Palestina e blocchi geopolitici



Renato Maffei

La Giornata di Quds (Gerusalemme) ci offre lo spunto per svolgere alcune brevi considerazioni riguardo la situazione, in generale, della Palestina e di come essa venga percepita, come con un attento e calibrato gioco viene fatta intendere, venga ora narrata al di fuori della Palestina stessa in quelli che possiamo, e che vogliamo delineare, come i tre blocchi che più o meno contrapposti si ergono nell’arena geopolitica globale, mondiale.
Innanzitutto, però cerchiamo di spiegare cosa è la Giornata di Quds. Questa ricorrenza venne posta in essere, ”fondata” dall’Imam Khomeyni nel 1979 con la proclamazione dell’ultimo venerdì di Ramadan, mese che i musulmani dedicano al digiuno dall’alba al tramonto e alla purificazione spirituale, quale Giornata di Quds, giorno di Gerusalemme. Intendeva con la sopracitata proclamazione sensibilizzare le nazioni e i popoli musulmani riguardo alla questione palestinese, e al fatto di come i sionisti stettero e stanno sempre più ebraicizzando (addirittura essi -, con il beneplacito di tutta la stampa occidentale, ma anche dei libri di testo nelle scuole - la considerano loro capitale) questa città santa per cristiani e musulmani e di come la stanno appunto ripulendo dalla presenza di appartenenti a queste due religioni. Da quel giorno, ogni anno, nei paesi musulmani ma anche in molti paesi non musulmani, vengono organizzate manifestazioni, sit-in, conferenze, per mostrare il proprio appoggio al popolo palestinese e la condanna del sionismo e della politica israeliana. Penso siano noti un po’ a tutti i tentativi che, visti in un ottica escatologica aprono segnali inquietanti (il soffio di Satana…) da parte di gruppi ebraici di voler ricostruire il tempio di Salomone, con la susseguente distruzione della moschea di Al-Aqsa (luogo da dove il Profeta Muhammad ascese al cielo, e dunque luogo fondante per i musulmani) e la cupola della roccia (moschea edificata da Omar, secondo califfo dell’Islam), l’altro luogo di culto ivi presente. Addirittura anche secondo le tradizioni rabbiniche, ricostruire il tempio prima della fine dei tempi (scusate il gioco di parole..), prima dell’arrivo del Messia è un atto prettamente controiniziatico, una sorta di hyblis ovvero di peccato contro Dio.(1) Sarà appunto il Messia, dopo la sua parusia che permetterà la riedificazione del tempio. Voler con un atto umano sostituirsi a Dio è, fondamentalmente, quello che possiamo chiamare, con un termine magari abusato, satanismo. En passant, ricordiamo inoltre (questa questione l’affronteremo meglio, magari in un altro articolo) come la maggior parte degli ebrei attuali non siano i discendenti di coloro i quali stavano in Palestina migliaia di anni fa, ma invece abbiano origine dai kazari, una tribù turca che dopo essersi convertita all’ebraismo nell’ottavo secolo si diresse verso l’Europa (2). E’ superfluo notare che il sionismo, movimento nato in Europa alla fine dell’ottocento ebbe, per forza di cose, come suoi fondatori ebrei europei askenaziti, i diretti disendenti di quelle tribù turche.
L’Imam Khomeyni, con la proclamazione dell’ultimo venerdì di Ramadan quale Giornata di Quds, metteva dunque in guardia i musulmani dal pericolo rappresentato dal sionismo, di come esso fosse il principale problema per i popoli musulmani ma anche per gli altri popoli del mondo, e di come i legittimi e irrinunciabili diritti del popolo palestinese non dovessero mai venire dimenticati, relegati in un angolo, magari buio, della storia.
Questa piccola introduzione ha cercato di spiegare, in modo abbastanza sommario, cosa sia la Giornata diQuds. Veniamo dunque ora al nostro argomento, l’esistenza di tre blocchi geopolitici nel mondo e come viene vista la questione palestinese in ognuno di essi.
Il primo grande insieme geopolitico che vogliamo prendere in considerazioni è quello che possiamo definire blocco occidentale, che al di là magari di qualche lieve differenza interna, comprende quasi tutta l’Europa, il Canada, gli Stati Uniti, l’entità sionista, il Giappone, l’Austaralia e la Nuova Zelanda più, attualmente, ahimè, alcuni Stati arabi quali Arabia Saudita, Qatar e altre petromonarchie. La Turchia invece alterna posizioni coincidenti con questa alleanza con posizioni che la farebbe appartenere al secondo gruppo che analizzeremo. All’interno di questa, attuale, alleanza predomina una politica sostanzialmente coincidente con gli interessi dell’entità sionista.
