Intervista all’Hujjatulislam Abbas Di Palma (Eurasia)*

Intervista all’Hujjatulislam Abbas Di Palma (Eurasia)*

I musulmani sciiti sono circa centoventi milioni, appartengono a varie nazionalità e risiedono in diversi paesi. E’ possibile nonostante ciò, caratterizzare la posizione che gli sciiti assumono nei riguardi dell’Islam sunnita?
I musulmani sciiti hanno da sempre rappresentato una minoranza in seno alla comunità islamica. Le differenze tra sciiti e sunniti sono di natura dottrinale, storica e giuridica. D’altra parte è anche vero che divergenze di questo tipo siano presenti tra vari gruppi appartenenti all’Islam maggioritario, ossia quello sunnita. Per esempio vi sono divergenze dottrinali tra Ashariti, Mutaziliti, Deobandi, Barelvi, eccetera, divergenze storiche tra Ahl al-Hadith e altri gruppi, e divergenze giuridiche tra Hanafiti, Malikiti, Hanbaliti, Shafiiti, eccetera. Nonostante questo nel corso della storia, più che altro per motivi politici, si sono prevalentemente enfatizzate le differenze tra sunniti e sciiti. Tutto ciò aveva forse una sua logica quando a contendersi l’egemonia geopolitica del Vicino Oriente e di parte dell’Africa e dell’Europa erano gli Abbassidi sunniti e i Fatimidi sciiti oppure, in epoca più tarda, gli Ottomani sunniti e i Safavidi sciiti. Inutile negare che la suddetta situazione fu certamente causata dall’allontanamento dei musulmani dagli insegnamenti islamici. Il sacro Corano, senza mezzi termini, dichiara: “Aggrappatevi tutti quanti alla corda di Dio e non dividetevi!” (3:103). Ora, quello che sostengo non è l’azzeramento delle divergenze che esistono tra le due scuole, né la rinuncia da parte di esse alla propria identità confessionale, culturale e spirituale: sarebbe impossibile e le presenti circostanze non lo permetterebbero. Seppur vero che l’Islam sia una religione universale, definita da alcuni addirittura come la religione per antonomasia, per ogni luogo e per ogni tempo, perfettamente in armonia con qualsiasi tipo di bagaglio culturale individui e popoli si portino appresso, esso non si prefigge l’annullamento dei raggiungimenti materiali, intellettuali e spirituali di alcuna nazione o popolazione. Non è un caso che nel sacro Corano vien detto: “Invero Dio non cambia la condizione di un popolo finché questo non cambia quanto vi è in sé stesso” (13:11). Esistono comunque dei doveri a cui la comunità islamica, nella sua totalità, deve attenersi. Ogni musulmano crede nel Corano in quanto parola di Dio e quindi deve sforzarsi di creare una comunità basata sui principi da esso delineati. Il sacro Corano è la vera forza dell’Islam ed è proprio il sacro Corano, con i suoi principi di unità e giustizia, ad essere temuto dai nemici dell’Islam, dai guerrafondai e dai fomentatori di instabilità in ogni regione del mondo. E’ naturale poi che all’interno della comunità islamica vi siano differenze teologiche di vario tipo le quali devono essere studiate, analizzate e discusse in ambito teologico o comunque in un ambiente fraterno in cui regni la pace e la serenità auspicate dal sacro Corano stesso. Tutte le guide e le autorità religiose sciite hanno dichiarato i fratelli sunniti musulmani a tutti gli effetti e pertanto il loro sangue, proprietà ed onore è sacro e inviolabile. Si potrebbero fare moltissimi nomi di celebri autorità religiose sciite, dai tempi antichi fino ad oggi, fautrici di questo punto di vista.
Ritiene che la storica controversia tra sunniti e sciiti venga attualmente alimentata in maniera artificiosa, al fine di mantenere il mondo musulmano in uno stato di divisione utile all’egemonia atlantica e sionista?
