidentali ebbero inizialmente delle istanze di simpatia nei confronti della Rivoluzione in Iran nel 1979. Essi però, dopo non molto tempo, cambiarono idea, e divennero acerrimi nemici del nuovo stato iraniano postrivoluzionario. Uno di questi famosi personaggi è indubbiamente il giurista americano Richard Falk. Egli promosse verso la fine degli anni ’70 delle campagne politiche negli USA, contro loShah e a favore del movimento di opposizione guidato dall’imam Khomeini.
Questa simpatia di Falk si fece ancora più forte quando, per sua stessa ammissione, egli visitò l’imam Khomeini e i suoi collaboratori in Francia, poco prima della caduta della monarchia Pahlavi. L’imam si era stabilito vicino a Parigi, in un piccolo paesino, dopo essere stato espulso da alcuni Paesi musulmani. La sua permanenza in Francia fu abbastanza breve e nel febbraio del 1979, la guida della Rivoluzione tornò in patria, dopo molti anni di esilio. Falk, riguardo al movimento rivoluzionario in Iran disse: “la squadra di collaboratori [dell’imam Khomeini] è composta all’unanimità da persone moderate e progressiste”. Dopo l’istaurazione della Repubblica islamica e dopo alcuni anni, Falk, cambiando opinione disse: “Questo [Stato] è il più terroristico sistema dai tempi di Hitler.”
Le questioni quindi possono essere le seguenti:
1-La Rivoluzione aveva tradito gli ideali iniziali
2-Falk non aveva compreso la Rivoluzione
Per capire se la prima opzione sia valida oppure no, dobbiamo capire gli ideali della Rivoluzione, e comprendere se a distanza di oltre un trentennio dalla sua vittoria, la Repubblica islamica dell’Iran abbia o meno tradito i suoi ideali. Tutti concordano sul fatto che il leader indiscusso del movimento fu l’imam Khomeini; non che non ci fossero altre persone nel movimento, ma il capo e la guida, a detta di tutti, amici e nemici, era l’imam. Tutte le rivoluzioni hanno un leader, se non c’è un leader non possiamo nemmeno parlare di rivoluzione, ma al massimo di rivolta.
Se una persona volesse capire la Rivoluzione russa, dovrebbe studiare le idee di Lenin, e lo stesso dicasi per quella cinese (Mao) e per le altre. Per capire gli ideali della Rivoluzione islamica dell’Iran bisogna capire gli ideali dell’imam Khomeini. L’imam voleva l’istaurazione di una Repubblica islamica, sul modello della teoria del governo del giurisperito islamico, un sistema che prevedeva uno Stato basato su elezioni, ma con una legittimazione divina. In politica estera l’imam aveva sempre avuto istanze terzaforziste, e soprattutto antimperialiste e antisioniste. Non a caso, una volta che il movimento ebbe la meglio sullo Shah, uno dei primi gesti, fu la chiusura dell’ambasciata di Tel Aviv a Tehran. Successivamente venne chiusa anche l’ambasciata americana.
L’Iran è ancora oggi un paese governato sul principio del governo del giurisperito islamico, come aveva indicato già negli anni ’60 l’imam Khomeini. Un paese in cui vi sono state circa una trentina di tornate elettorali, dove la partecipazione ha raggiunto anche l’85 % degli aventi diritto. Ancora oggi l’Iran è l’avanguardia dell’antimperialismo nel mondo islamico, per non dire della sua indole antisionista. La dirigenza di Tel Aviv un giorno sì e l’altro pure, minaccia l’Iran di un conflitto. L’imam nei suoi discorsi, anche prima della Rivoluzione, si scagliava veementemente contro gli USA e Tel Aviv. Questo ruolo di antagonismo antimperialista gli è ancora riconosciuto da tutti, amici e nemici. Per cui, gli ideali della Rivoluzione sono ancora vivi, e aderenti col pensiero del fondatore e della guida di questa Rivoluzione.
