Iran e Bahrain: un po’ di storia





Con l’avvento della dinasta qajaride nel Settecento, iniziò il declino dell’Iran come potenza influente, e ciò ebbe disastrose conseguenze sul piano interno e internazionale per gli iraniani. Possiamo dire apertamente che la decadenza dell’Iran come potenza influente e indipendente dal colonialismo, terminò con la Rivoluzione islamica del 1979, e da allora progressivamente, tra alti e bassi, l’Iran è risorto, riuscendo nel giro di qualche decennio, a ristabilire un ruolo di potenza di primo piano in Medio Oriente e nel mondo islamico, nonostante la Repubblica Islamica dell’Iran sia osteggiata sia dagli occidentali, sia dai paesi arabo-islamici reazionari.
Le vicende dei rapporti tra Iran e Bahrain possono essere ricondotte a questa storia, ovvero alle questioni che dal Settecento, almeno dalla sua seconda metà, arrivano ai giorni nostri, passando per il regime filoinglese e filoamericano della dinastia Pahlavi. E’ bene ricordare che con il regno del sovrano qajaride Mohammad Khan, per via di una debolezza militare sconcertante, il governo iraniano non riusciva a garantire la sicurezza e l’integrità territoriale del litorale del Golfo Persico e del Mare di Oman, mari strategici in quanto danno la possibilità all’Iran di essere presente nell’Oceano Indiano in modo diretto. Perciò il sovrano iraniano di allora dovette concedere la regione costiera ad un vassallo locale, che doveva provvedere per 75 anni alla sicurezza della zona, e quindi anche delle isole iraniane del Golfo Persico. Quello fu un momento molto caotico per l’area, vista anche la conflittualità con l’altra potenza regionale, ovvero l’Impero Ottomano, ma anche per via delle mire coloniali degli europei, principalmente degli inglesi, che in quel momento storico volevano controllare i traffici dall’Europa verso l’Oriente, attraverso l’egemonia su tutto l’Oceano Indiano settentrionale.
Approfittando anche della debolezza del governo centrale iraniano, una famiglia araba, denominata Al Khalifa (gli attuali regnanti filoamericani del Bahrain), riuscì a prendere il potere su alcune isole della zona, tra cui anche il Bahrain. Ma la cosa interessante è che la famiglia Al Khalifa, giurò fedeltà ai qajaridi, e quindi di fatto erano dei governatori del Bahrain per contro del governo centrale iraniano. Uno dei governatori dell’Iran meridionale però, si alterò parecchio, e decise di riprendere il controllo del Bahrain, e di sconfiggere gli Al Khalifa, cosa che avvenne anche con una certa facilità; quindi l’isola fu inglobata di fatto nella sfera d’influenza della provincia iraniana di Shiraz e Kerman, capoluoghi di una macroregione dell’Iran meridionale.
La diatriba tra Al Khalifa e altri governatori locali iraniani poteva essere vista in tutto e per tutto come uno scontro tra vassalli del sovrano qajaride, il tutto incentivato dalla completa incapacità del governo centrale iraniano di prevalere militarmente sul dominio dei propri vassalli, che in alcuni casi avevano una forza militare superiore a quella del sovrano. Ma a questo punto la storia si complica notevolmente, infatti, l’emiro della Mecca, dovette subire l’aggressione dei gruppi wahabiti, entrati in azione grazie al sostegno degli inglesi per creare caos nella regione e facilitare l’intervento del colonialismo britannico nella regione, e questi chiese aiuto ai vari governatori regionali; uno dei primi che decise di soccorrere i meccani assediati dai wahabiti, fu proprio il governatore dell’Iran meridionale per conto dei qajaridi, che ricordiamo, era anche il governatore del Bahrain; quindi fino ad allora questa isola era parte integrante del Regno d’Iran.
L’avventura militare in sostegno dell’emiro della Mecca però, indebolì il governatore iraniano, che rimase scoperto contro eventuali controffensive degli Al Khalifa, sempre presenti nella costa meridionale del Golfo Persico, e desiderosi di mettere le mani sull’isola strategica del Bahrain. A questo punto gli inglesi, noti doppiogiochisti, dopo aver sostenuto i wahabiti contro la Mecca, e quindi dopo aver quasi costretto il governatore dell’Iran meridionale a entrare in guerra contro i wahabiti per garantire la stabilità regionale, si rivolsero agli iraniani, proponendo degli accordi, in base ai quali essi si impegnavano a garantire la sicurezza delle isole iraniane del Golfo Persico, con navi da guerra e altro. In questo modo però, di fatto si aprivano le porte della regione agli inglesi, che con la scusa della difesa del Bahrain dagli Al Khalifa, quindi in sostegno dei qajaridi, mettevano le loro basi militari nel Golfo Persico.
