Gli USA attaccheranno la Siria?


Mohammad Eslami, Khorasan Newspaper 26 agosto 2013
576081Circa un anno fa il presidente Obama disse che per lui la linea rossa da non oltrepassare era la questione dell’uso di armi chimiche in Siria, e ora i dirigenti nordamericani dicono di non avere più dubbi sul fatto che il regime damasceno abbia usato le armi di distruzione di massa contro il proprio popolo (1).Rebus sic stantibus, gli USA attaccheranno militarmente la Siria? Questa apparentemente semplice domanda è ormai la più analizzata da qualche giorno su tutti i media internazionali. La risposta però non è altrettanto semplice, soprattutto per Obama. Le autorità nordamericane ammettono che il presidente non ha ancora deciso e molti analisti pensano che l’attacco non ci sarà. La risposta migliore su un eventuale attacco alla Siria è arrivata proprio da Obama, che qualche giorno fa ai microfoni della CNN ha detto: “Qualsiasi decisione sulla Siria deve essere ponderata e non frettolosa. Noi dobbiamo ricordarci che siamo già impegnati in Afghanistan“. Obama inoltre ha portato l’esempio dell’Iraq e ha aggiunto che bisogna fare di tutto per evitare uno scenario simile in Siria. D’altronde gli stessi centri di ricerca strategica negli USA hanno recentemente simulato l’attacco alla Siria, giungendo ad alcune conclusioni.
Ad esempio il centro studi “Rand” (gruppo affiliato alla US Navy) ha pubblicato questa settimana un documento, nel quale si afferma che l’attuale situazione in Siria è completamente cambiata nel corso dell’ultimo anno (2). In questi giorni, a differenza dello scorso anno, quando l’esercito siriano subì delle sconfitte, le cose stanno andando bene per le truppe assadiste. Inoltre l’apporto della resistenza libanese ha cambiato le sorti della battaglia in corso, e oggi queste forze hanno un ruolo cruciale nel mantenere la sicurezza del popolo siriano. Quindi ci sono molti dubbi sull’efficacia di un intervento straniero, a meno che non si desidera iniziare una nuova guerra nel paese per 10 anni.
Tuttavia la possibilità di intervento alla luce del conflitto in corso in Siria ha sollevato ulteriori speculazioni. Il New York Times ha suggerito che la US Air Force alla fine degli anni ’90, nei Balcani, intervenne contro le postazione dei serbi: quindi, il quotidiano suggeriva di seguire lo stesso modello per bombardare le postazioni militari siriane. Anche se la probabilità di un attacco del genere non è da escludere completamente, è difficile pensare a una sua completa esecuzione: una questione da considerare è l’opinione degli americani stessi. Secondo alcuni sondaggi pubblicati da media autorevoli, il 60 percento degli intervistati negli States sarebbero contrari all’intervento militare in Siria. Tale decisione non è coerente con la teoria delle variabili dipendenti giornali. Poi c’è la questione della credibilità internazionale di Barack Obama come Premio Nobel per la Pace. Poi gli americani non possono fare finta di non prendere in considerazione il futuro e la sicurezza del regime sionista. Poi bisogna considerare le istanze dalla Russia e dell’Iran, con i loro avvertimenti severi alla Casa Bianca. Quindi, nessuno può garantire che le conseguenze di un attacco aereo limitato sulla Siria rimangano veramente limitate a questo paese. Inoltre, l’esercito siriano è ora di stanza nelle aree urbane e tra la popolazione. Se gli americani attaccheranno dovranno mettere in conto una probabile strage di civili. Dobbiamo sottolineare anche che la vicenda dell’attacco chimico nei pressi di Damasco è irrisolto. Secondo le notizie, gli ispettori delle Nazioni Unite iniziano la loro ricerca in questo ambito solo ora. I russi hanno inoltre portato le prove nella riunione del Consiglio di sicurezza venerdì scorso riguardo al coinvolgimento diretto dei ribelli nell’attacco. Gli americani non possono attaccare fino a quando non si sarà risolto questo punto. L’ultima serie di variabili da considerare poi concerne le divisioni interne al governo americano. Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti nella crisi attuale in Siria è un sostenitore dell’intervento militare. John Kerry e Barack Obama sembrano più titubanti. La linea di Obama, che sarà anche l’ago della bilancia, è quella di non mettere a repentaglio il prestigio internazionale degli USA con un’azione sconsiderata e rischiosa.
Non deve essere trascurata una cosa. Circa 2 mesi fa, Henry Kissinger, ex diplomatico statunitense, che è a capo di una potente lobby per quello che riguarda la politica estera del paese nordamericano, ha detto che “la balcanizzazione della Siria è il modo migliore per venire fuori dalla crisi“. Il modello balcanico quindi torna di nuovo in auge, con i bombardamenti “mirati” degli USA che aprirono la strada all’intervento internazionale contro i serbi. Di recente il Prof. Juan Cole, accademico USA, dell’Università del Michigan, ha detto chiaramente che gli Obama deve intervenire al più presto, altrimenti la guerra civile finirà con il prevalere delle forze assadiste, stabilendo il primato di un regime filoiraniano (3). Quando quattro mesi fa la signora Carla Del Ponte, membro della commissione ONU sulla violazione dei diritti umani in Siria, aveva detto che i ribelli avevano usato le armi chimiche, Obama non si preoccupò della “linea rossa”. Quindi se ci sarà un intervento militare, non sarà certo per la salvaguardia dei civili, ma per rovesciare uno stato, cosa vietata dal diritto internazionale. La vicenda ricorda molto quello che avvenne nei Balcani negli anni ’90; le conseguenze di tutto ciò saranno molto gravi per la popolazione civile, e nei prossimi giorni capiremo meglio in che direzione si muoveranno le diplomazie internazionali. Saranno giorni cruciali per la Siria e la regione mediorientale nel suo complesso, che subirà le conseguenze di qualsiasi risvolto della crisi siriana.
Note
1) CBSNEWS: U.S. official claims “very little doubt” Syria used chemical weapons
2) Julie Taylor,RAND Corporation: A Measured Red-Line Response
3) Obama’s Limited Options: Bombing Syria unlikely to be Effective
Traduzione di Ali Reza Jalali

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