Gli Stati Uniti, - New York è la città al mondo con il maggior numero di ebrei, più di Tel Aviv - sono da sempre, grazie anche alla loro pseudo religiosità apocalittico-protestante-sionista, il braccio armato di quest’ultima.
Tanto è vero che parecchi ricercatori utilizzano il termine Usraele onde definire questa alleanza. Le dita della stessa mano. L’Europa occidentale oggi si pone, si sovrappone in maniera identica, fondamentalmente, con le stesse parole d’ordine, in questa storia d’amore fra Stati Uniti e entità sionista. Certo, in passato non era così…Se la Francia, creò, diede una grossa mano alla creazione della bomba atomica sionista (la vera minaccia per i popoli del mondo) è altrettanto vero però che a partire all’incirca dagli anni settanta prese una posizione più equilibrata riguardo il contenzionso palestinese. Possiamo affermare la stessa cosa per quanto riguarda anche l’Italia: fino a pochi anni fa quest’ultima nazione poteva essere considerata come quella più vicina all’OLP e ai diritti legittimi del popolo palestinese.
Possiamo tranquillamente affermare che, con l’inizio di quella che viene chiamata “Seconda Repubblica” e che ha visto come protagonisti della scena politica o individui senza una ben precisa connotazione ideologica, o maschere con un passato da farsi perdonare (gli ex PCI, gli ex MSI e gli ex DC), l’Italia ha completamente (i tentativi di Berlusconi in merito appaiono, al di là della buona fede o meno, comunque vellleitari: basti pensare al caso della Libia dove in meno di due anni dai baciamano si è passati al massacro del popolo libico attuato con il concorso dei “nostri ragazzi” - il 90% degli attacchi alla Jamahiriya partiva dall’Italia-) dimenticato qualsiasi, seppur piccolo, ruolo autonomo in politica estera e soprattutto nei riguardi del problema palestinese. Anni luce sembrano essere passati da quando Craxi in un discorso alla Camera paragonava i guerriglieri palestinesi con le figure più importanti del Risorgimento italiano e legittimava in quella sede l’utilizzo della lotta armata da parte dei fedayn, o come quando, forse nell’unico sussulto di dignità e indipendenza nazionale dal 1945 in poi, faceva circondare la base americana di Sigonella onde far liberare Abu Abbas e altri membri del Fronte di Liberazione della Palestina lì rapiti e sequestrati con un atto di pirateria aerea dai soldati statunitensi stanziati in quella base. E, in effetti, tutti abbiamo potuto vedere la fine di quello che secondo noi è stato l’ultimo uomo politico espresso dall’Italia. Anni luce appaiono, ancora, sembrano essere passati dalle innumerevoli risposte negative che Aldo Moro sia come Primo Ministro che come Ministro degli Esteri diede agli staunitensi circa l’utilizzo delle basi Nato in Italia onde supportare l’entità sionista. Anche lui abbiamo visto che fine ha fatto…(3)
In pochi anni, circa una quindicina (l’evento fondamentale, comunque, è stato l’11 settembre 2001) possiamo tranquillamente affermare che la percezione nell’Europa occidentale, e di molti Stati di quella ex orientale, del problema palestinese è venuta a collimare con l’identica visione di Stati Uniti ed entità sionista. Se pensiamo a come quasi tutta la sinistra parteggiava con l’Intifada palestinese solo due decenni fa circa e vediamo oggi qual è la posizione della maggior parte delle sinistre europe non possiamo anche in questo caso non notare il totale allineamento sulle posizioni sioniste.
Come dicevamo in un precedente articolo, la riduzione del musulmano (e dunque anche del palestinese) ad una sorta di entità subumana, animale, in ogni altra da noi, oltre che essere appannaggio delle masse inebetite e stordite dalla propaganda massmediatica, ha colpito e raggiunto anche, quasi tutti, quei movimenti che sino a pochi anni fa indubitabilmente prendevano posizione a favore dei legittimi diritti del popolo palestinese. Purtroppo è un dato di fatto: i palestinesi “stavano simpatici” quando erano laici, quando si abbeveravano alla putride fonti ideologiche sgorgate dall’illuminismo, quando avevano accolto in sé i peggiori “prodotti” ideologici dell’Occidente ateo e materialista. Ora, da vasti settori di quella sinistra che, come dicevamo, sosteneva l’intifada, il palestinese non viene più capito, non è più compreso, insomma è divenuto un qualcosa con cui noi “bravi borghesi illuminati” non abbiamo nulla con cui spartire.