Tra il 1820, il 1861 e il 1880 furono firmati tra le parti, inglesi e iraniani, degli accordi di apparente cooperazione, ma che erano delle vere e proprie capitolazioni da parte dei qajaridi nei confronti del colonialismo occidentale, cosa che vediamo ancora oggi nel mondo, dove la nuova potenza imperialista, gli USA, promuovono partenariati militari con molte nazioni, che in realtà nascondono veri e propri domini coloniali dei neocolonialisti nei paesi in via di sviluppo o presunti tali. Il tutto era giustificato da parte dei regnanti iraniani, in nome di una sorta di distorto senso di amor patrio: essi infatti sostenevano che se non avessero fatto ciò, gli Al Khalifa o chi per loro avrebbero preso il controllo delle isole del Golfo Persico, visto che l’esercito iraniano non aveva la forza di badare alla propria difesa e a quella dello Stato. Qui notiamo la grande differenza tra l’Iran di allora e l’Iran di oggi, qui notiamo la grande differenza tra un paese debole e uno forte, tra una colonia (di fatto) e un paese indipendente, tra un regime reazionario asservito all’imperialismo e uno rivoluzionario.
Oggi l’Iran ha dimostrato che pur mantenendo la propria indipendenza rispetto al colonialismo occidentale è riuscito a garantire l’integrità territoriale e la propria autonomia, non solo con la guerra degli anni ’80, ma anche con l’intelligente resistenza e la guerra asimmetrica promossa dall’Iran in sostegno di Gaza, del Libano e della Siria; l’Imam Ali (pace su di lui) diceva: “non conoscerà mai la beatitudine colui che combatte col proprio nemico in casa propria“. Nessun paese fuori dal dominio imperialista può permettersi il lusso di aspettare l’arrivo del colonialismo in casa propria per poi cercare di contrattaccare, sarebbe già troppo tardi, come ci insegnano le guerre degli ultimi vent’anni, dalla Jugoslavia fino alla Libia. Non avere un forte deterrente militare, che per i paesi che non hanno armamenti troppo avanzati tecnologicamente, vuol dire non sostenere una politica di guerra asimmetrica, attraverso una rete di resistenza, come fa oggi l’Iran, vuol dire scavarsi la fossa da soli. L’Iran dei qajaridi aveva tutti questi difetti, e quindi per difendersi doveva chinare la testa dinnanzi ai divoratori del mondo: esiste forse un’umiliazione più grande di questa per degli esseri umani coscienziosi? Penso proprio di no.





Tornando invece alla vicenda storica del Bahrain, dopo gli accordi con gli inglesi lungo tutto l’Ottocento, emerse con chiarezza un fatto: gli inglesi avevano sostanzialmente preso il controllo di tutto il Golfo Persico e di tutte le isole, e quindi anche del Bahrain. Ma queste isole che di fatto erano divenute colonie britanniche, formalmente facevano parte del Regno d’Iran, e quindi in teoria, i governatori delle isole e delle province dell’Iran meridionale dovevano essere scelti da Tehran, non da Londra. Ma per via della debolezza del governo iraniano, gli inglesi erano divenuti i veri padroni della regione, e nominavano loro i vari governatori locali. Addirittura tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento gli inglesi non riconobbero più, in modo del tutto unilaterale, la sovranità iraniana sulle isole del Golfo Persico e dichiararono che i governatori locali erano autonomi dal governo di Tehran; ciò valeva quindi anche per il Bahrain, nel quale gli inglesi avevano insediato la famiglia degli Al Khalifa, originaria della Penisola araba, che come avevamo detto prima, aveva antiche mire di espansionismo e voleva impadronirsi del Bahrain. Intanto in Iran negli anni ’20 del XX secolo, c’era stato un cambio di regime, manco a farlo apposta, voluto dagli inglesi, grazie al quale salì al potere Reza Khan Pahlavi, che abolì il dominio qajaride e istaurò la dinastia Pahlavi.
