Non possiamo abbandonare i cristiani siriani


Jim Wallace
OB-UC648_Review_G_20120809131948La più dura prova della politica estera non è riconducibile alle interazioni che vi possono essere a livello geopolitico, bensì  alle dinamiche riguardanti la gente comune. Per i responsabili politici questo è un tema molto difficile. Anche le visite ufficiali spesso diventano eventi sostanzialmente coreografici, buone per farsi pubblicità. E in nessun luogo tutto ciò è più evidente che in Medio Oriente. Ero ben consapevole di tutto ciò quando ho visitato il Medio Oriente recentemente, cercando di valutare la situazione delle minoranze nel conflitto siriano. Ma tutto quello che ho visto e sentito mi ha fatto capire che l’attuale politica degli Stati Uniti in Siria è illogica. Non che la cosa mi abbia sorpreso.
La mia esperienza è abbastanza datata, avevo vissuto in Medio Oriente in passato e avevo osservato alcuni dei suoi conflitti più duraturi. Mi sono però reso conto ancora di più che il passaggio del tempo non ci ha insegnato nulla. I cristiani che ho incontrato non erano solo sbalorditi, ma allarmati dal fatto che l’America potesse allo stesso tempo censurare e condannare gli attentati di Boston per mano dei fondamentalisti islamici, e confermare il suo sostegno per un’opposizione siriana dominata da al-Qaeda, che chiaramente ha ispirato le varie atrocità. Un certo livello di confusione circa la politica in Medio Oriente è scusabile per chiunque. I tentativi di decifrare questa regione sono sempre molto complessi, per via della presenza di diverse sette e confessioni e tutto ciò in un contesto di alleanze di convenienza e tattiche, anche tra i nemici giurati. Ma sicuramente un’alleanza con al-Qaeda è inaccettabile per qualsiasi governo americano, anche se il suo scopo è quello di contrastare l’influenza dell’Iran. Le immagini della famiglia americana devastata dalla bomba di Boston basterebbero per me, ma il Dipartimento di Stato americano non ha certo parlato con i rifugiati cristiani siriani che ho incontrato la scorsa settimana. Racconti inquietanti di persone che hanno vissuto in armonia per decenni, nonostante le varie religioni di ognuno, e che sono improvvisamente divenuti nemici, per via della radicalizzazione dei sunniti che precedentemente erano moderati, per via della propaganda del gruppo vicino ad al-Qaeda, al-Nusra.
La Siria era sempre stata unica nel mondo arabo per la sua laicità e la libertà religiosa. Vivere a Damasco per sei mesi mi ha dato l’opportunità di trovare molte chiese cristiane. C’era anche una pronta accoglienza da parte dei musulmani e dei drusi, molti dei quali divennero miei buoni amici. E anche se la mia esperienza riguardava il passato, parlando con i profughi ho avuto la conferma che era ancora così fino al momento della rivoluzione di due anni fa. Poi al grido “fuori gli alawiti e i cristiani”, improvvisamente l’aria si è riempita di isteria dalle folle rivoluzionarie agitate da estremisti. Naturalmente per i cristiani non era un buon segnale quello di essere buttati fuori della Siria, dopo più di 2000 anni di storia. Nonostante il costante flusso di rifugiati, la maggior parte rimarrà nel paese arabo. La Siria è la loro casa, e si sentono chiaramente autoctoni; è loro responsabilità rimanere nella terra della conversione dell’apostolo Paolo e di proteggere i suoi luoghi santi. Ma il costo della continuazione del soggiorno è estremo. Al-Nusra svuota qualsiasi area che occupa dagli infedeli. Gli occupanti estremisti dei quartieri cristiani  delle città di Aleppo, Hama e Homs buttano fuori dalle loro case i cristiani e le case vengono saccheggiate, a meno che non siano d’accordo di unirsi ai militanti e combattere per i ribelli. L’età non conta e coloro che si rifiutano di lasciare le proprie case a volte vengono uccisi.