Il fatto che il popolo palestinese , nella sua quasi interezza (naturalmente ci riferiamo anche a tutti i profughi), abbia optato o meglio sia ritornato al proprio bagaglio religioso, politico e dottrinale (l’Islam, anche se, come specificheremo più avanti, a volte questo non si traduce in concrete e chiare prese di posizioni politiche) ha in qualche modo scosso, scombussolato la testa di quegli amici della Palestina che, imprigionati nelle loro catene razziste di pregiudizio eurocentrista, pensavano, magari, di dover loro in nome dei principi del “mondo moderno”, insegnar qualcosa ai palestinesi stessi. Costoro, per così dire, sono rimasti spiazzati: non vi erano più popolazioni ansiose di apprendere i dettami illuministi ma solo fedeli i quali volevano tornare a Dio, abbeverarsi alle acque pure del Corano, e non impantanarsi nel fango ideologico marxista, laicista ecc.
D’altronde (non mettiamo in dubbio la buona fede di certi amici della Palestina, sia chiaro) questo approccio a qualsiasi problematica mondiale, ovvero “io parteggio per la tua lotta, ma mi considero superiore a te e voglio insegnarti la bellezza dei sacri principi libertà-uguglianza-fraternità”, non è altro che una delle facce delle medesima medaglia di coloro i quali vogliono appunto esportare la democrazia ed in nome di questa crociata ideologica, compiono i più efferati massacri, sterminano interi popoli, fomentano colpi di Stato, o sponsorizzano cosiddette rivolte interne, le quali non sono altro che l’opera di mercenari stranieri infiltrati nella nazione da colpire. Bastava vedere come tutta questa sinistra plaudiva ai massacri compiti contro il popolo libico dalla Nato credendo, magari appunto in buona fede, alla favola hollywoodiana del feroce, stravagante, non laico, non razionalista, non illuminista dittatore che fa uccidere, sterminare il proprio popolo.
Le considerazioni qui esposte valgono per la sinistra di tutti i paesi del blocco occidentale alleato dei sionisti. Dicevamo però che all’interno di questa alleanza vi sono anche paesi arabi, come Arabia Saudita e Qatar, e in parte la Turchia. In questo caso si è fatto sì (questa operazione è rivolta a tutte le masse musulmane) attraverso un uso oculato e, possiamo anche dire spregiudicato, dei mezzi di informazione, che, come avvenne negli anni ‘80, la questione palestinese non dovesse essere più sentita nell’immaginario collettivo dei fedeli musulmani la principale questione riguardante l’ummah islamica, ma un problema in fondo solo dei palestinesi. Vediamo, dunque, all’opera molti di quegli attori che, seguendo i dettami della politica estera statunitense, indirizzarono negli anni ‘80 l’interesse delle masse musulmane, non più verso il problema della Palestina, ma invece sulla cosiddetta invasione russa dell’Afghanistan. Oggi come allora, si invoca l’unione della ummah non per ridare la terra espropriata al popolo palestinese ma contro un falso nemico, una diversione strategica: l’Afghanistan ieri, la Siria oggi.
Purtroppo, è un dato di fatto che ci addolora molto, ma è una constatazione facilmente percepibile: agli occhi del musulmano (anche in questo caso vi sono eccezioni…) medio la cacciata del Presidente Assad, la fine della Siria socialista, è divenuta la questione fondamentale per la ummah islamica. I sionisti, possiamo dire, festeggiano: oltre a tentare di far cadere uno Stato a loro sempre ostile, son riusciti ad indirizzare le energie militanti dei popoli musulmani su un falso obiettivo, di più, contro un loro acerrimo nemico.