Senza dubbio. Sono ormai decenni che istituti americani e sionisti finanziano università, dipartimenti e centri di ricerca sull’Islam e il Vicino Oriente apparentemente e pubblicamente senza fini politici ma che di fatto analizzano gli eventi e la situazione nei paesi islamici con l’intento di indebolirne l’assetto sotto il profilo tecnico, intellettuale e culturale, per non parlare ovviamente di quello spirituale. Grazie ai risultati delle analisi di questi istituti, i centri di manovra americano-sionisti sono giunti alla conclusione che il modo più efficace per soggiogare i paesi islamici è quello di alimentare i conflitti interni tra sunniti e sciiti attraverso la propaganda e l’indottrinamento delle masse da parte di agenti da loro prezzolati a dovere. Comunque non bisogna essere degli esperti analisti per identificare chi sostiene chi e perché… Israele infatti è il maggiore beneficiario di tutta questa situazione il quale vorrebbe trovarsi con sempre meno rivali che lo ostacolino nel suo percorso di dominio della regione e non solo. Certo, non tutti gli agenti utilizzati per i fini sionisti, soprattutto molti appartenenti alle classi medio-basse, sono coscienti di quanto avviene su larga scala e non hanno chiaro il disegno di egemonia globale per il quale stanno inconsciamente lavorando. La sincerità nel compiere le azioni non è però sufficiente quando si pecca di ignoranza e si diventa uno strumento nelle mani degli oppressori. Degno di nota è inoltre il fatto che la quasi totalità dei sobillatori delle sedizioni e discordie nel mondo islamico risiede in Occidente o in paesi da esso sostenuti: si tratta dei veri predicatori di odio e della causa di tanto sangue versato in nome di una presunta ortodossia religiosa. Purtroppo c’è chi ha fatto della propria religione una mera questione ideologica o di appartenenza, c’è chi dichiarandosi sciita predica l’odio contro i sunniti ed è causa dei massacri degli stessi sciiti, chi invece dichiarandosi sunnita predica l’odio contro gli sciiti ed è causa del dominio imperialista nelle terre islamiche e delle sue efferatezze che poco o niente hanno di umano. In realtà non vi è niente di più lontano dall’Islam di queste attitudini nocive e velenose. Conosciamo bene i nostri fratelli sunniti, sappiamo con chi possiamo parlare e di chi fidarci dall’Europa fino all’Afghanistan, e senza dubbio anche grazie a loro che l’Islam continua a resistere alle varie aggressioni militari e culturali dei paesi paladini della democrazia e dei diritti umani. Sia chiaro inoltre che questa non è una posizione strategica o pragmatica bensì una questione di principio direttamente correlata al tawhid (monoteismo o unicità divina) il quale non promuove divisioni all’interno di una società o comunità poiché esse rappresentano, o perlomeno dovrebbero rappresentare, la manifestazione più esplicita dell’unità che viene testimoniata in tutte le cose.
Che ruolo oggettivo svolgono, a Suo parere, le correnti wahabita e salafita e movimenti e gruppi che ad esse si ispirano? Quale rapporto esiste tra le ideologie eterodosse del cosiddetto “islamismo” e la loro palese collaborazione con le centrali dell’imperialismo statunitense?