Particolarmente straziante è il fatto che queste antiche comunità e le loro chiese nelle parti occupate di queste città sono state distrutte e profanate; una chiesa antica è stata utilizzata come toilette da al-Nusra, come una dimostrazione del totale disprezzo per il cristianesimo. Ci sono naturalmente alcuni combattimenti cristiani con l’Esercito siriano libero. Per alcuni si tratta senza dubbio di un impegno contro Assad come un dittatore, ma i rifugiati dicono che per molti è una questione di sopravvivenza nelle aree isolate in mano ai ribelli. Interessante notare come al-Nusra ogni giorno che passa assume sempre di più il ruolo di leadership tra i ribelli. I rifugiati hanno parlato della depressione crescente tra le persone che vivono quotidianamente con il trauma e l’incertezza della guerra e alla mercé degli estremisti islamici, spesso stranieri. Hanno detto di come anche un breve viaggio in strada per lavorare è diventato troppo stressante. In tutto ciò i bambini sono particolarmente vulnerabili. Ma, come sempre, in guerra è forse la donna che soffre di più. I combattenti di al-Qaeda vedono le donne cristiane come poco più di un bottino. Una donna in lacrime ha rivelato in una telefonata a un’amica che aveva appena sentito parlare dello stupro di due sue amiche da parte di al-Nusra; la donna sapeva che quel destino potrebbe facilmente capitare a lei. Ha detto che era così depressa al pensiero che stava prendendo in considerazione il suicidio, cosa molto più accettabile rispetto al disonore dello stupro. Si tratta di antiche comunità cristiane di ortodossi, cattolici ed evangelici – soprattutto presbiteriani e battisti. Sono comunità cristiane che guardano ai governi occidentali e chiedono di non essere abbandonati con queste politiche irrazionali, che avrebbero come conseguenza il rafforzamento dei propri avversari mortali di al-Qaeda, combattenti stranieri che sono andati in Siria per nessun altro scopo che il jihad. Altrettanto importanti sono le posizioni dell’Occidente riguardo altre realtà regionali riconducibili alle vicende della lotta contro l’estremismo islamico. Il primo punto è che l’Arabia Saudita e il Qatar, che stanno finanziando gli estremisti combattenti di al-Qaeda, devono essere fermati e gli deve essere detto di fare marcia indietro.
Per troppo tempo i soldi del petrolio saudita ha finanziato l’estremismo nei paesi occidentali attraverso moschee fondamentaliste e all’estero attraverso il finanziamento diretto del terrorismo. Inoltre non possiamo accettare facilmente il fatto che ben 200 australiani potrebbero essere in lotta per al-Qaeda in Siria come parte di questo contingente ancora più grande di combattenti stranieri sostenuti tanto dalle comunità islamiche occidentali come da quelle del Medio Oriente. Tutti i paesi occidentali devono approvare leggi anti-mercenari che proibiscono ai loro cittadini di combattere come miliziani in questi contesti. Abbiamo un esercito per combattere le nostre guerre e ciò dovrebbe essere l’unico modo di intraprendere le battaglie. Ciò avrebbe l’effetto immediato di ridurre il numero dei combattenti di al-Nusra, estremisti ribelli che combattono per al-Qaeda. Leggi di questo calibro dovrebbe inoltre includere un periodo di amnistia. La cosiddetta primavera araba non decollerà mai, ma sarà solo un movimento a favore degli estremisti in tutto il Medio Oriente. Esso ha certamente dato prova di sé, ovvero di un inverno buio per i copti d’Egitto e per i cristiani ora in Siria. Gli islamisti non si fermeranno qui, il loro prossimo obiettivo sarà quasi certamente il Libano, un paese che ha avuto la sua quota di violenza settaria e non merita di essere gettato di nuovo nel caos perché l’Occidente sostiene i propri nemici contro i suoi amici in Siria. Ma ciò richiederebbe una dose di buon senso di grandi dimensioni, cosa che l’Occidente ha raramente messo in atto nella sua politica in Medio Oriente.
Jim Wallace è uno dei leader della comunità cristiana australiana
Traduzione a cura di Ali Reza Jalali – Tratto da Mercator

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