E abbiamo come soldataglia di questa sporca, subdola, viscida, veramente satanica operazione gli stessi tristi figuri, da sempre alleati degli Stati Uniti d’America, che allora reclutavano volontari per cacciare i comunisti senza Dio da una nazione dell’ummah Islamica e che adesso agiscono nella stessa, vergognosa, identica maniera allo scopo di cacciare l’“eretico alawita Assad” dal governo della Siria. Mai che costoro abbiamo mosso un dito unto del loro petrolio onde tentare di sconfiggere, o quanto meno contrastare l’entità sionista. No, il nemico per costoro è un altro…ieri era il  governo di Najibullah, oggi la Siria baathista! Guarda caso, in linea con i dettami della politica estera statunitense-occidentale e sionista.(4)
Oggi, indubbiamente, sia all’interno di vasti settori dell’ummah islamica, plagiati, strumentalizzati che nella pressocchè totalità delle masse occidentali, seppure con diverse sfumature, la questione Palestinese da un lato ha assunto un ruolo secondario, dall’altro invece viene vista con acerrimo odio inglobando il popolo palestinese all’interno degli schemi, voluti a Tel Aviv e messi in pratica a Washington, della cosiddetta “guerra globale al terrorismo”. “I veri sconvolgimenti non sono quelli che ci riempiono di stupore per la loro vastità o violenza. I soli cambiamenti importanti - quelli che consentono il rinnovarsi (o il degradarsi ndr) delle civiltà - avvengono nelle opinioni, nei concetti, nelle credenze.”(5)
Abbiamo tentato in queste note di delineare il quadro politico e della percezione dell’importanza della Palestina all’interno sia dei governi che nel sentire comuni dei popoli appartenenti al blocco occidentalista, al blocco alleato dell’entità sionista e degli Stati Uniti: la situazione come dicevamo appena sopra, anche a costo di ripeterci, è quella che vede o l’affievolirsi di questo problema, nei cuori, nella mente delle persone (il caso di molti musulmani), per essere stato sostituito dalla lotta contro i vari dittatori e dall’amore per le “primavere arabe”, e invece una aperta ostilità, se non odio, verso la questione palestinese agli occhi del cittadino occidentale medio. Per quanto riguarda i governi facenti parte di questa alleanza la situazione è la medesima: indifferenza da un lato (le petrolmonarchie più in parte la Turchia e altre nazioni arabe) e odio, ostilità dall’altro (USA, la maggior parte governi europei, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone più, non poteva essere il contrario, l’entità sionista: insomma la cosiddetta “comunità internazionale”).
Il secondo blocco geopolitico che si affaccia nell’agone della politica mondiale è quello rappresentato dai paesi del cosiddetto BRICS (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica) più molti altri paesi dell’America Latina (l’Argentina su tutti), la maggior parte delle nazioni africane e asiatiche. Questo blocco, non ancora alleanza strategica come il primo, si pone nei confronti delle rivendicazioni dei legittimi diritti del popolo palestinese in una posizione che sembra in qualche modo ricalcare quella dei governi italiani negli anni ‘70 e ’80, con il riconoscimento della legittimità della lotta e delle rivendicazioni del popolo palestinese e un appoggio a esso con iniziative di tipo sociale, diplomatico ecc. Secondo noi, appoggiare oggi il popolo palestinese vuol dire, come hanno fatto Russia e Cina, porre il veto all’Onu contro una qualsiasi risoluzione di quell’organo plutocratico, voluto dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale, tendente a prospettare e avallare una guerra di aggressione contro la Siria socialista.
Soprattutto i paesi BRICS sembrano oggi formare qualcosa di più di una mera alleanza dettata da interessi economici ma anche ad avviare tutta una serie di prese di posizioni comuni nei confronti delle più svariate questioni internazionali. Sarà l’unico loro modo per non farsi schiacciare dai paesi, sempre più immersi in un declino economico, morale, etico, di costumi ecc..del primo blocco.
E veniamo, per finire, alle nazioni appartenenti all’ultima alleanza che chiameremo, quelli facenti parte di quella che noi chiamiamo alleanza globale all’imperialismo e che vede come suoi due protagonisti principali la Repubblica Islamica dell’Iran e la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Oltre a queste due nazioni abbiamo la Repubblica Araba di Siria, la Cuba socialista, il Nicaragua sandinista, la Bolivia di Evo Morales, la Corea del Nord, più altri paesi dell’Africa e dell’Asia che in qualche modo oscillano fra questa alleanza e e il secondo blocco geopolitico da noi delineato. Questa alleanza assume una chiara e netta (anche qui abbiamo, come sempre d’altronde, sfumature diverse) precisa posizione per quanto riguarda il problema palestinese: un chiaro e forte appoggio alle rivendicazioni di questo eroico popolo. E’ interessante notare come facciano parte della resistenza globale all’imperialismo, oltre ai sopracitati paesi, anche altri “protagonisti”, “attori”: quasi tutte le opinioni pubbliche appartenenti al secondo blocco, la resistenza armata libanese di Hezbollah, il Jihad Islamico Palestinese, il FPLP-cg e altri piccoli gruppi sempre palestinesi più tutta una serie di movimenti e organizzazioni sociali facenti parte delle nazioni del secondo e del primo blocco, anche se, in verità, quelli nelle nazioni della prima alleanza, di scarso peso numerico, e con un piccolissimo seguito presso l’opinione pubblica.