La corrente cosiddetta wahabita sin dalle sue origini è stata sostenuta da forze imperialiste, in origine contro gli Ottomani e oggi contro le popolazioni musulmane su più larga scala. Questo non significa che tutti i movimenti di stampo wahabita tengano in simpatia l’Occidente e anzi spesso si tratta proprio del contrario. Pare quindi che i due gruppi siano per adesso soddisfatti di applicare la filosofia del “reciproco utilizzo”. L’imperialismo sfrutta i movimenti wahabiti per creare instabilità nelle regioni musulmane ed indebolire quei paesi ancora liberi mentre i wahabiti utilizzano il sostegno e l’appoggio degli imperialisti con la speranza di realizzare un giorno il loro sogno di vedere finalmente uno Stato islamico così come loro lo concepiscono. Inoltre nella maggior parte dei movimenti militanti wahabiti sobillati direttamente o indirettamente dall’Occidente, nel loro semplice ma crudele modo di agire si intravede qualcosa che va al di là del semplice aspetto ideologico o politico: è qualcosa di violento, ma diabolico e sacrilego al tempo stesso. Senza dubbio l’Arabia Saudita, pur essendo essa stessa bersaglio delle critiche di molti wahabiti, ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione e nel rafforzamento di questi gruppi, a volte difficilmente controllabili ma pur sempre malleabili per il raggiungimento di determinati fini, e non è sorprendente che goda dell’appoggio occidentale. Noi siamo comunque persone credenti e religiose e confidiamo che le porte della misericordia e del ritorno a Dio non siano chiuse ed è nostro dovere cogliere a braccia aperte chi sinceramente ritorni sul cammino segnato da Dio. Capisco che l’intero scenario internazionale sia assai complesso e che il nemico non sia affatto ingenuo, ma è nostro dovere quando si è discordi in qualcosa fare riferimento a Dio e al Suo profeta: “Se siete discordi in qualcosa fate riferimento a Dio e al Suo profeta” (4:59). Quando il grande Imam e Califfo ‘Ali Ibn Abi Talib, che la pace sia con lui, nominò Malik al-Ashtar governante d’Egitto e gli spiegò circa questo nobile versetto che “fare riferimento a Dio” significa attenersi ai versetti coranici espliciti mentre fare “riferimento al profeta” significa agire secondo quegli aspetti della sua tradizione accettati all’unanimità dai membri della comunità islamica. Quanto a Dio, Egli afferma nel Suo Libro: “O voi che credete! Quando incontrate una schiera nemica siate saldi e ricordate molto Dio affinché prosperiate. Obbedite a Dio e al Suo messaggero, non siate discordi che altrimenti vi scoraggereste e verrebbe meno la vostra risolutezza, e siate pazienti. Invero Dio è con i pazienti” (8:45-46). Quanto invece alla tradizione profetica accettata all’unanimità, si tratta del dovere di combattere la miscredenza in ispecie quando si manifesta sotto forma di palese ingiustizia. Essere una pedina in mano a Stati Uniti e Israele, indipendentemente da quali possano essere le proprie intenzioni, non è certo quanto di più consono vi sia nel Corano e nella Sunna. Se solo questo semplice ed evidente punto fosse chiaro a tutti i musulmani, già vivremmo in un mondo migliore e tanto sangue innocente verrebbe risparmiato.

Qual è la risposta dell’Islam sciita alla teoria statunitense dello “scontro di civiltà”?
