Un nuovo focolaio islamista? Il Tatarstan



A turbare i sonni dei leader russi, oltre al Nord Caucaso, troviamo una delle Repubbliche più importanti - sotto il profilo geopolitico, economico e culturale - della Federazione russa: il Tatarstan. Conta circa 3.900.000 abitanti ed è dotato di un’importante struttura industriale (raffinazione del petrolio, industria meccanica, automobilistica) e agricola. Si trova nella Russia centrale (Distretto federale del Volga) tra il fiume Volga e il fiume Kama. La popolazione, a maggioranza di origine tatara (popolazione turco mongola, sottomessa a Mosca dal Sedicesimo al Diciassettesimo secolo), al contrario di quella nord caucasica è dotata di alti livelli di istruzione. L’Islam, sunnita, religione maggioritaria nella Repubblica, conta oltre mille moschee, di cui una cinquantina soltanto nella bella e fiorente capitale Kazan’. È stato fortemente influenzato nel Diciannovesimo secolo dal movimento jadidista, che predica la tolleranza e la coesistenza tra tutte le fedi. La tolleranza e la pacifica convivenza con i russi (assicurata dalle riforme settecentesche della Grande Caterina) è stata la caratteristica dell’Islam tataro, fino a quando nel territorio sono penetrate - specie dopo il crollo dell’Unione Sovietica – correnti migratorie provenienti dal Nord Caucaso e dall’Asia centrale. E con esse sono arrivati predicatori, insegnanti ed educatori, formati per lo più in Arabia saudita e fortemente influenzati dalle intolleranti e arcaiche correnti salafite. Queste ultime hanno fatto adepti tra la gioventù, specie nei centri minori, non industriali, ma anche tra gli studenti di Kazan’, attratti anche da gruppi nazionalisti che chiedono la secessione dalla Russia (movimento Azatlykh, Libertà). La saldatura tra nazionalismo tataro e integralismo salafita è avvenuta sotto l’influenza di predicatori ed agenti caucasici, come Abu Umar Sasitlinskij, un predicatore originario del Dagestan, particolarmente ascoltato da minoranze giovanili islamiche. O come il ceceno Said Burjatskij, che nel suo Paese ha combattuto contro i russi. Una serie di medresse e moschee sono state infiltrate dai salafiti o dai filosalafiti: persino la grande moschea Kul Sharif, nel centro di Kazan’. La penetrazione dei salafiti è avvenuta, in particolare, negli ultimi anni, specie durante il muftiato di Gusman Iskhakov, rimosso un anno fa con l’accusa di averla debolmente contrastata. Salafiti e loro sodali erano persino entrati nella Direzione spirituale dei musulmani (Dum) del Tatarstan. Il suo successore, l’energico mufti Il’dus Fajzov, una volta entrato in carica, d’intesa con il nuovo Presidente tataro Rustam Minnikhanov (successore di Mintimer Shajmiev per oltre vent’anni Presidente e khozjain (padrone) della Repubblica tatara) ha condotto un’ampia e decisa “purga” nelle moschee, nelle medresse e nello stesso Dum, allontanando non soltanto i salafiti, ma anche quanti erano sospettati di essere tali o loro alleati. Il 19 luglio del 2012, improvvisamente e inaspettatamente (ma nel 2010 c’erano state in Tatarstan azioni isolate di esigue bande armate, subito represse), due distinti, clamorosi attentati. Essi colpivano sia il Direttore del Dipartimento educativo del Dum Valiulla Jakupov, ucciso a colpi di pistola presso l’ingresso di casa, sia (mezz’ora dopo) lo stesso mufti Fajzov. Questi miracolosamente sopravviveva all’esplosione di una bomba rudimentale, collocata e fatta esplodere nella sua auto. Si trattava dei due protagonisti dell’epurazione contro i salafiti. Il terrorismo faceva la sua comparsa in Tatarstan, in forma clamorosa, che non poteva non allarmare Mosca. Non a caso Putin, a fine agosto, ha visitato con l’ex-Presidente Mintimer Shajmiev, i luoghi sacri dell’Islam tataro, a Bolgar, e ha reso cordiale omaggio a Fajzov, ridotto in una sedia a rotelle. C’è un’importante circostanza da ricordare: nel 2006 il capo della guerriglia cecena, Doku Umarov, succeduto ad Aslan Maskhadov, dopo essersi autonominato Emiro del Nord Caucaso, ha proclamato il djihad per costituire un altro Emirato nella Federazione russa: quello di Idel-Ural, nei territori tatari compresi tra il Volga, il Kama e gli Urali. Nel 2011 esortava i mujahiddin salafiti del Nord Caucaso a trasferirsi in Tatarstan e là estendere la lotta contro lo Stato russo, i khafiri, gli infedeli e i loro complici musulmani. Agli attentati del 18 luglio è seguita un’ondata di arresti, fermi e sequestri di letteratura religiosa, che hanno colpito predicatori e frequentatori di moschee “sospette” ed educatori di medresse. Salafiti e fedeli ritenuti tali. Il fatto ha provocato manifestazioni di alcune centinaia di giovani nel centro di Kazan’, in agosto. Molti di loro vestivano t-shirt con la scritta “sono tataro” e alcuni innalzavano bandiere nere con scritte in arabo che invitavano al djihad. Il 20 agosto il tentativo di un nuovo attentato è fallito. Sono stati uccisi dall’autobomba, che stavano preparando, tre giovani tatari: soltanto un mese dopo l’assassinio di Jakupov. Il Tatarstan conta su una forte autonomia da Mosca, su una solida classe dirigente e su un’economia avanzata, mentre resta ancora ben in piedi l’integrazione della cospicua minoranza russa nella Repubblica e la convivenza tataro - russa. Alti sono i livelli dell’educazione e dello sviluppo industriale. Per cui sarebbe eccessivo o fuori luogo accostare il Tatarstan al Nord Caucaso più arretrato. Tuttavia, di fronte a segnali così allarmanti, il Presidente Minnikhanov ha preso misure preventive, tra cui la proibizione per gli “stranieri” (anche i caucasici ?) di fondare associazioni religiose, moschee, medresse e di guidare o partecipare a manifestazioni e cortei pubblici. Si sono levate molte critiche contro l’inasprimento delle misure preventive. Le ha raccolte un giornale russo autorevole come “Kommersant”, che ha esortato a limitare la lotta contro i salafiti e a non estenderla ai sinceri e incolpevoli musulmani.

Questo articolo è tratto da GLI EVENTI E I PROBLEMI DELLA RUSSIA DI PUTIN di Piero Sinatti, all’interno di AFFARI ESTERI, ANNO XLIV - NUMERO SPECIALE AUTUNNO 2012 - N.168.


Tale articolo non rappresenta necessariamente la linea editoriale di Iran Mondo 

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