Per quanto riguarda, invece, i principali protagonisti di questo dramma, i Palestinesi, dobbiamo purtroppo segnalare come essi siamo fortemente divisi la loro interno riguardo a quale alleanza a cui guardare: da Al-Fatah e più in generale l’ANP, schierato su posizioni capitolazioniste (comunque non da ora…) coincidenti con le politiche estere dei paesi arabi facenti capo al primo blocco (accettazione di una parziale autonomia amministrativa su circa il 15% della Palestina Occupata); al movimento Hamas che vive oggi fortissime discussioni al suo interno, il quale si sta sempre più spostando verso la rinuncia alla lotta per la liberazione di tutta la Palestina,  seguendo in questo i consigli di Arabia Saudita e Qatar i quali pongono l’accento su una parziale applicazione delle risoluzioni ONU (se questo movimento fino a pochi anni fa poteva essere posto all’interno del terzo blocco, oggi non è più così. Hamas sta scivolando sempre più verso le limacciose acque della prima alleanza); al Jihad Islamico, il FPLP-cg, più altri gruppi minori organici invece all’interno del blocco della resistenza globale all’imperialismo (naturalmente la maggior parte dei profughi palestinesi sparsi per il mondo, dimenticati dai vari accordi realizzati da Al-Fatah e ANP) i quali pongono, anche solo come principio, la liberazione di tutta la Palestina e la creazione di un unico Stato che si chiamerà Palestina e che avrà Gerusalemme (Quds) come sua capitale, nazione che andrà dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano.
Come abbiamo potuto vedere la situazione è comunque abbastanza fluida, son poche le certezze: chi pensava qualche anno fa che l’Iraq sarebbe divenuto ora uno dei principali alleati della Repubblica Islamica dell’Iran e della Repubblica Araba di Siria e chi invece si sarebbe mai immaginato che la Turchia prendesse una posizione coincidente con i dettami delle nazioni occidentali e delle petrolmonarchie? Comunque possiamo tranquillamente affermare che la lotta che si sta svolgendo ora in Siria rappresenti una sorta di spartiacque che ci mostra in maniera chiara, netta, limpida, chi sta con la resistenza globale all’imperialismo e chi sta con le potenze imperialiste. In questo caso vediamo come le potenze del primo blocco siano loro ad essere in minoranza, essendosi creata una alleanza fra il secondo blocco e i paesi appartenenti al terzo raggruppamento.
Concludendo, riaffermiamo che l’appoggio o meno al legittimo governo siriano oggi rappresenta, in maniera chiara, inequivocabile, indubitabile, lo spartiacque fra chi sta con la resistenza globale all’imperialismo e ai suoi piani egemonici di dominio mondiale e chi invece con quest’ultimo.

NOTE
1) Per quanto riguarda questo argomento e più nello specifico i tentativi di ricostruire il tempio si veda: Maurizio Blondet “I fanatici dell’Apocalisse”, Il Cerchio Edizioni, Rimini, 2002.
2) Vedasi: Claudio Mutti “Chi sono gli antenati degli ebrei”
3) Questo naturalmente non significa, come fanno taluni, attribuire per forza una paternità atlantica e americana toutcourt alle Brigate Rosse. Più probabilmte, si possono ipotizzare, invece varie diversioni strategiche compiute contro di esse onde farle compiere determinati atti o indirizzarle verso certi obiettivi coincidenti, come nel caso di Aldo Moro, con gli interessi dell’entità sionista. E’ comunque un dato di fatto che i quattro principali protagonisti della politica italiana, attenti alle ragioni economico politiche degli stati arabi e musulmani abbiano comunque tutti il medesimo destino: o la morte politica (Craxi, Andreotti) o la morte fiscica (Mattei, Moro).
4) Il dibattito riguardo la bontà o meno del governo afghano degli anni 80 è, comunque, aperto. Notiamo comunque, en passant, come quel governo sia rimpianto oggi da moltissimi afghani…
5) Gustave Le Bon “Psicologia delle folle”, Longanesi, Milano 1980, pag. 31.


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