Personalmente non ho mai creduto nell’esistenza di alcuno scontro tra civiltà. Innanzitutto non mi risulta che gli Stati Uniti d’America abbiano mai avuto o preservato alcuna cultura, figuriamoci quindi se si può parlare di civiltà… Piuttosto l’America è promotrice di una “non-cultura”, uno stato di “non-essere” filosoficamente parlando, che non potrà mai “affermarsi” se non dopo l’annullamento e la distruzione di tutte le culture e civiltà esistenti. Degno di nota è che in filosofia il “nulla” o il “non-essere” è quanto di più lontano ci possa essere da Dio che invece è l’Essere per eccellenza. Lo scontro è quindi tra la civiltà da un lato (rappresentata dalla sapienza, dalla cultura, dalla spiritualità, eccetera) e la barbarie dall’altro (rappresentata dall’offuscamento del pensiero, dalla mancanza dei valori, da immoralità, eccetera). Detto questo, è doveroso però ribadire che per “Stati Uniti d’America” non intendo riferirmi al singolo cittadino americano, tante volte anch’esso cosciente della situazione internazionale e di quello che l’amministrazione del suo paese sta progettando ai danni delle persone ancora di buona volontà. Piuttosto l’allusione riguarda quello che le persone religiose definiscono “il grande satana”: un sistema e una struttura manovrata da un volere sottile alla cui radice si situa il sentimento dell’arroganza, che è proprio il peccato originale di Satana, secondo quanto ci dicono le Scritture, quando si rifiutò di prostrarsi innanzi ad Adamo. L’arroganza è quanto di più antitetico vi possa essere al significato di “abbandono”, che è il significato letterale di “Islam”, ed è quindi normale che vi sia uno scontro tra chi coltiva una di queste caratteristiche e chi invece ne coltiva l’altra. Si tratta dell’inevitabile scontro tra le forze del bene e quelle del male, come è stato detto da celebri personalità religiose e spirituali e che altri traducono come lo scontro tra verità e falsità, giustizia e oppressione, realtà e inganno, eccetera. Sia chiaro però che questo scontro non è affatto cercato e voluto. La persona di fede soffre nel testimoniare la mancanza di cognizione di certi individui e per questo cerca di guidarli nei limiti delle sue possibilità e disposizioni naturali. Anche quando purtroppo la suddetta mancanza di cognizione diventa insopportabile per una cerchia ristretta di credenti, a questi è chiesto di pazientare e cercare di riportare le pecore smarrite al loro gregge. Si giunge però a un punto in cui un’intera società viene messa in pericolo, l’anormale viene percepito come normale e viceversa, il giusto e lo sbagliato diventano concetti del tutto relativi; ecco dunque che una reazione viene legittimamente richiesta poiché porgere l’altra guancia, in questo caso, significherebbe accettare passivamente quanto di più ignobile l’uomo possa produrre. Il fatto che quando si parla di scontro di civiltà non ci si voglia direttamente riferire ad uno scontro militare non cancella la necessità di una sana reazione sotto il profilo materiale, intellettuale, culturale e spirituale. Si tratta di un’importante sfida anche per lo stesso mondo islamico: seguire il modello americano e le sue lusinghe imitando tutte le sue trovate oppure rimanere indipendenti da tutto ciò e sostenere un sistema alternativo incontaminato da uno invece già precipitato nell’abisso del collasso.

Quali sono le relazioni della Scia duodecimana con i gruppi sciiti minoritari, come gl’ismaeliti, gli zayditi, gli alawiti ecc.?
In un certo senso i gruppi sciiti non duodecimani sono “orfani della Scia” che per motivi storici e culturali non hanno avuto la benedizione di poter completamente attingere dalla Tradizione nella sua integrità. Essi hanno comunque ricevuto una parte della conoscenza religiosa che, se Dio vuole, avranno l’opportunità di ampliare. A dire il vero Dio è il Conoscitore di ogni cosa e la Sua conoscenza non ha limiti poiché Egli è l’Infinito. La nostra conoscenza è invece limitata seppur sempre soggetta a crescita e miglioramento. Ognuno di noi vive la sua religione in maniera peculiare e ognuno di noi mantiene un proprio rapporto intimo e personale con il Creatore. Certo, nell’Islam ci sono dei principi inalienabili che non possono essere negati o alterati da nessuna persona che si ritenga veramente credente. Per esempio tra gli alawiti ci sono alcuni gruppi che mantengono credenze in contrasto con il principio del tawhid e tra gli ismailiti gruppi che dottrinalmente non sono in sintonia con il principio della profezia. Ciò è certamente problematico in materia di fede però come il musulmano è tenuto a presentare l’Islam ai miscredenti e alla Gente del Libro con saggezza, così deve farlo anche con gruppi che sono musulmani solo nominalmente. Non condivido l’opinione di chi è sempre pronto a puntare il dito contro tutti come se questi fosse il detentore assoluto della verità: tale comportamento è una evidente manifestazione non solo della scarsa fede di un individuo ma anche della mancata attinenza ai principi del sacro Corano che afferma: “Invita al sentiero del tuo Signore con la saggezza, la buona parola e discuti con loro nella maniera migliore” (16:125). Purtroppo c’è chi invece di utilizzare saggezza e buone parole è dedito solo a seminare odio e conflitti e, ove possibile, far ricorso alla violenza onde far prevalere le proprie idee per quanto infondate che siano.