Nei primi anni del suo imperio, Reza Khan tentò di promuovere alcune riforme, che miravano a sedare il caos in Iran vista la grande anarchia imperante, e nel 1927 il governo iraniano si rivolse alla comunità internazionale per protestare contro gli inglesi, e il loro comportamento nel Golfo Persico, che contravveniva agli accordi ottocenteschi. Come spesso accade in questi casi però, la forza del diritto soccombe dinnanzi al diritto della forza, e la potenza bellica inglese costrinse il governo iraniano a fare marcia indietro e a ridimensionare le pretese. Anche qui notiamo come uno Stato debole e di fatto sotto influenza coloniale non possa concretizzare nessuna azione in difesa dei propri interessi nazionali. Tutte le volte che il tuo “padrone” ti minaccia, sei costretto ad assecondarlo. Uno Stato forte e indipendente invece, dinnanzi alle minacce del colonialismo, risponde con veemenza e determinazione.
La Guida della Rivoluzione islamica dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, in un recente discorso ha detto: “se Israele ci attacca raderemo al suolo Tel Aviv e Haifa“. Reza Khan Pahlavi aveva il coraggio di esprimersi in questo modo? Gli attuali vassalli del colonialismo nordamericano in Medio Oriente, hanno il coraggio di esprimersi in questo modo? No, perché per avere il coraggio di esprimersi in questo modo, bisogna in primo luogo essere indipendenti, e poi bisogna essere forti, moralmente prima e materialmente poi.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’Iran cercò di ripristinare una sua sovranità effettiva sul Bahrain, che in teoria e in base agli accordi ottocenteschi tra Iran e Inghilterra apparteneva ancora in tutto e per tutto al Regno d’Iran, e negli anni ’50 il Bahrain venne solennemente proclamato come quattordicesima regione del Regno; gli iraniani chiesero quindi alla famiglia Al Khalifa di riconoscersi come governatori del Bahrain per conto dell’Iran, e non come vassalli degli inglesi, cosa che effettivamente erano. Il governo iraniano però negli anni ’60 cambiò clamorosamente politica al riguardo, e il sovrano, l’ultimo della dinastia Pahlavi, ovvero Mohammad Reza, dichiarò pubblicamente che il Bahrain era uno Stato autonomo, dimostrando ancora una volta, la propria indifferenza nei confronti degli interessi nazionali iraniani. Infine, nel 1970, fu organizzato un referendum molto ambiguo, col quale il Bahrain, con il consenso del governo iraniano e di quello inglese, si proclamava Stato indipendente dall’Iran, e ciò veniva sancito anche dalle Nazioni Unite; interessante notare che se le Nazioni Unite riconobbero tutto ciò in modo ufficiale nel 1970, evidentemente sino ad allora il Bahrain non aveva uno status di nazione indipendente, cosa che implicitamente, dimostra l’appartenenza di questa isola, anche secondo il diritto internazionale all’Iran, almeno fino a quella data.







 Per cui, nel 1970, si completava quel declino dell’Iran, iniziato coi qajaridi nella seconda metà del Settecento: i qajaridi svendettero l’Iran principalmente a nord, perdendo il Caucaso, e i Pahlavi “regalarono” il Bahrain agli americani, essendo oggi questo Stato in tutto e per tutto una colonia degli USA, con la presenza della più importante base navale americana in Medio Oriente, proprio nelle vicinanze di Manama, capitale del Regno del Bahrain, governato dalla famiglia Al Khalifa.
La Rivoluzione islamica dell’Iran ha avuto quindi il merito di fermare questa continua emorragia di territori iraniani, emorragia che poteva continuare ancora oggi, ma che, grazie alla Rivoluzione e ai martiri, si è interrotta. Il Bahrain invece vive un momento delicato, con le pacifiche rivolte antiregime che hanno infiammato l’isola negli ultimi due anni, e con l’ingerenza militare dell’Arabia Saudita, che attraverso un’azione “fraterna”, vuole evitare il crollo di un regime legato non solo a Washington, ma anche agli Al Saud. Il crollo degli Al Khalifa indebolirebbe parecchio le mire imperialiste americane e avvantaggerebbe ulteriormente gli iraniani, concentrati nelle creazione di un blocco regionale forte, dal Mediterraneo orientale all’Oceano Indiano settentrionale. Il Bahrain è un paese piccolo, con poco più di un milione di abitanti, ma importante strategicamente; è una portaerei naturale nel cuore del Golfo Persico, fonte di energia per il mondo, sia per l’Occidente che per le economie emergenti dell’Asia. In questa macroarea, da Beirut al Bahrain, si giocano gli equilibri globali del XXI secolo.







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