Sembra quindi evidente il fatto che Falk, e gli altri intellettuali occidentali che inizialmente simpatizzarono per la causa rivoluzionaria, non avessero compreso bene la carica ideologica della Rivoluzione stessa. Essi per dimostrare la “bontà” della Rivoluzione, dal loro punto di vista, ancora oggi, dicono cose del tipo: Ebrahim Yazdi, Bazargan, Bani Sadr, Montazeri (1) e tanti altri cambiarono opinione, quindi, la Rivoluzione, aveva tradito gli ideali. Ma la domanda è: la guida della Rivoluzione erano questi personaggio o l’imam Khomeini? Questi stessi personaggi dicevano apertamente che la guida era l’imam, ma poi evidentemente, come spesso capita agli uomini, cambiarono opinione. Ma il fatto che questi o gente come Falk, abbiano cambiato opinione, non vuol dire che la Rivoluzione ha tradito, ma solo che essi non avevano compreso la Rivoluzione, così come impostata dalla sua guida indiscussa, l’imam Khomeini. Essi presumibilmente avevano interpretato il processo rivoluzionario iraniano come un moto di ribellione popolare contro una dittatura, che avrebbe portato all’istaurazione di una democrazia borghese in salsa islamica, quello che oggi ad esempio, l’imperialismo cerca di fare in alcuni paesi arabi.
Ma il sistema iraniano, lungi da poter essere paragonato ad un modello borghese e parlamentare, rappresenta, non tanto istituzionalmente, ma almeno concettualmente, l’alternativa di un sistema islamico, libero e non asservito agli interessi del colonialismo. Inoltre, bisogna notare anche un altro fenomeno molto interessante, questo invece tutto italiano, legato ad un approccio eccessivamente ideologico e non aderente con la realtà della società e della cultura iraniana.
Secondo alcuni intellettuali nostrani infatti, la Rivoluzione sarebbe stata “scippata” dall’imam Khomeini, mentre sarebbero state altre le forze motrici per la caduta del vecchio regime. Questa analisi, denota una completa ignoranza dell’Iran, ieri come oggi, in quanto, come accennato anche nelle righe precedenti, tutti i gruppi politici iraniani alternativi allo Shah, sia islamici, sia nazionalisti, sia liberali, e lo stesso dicasi per i marxisti, riconoscevano l’imam Khomeini come guida; il problema di chi poi ha cambiato idea, era che lo volevano “sfruttare” il carisma e il seguito popolare dell’imam, per poi mettere lui e i suoi stretti collaboratori da parte. Questa fu la verità dei fatti. Evidentemente fecero male i conti, e non riuscirono nei loro intenti, in quanto il popolo e la guida avevano una forte attrazione reciproca, grazie alla quale le trame furono sventate.
Ancora oggi alcuni in Italia si rifanno a interpretazioni di questo tipo, e anche se si proclamano antimperialisti, il loro odio viscerale e del tutto “ideologico” verso l’esperienza iraniana, si manifesta palesemente con affermazioni del tipo: “C’è inoltre una generazione completamente nuova di lavoratori e studenti. La maggior parte della popolazione iraniana è nata dopo il 1979. Ma proprio per questo le lezioni del passato devono essere assorbite dalle giovani generazioni. Questa generazione ha perso ogni illusione nei confronti del clero islamico: questi preti travestiti da rivoluzionari nel 1979 sono ormai odiati dalle masse, avendo tradito ogni cosa per cui la rivoluzione ha lottato. È solo questione di tempo prima che una nuova ondata di lotte faccia crollare il regime.” (2) Il presunto odio delle masse per i “preti travestiti da rivoluzionari” è visibile in tutte le oceaniche manifestazioni a sostegno della Rivoluzione islamica e della grande guida, l’ayatollah Ali Khamenei.
In ogni caso il principale nemico esterno della Rivoluzione rimangono le potenze colonialiste occidentali e i sionisti, e il principale nemico interno sono quelle forze che apparentemente si rifanno all’islam, in quanto il popolo iraniano è sensibile a questi temi e non ad altri, un islam che il compianto imam Khomeini chiamava “americano”.  
(1) Queste furono tutte persone che ebbero un ruolo sia come oppositori dello Shah, sia come sostenitori della Rivoluzione dopo il febbraio del 1979. Ma dopo qualche tempo, per vari motivi, decisero di tradire il popolo iraniano e la Rivoluzione.  
(2) Marxismo.net

http://www.statopotenza.eu/5822/un-processo-rivoluzionario-incompreso-il-caso-iraniano

Commenti