Quale significato riveste, agli occhi dei musulmani sciiti, l’esistenza della Repubblica Islamica dell’Iran?
Al giorno d’oggi esistono governi e paesi promotori di una certa cultura religiosa e ciò, teoricamente, è alquanto lodevole. Questi stessi paesi, però, non sono affatto indipendenti, sono piuttosto alleati e vassalli dei paesi imperialisti e fanno il loro gioco sul piano internazionale. Vi sono poi altri governi e paesi che invece non promuovono alcun tipo di cultura religiosa ma sono indipendenti dall’imperialismo dilagante che fino a qualche tempo fa pareva stesse prendendo il sopravvento sull’intero pianeta. La Repubblica Islamica dell’Iran non ricade sotto nessuna delle categorie dei paesi menzionati, essendo uno Stato e un governo islamico, e quindi promotore della religione anche sul piano politico, nazionale e sociale, ma allo stesso tempo libero ed indipendente da qualsiasi ingerenza esterna e imperialista. Da un punto di vista teologico, noi crediamo che “il comando appartiene interamente a Dio” (3:154). La delega di questa autorità ad un profeta o imam viene resa esplicita nel corpus delle nostre tradizioni e narrazioni giunteci per via scritturale generazione dopo generazione. Secondo quanto ci è stato tramandato da queste stesse fonti, la suddetta delega è stata poi passata ai giuristi competenti e qualificati, con piena integrità etica e morale, difensori della religione, che controllano le proprie passioni e obbediscono al comando del proprio Signore. A loro spetta dunque l’arduo compito di guidare la società dei credenti verso il bene e di allontanare i suoi membri da ogni pericolo di natura materiale e spirituale. Ciò oltretutto impedisce l’ascesa al potere di individui corrotti e soggetti alle brame più basse di questo mondo senza capacità alcuna di guidare una società con verità, giustizia e saggezza. La Repubblica Islamica dell’Iran, con tutti i suoi problemi attuali, pare essere oggi l’unico baluardo in difesa di quei principi sacri, derisi ed osteggiati da chi ha dimenticato o perso il contatto con la sfera divina, ormai perduti nelle altre zone del pianeta salvo qualche rara eccezione presente sotto forma di gruppi o di coraggiose personalità. Riteniamo comunque un dovere religioso quello di difendere il Governo Islamico dall’ipocrita propaganda di cui è vittima e questo dovrebbe essere anche il dovere di ogni persona dotata di buon senso. Chiunque abbia un minimo di familiarità con l’escatologia tradizionale ben sa che l’umanità è in attesa di un Salvatore e Restauratore che colmerà finalmente la terra di giustizia, il Ben Guidato, il Mahdi, che Dio ne affretti la manifestazione: ognuno di noi deve quindi essere pronto, interiormente quanto esteriormente, a questo evento senza precedenti. Il trionfo della Rivoluzione Islamica guidata dall’Imam Khomeyni ha di fatto riportato coscienza alle masse musulmane e spianato la strada per la venuta di questa nobile figura. Oggi i credenti di tutto il mondo, e non solo, grazie a Dio, si riuniscono già sotto un’unica bandiera, sotto lo stendardo dell’Islam, rappresentante il fronte internazionale della resistenza contro l’arroganza mondiale.

* La presente intervista è apparsa sulla rivista di studi geopolitici “Eurasia”, n. 4/2012 (Ottobre-Dicembre 2012), all’interno del Dossier “L’islamismo contro l’Islam?”


Abbas di Palma è il presidente dell'associazione islamica Imam Mahdi 

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