Intrighi a Ginevra II


Igor Pankratenko 
526113225_18255793“L’idea di Montreux”, l’idea d’impegnarsi in un processo di pace e nel dialogo nazionale in Siria con la mediazione internazionale, è morta prima che potesse nascere. Un intrigo brutto, che coinvolge il Segretario generale delle Nazioni Unite e l’impiego di cavilli insignificanti come ritardare l’aereo della delegazione siriana ad Atene, tutto ciò offre motivo di ritenere che la coalizione antisiriana non voglia il dialogo, ma la guerra. E il punto chiave dei maggiori giocatori in questa coalizione, Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita, è l’assoluta necessità d’escludere Russia e Iran quali co-sponsor del processo di pace nella regione. Lo scenario della conferenza di Ginevra 2, o meglio, la scenografia del fallimento della conferenza, è stata scritta a Washington. Ban Ki-moon non ha fatto che adempiere obbediente al ruolo di capo di un’organizzazione che dipende dagli Stati Uniti per il 22% del bilancio. Le azioni del Segretario generale delle Nazioni Unite sono state uno splendido esempio di successo della politica statunitense nel trasformare l’ONU in una “organizzazione fantoccio”, obbediente alla volontà del suo primo finanziatore. I media occidentali che sostengono che la decisione di Ban Ki-moon di revocare l’invito di Teheran fu presa “su pressione dell’opposizione siriana” e che l’opposizione “fa pressioni sulle Nazioni Unite” con un ultimatum al Segretario generale di sei ore per revocare l’invito a Teheran, mentono sfacciatamente. Ma poi di nuovo, l’intrigo a Ginevra II viene soffuso di bugie. Il portavoce ufficiale del Segretario generale, Martin Nesirky, afferma che la decisione d’invitare l’Iran a Montreux non fu preso frettolosamente ma dopo lunghe consultazioni con i funzionari degli Stati Uniti. “So per certo che non poteva essere una sorpresa per le autorità statunitensi. Non era affrettata, ed erano pienamente consapevoli della tempistica dell’invito.” Inoltre, secondo lo stesso Martin Nesirky, consultazioni si sono tenute lo scorso fine settimana, per qualche giorno o una settimana prima, da parte di statunitensi e russi sulla partecipazione dell’Iran alla conferenza. Tuttavia, anche senza queste confessioni spontanee è perfettamente chiaro che l’”ultimatum” dell’opposizione siriana non ha nulla a che farci. Prima di tutto, in occasione della riunione dell’Assemblea Generale della Coalizione Nazionale della Rivoluzione e delle Forze d’opposizione siriane di Istanbul, 58 dei 73 membri del consiglio direttivo  decisero di partecipare alla conferenza di Ginevra II, pur pienamente consapevoli che l’Iran fosse già stato invitato. E in secondo luogo, chi sono coloro che dettano condizioni alle Nazioni Unite? Semplici burattini dell’occidente il cui compito è leggere ad alta voce ciò che i loro sceneggiatori gli hanno scritto. Questo è il motivo per cui è più importante capire cosa abbia spinto gli sceneggiatori di Washington ad avere colloqui seri sui “rappresentanti dell’opposizione siriana” presenti alla conferenza, anche se non hanno il sostegno di nessuno.
Gli sceneggiatori della Casa Bianca
Riguardo la partecipazione dell’Iran alla conferenza, le manovre di Washington sono contorte e confuse come al solito. Il segretario di Stato Kerry insisteva che la partecipazione di Teheran avrebbe svolto un ruolo costruttivo nel dialogo per la pace, per poi avanzare condizioni, affermando che Teheran doveva prima “accettare pubblicamente il comunicato di Ginevra“, un riferimento al comunicato finale del Gruppo di Azione per la Siria, adottato il 30 giugno 2012 cui Russia e Stati Uniti hanno contribuito. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha opportunamente ricordato al suo omologo statunitense che “se lo stesso criterio, vale a dire l’obbligo di indicare pubblicamente e in modo indipendente, ‘condivido pienamente gli obiettivi del comunicato di Ginevra’, venisse applicato agli altri invitati, sarei per esempio tutt’altro certo di poterlo fare.” E in effetti, la situazione nel giugno 2012 era completamente diversa da quella attuale. Nel 2012 era ancora possibile parlare di conflitto interno in Siria, anche se con presenze straniere che alimentavano le fiamme della guerra, come si vedeva chiaramente anche allora. Non c’è una guerra civile in Siria oggi! Ma l’intervento armato esterno di “jihadisti” e radicali sunniti, e l’aggressione dell’”internazionale terrorista” che usa collaboratori locali per opporsi allo Stato sovrano.
Sarebbe troppo semplice accusare Washington di “miopia politica” o dire, come molti esperti, che “la situazione nell’opposizione siriana è complicata” e che Washington non ha “scelto chi sosterrà.” Ma sarebbe una bugia. L’amministrazione Obama ha costantemente perseguito e continua a perseguire il rovesciamento di Bashar al-Assad. La sua rimozione dal potere e l’occupazione di Damasco con forze vicine all’occidente (o del suo alleato strategico Riyadh) è un punto chiave della politica statunitense nella “questione siriana”. E la sostituzione della segretaria di Stato Hillary Clinton con John Kerry non ha avuto assolutamente alcun effetto su tale politica. La Siria è la pietra angolare della politica di Washington in Medio Oriente oggi. Le favole sui piani statunitensi per “ritirarsi” dal Medio Oriente erano ingenue o semplicemente disoneste. Non si abbandona qualcosa come un “investimento” di 8000 miliardi di dollari, versato solo dalle monarchie mediorientali dal 1976, soprattutto per una sciocchezza come la mancanza di competenza dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Il complesso militare-industriale e le élite finanziarie statunitensi controllavano il prezzo del petrolio, dominando il Golfo Persico e il Canale di Suez e proteggendo le “vacche sacre” USA, Israele e monarchie del Golfo. E nessuno a Washington è in procinto di mollare i frutti faticosamente raccolti per decenni.
Tenere sotto controllo l’Iran ed espellere la Russia dal Medio Oriente
E’ un’altra questione che gli strumenti della politica estera cambino. Riconoscendo il fatto assai spiacevole che la Repubblica islamica non è stata soffocata dal cappio delle “sanzioni paralizzanti” e che la politica estera proclamata dal presidente russo si basa su valori tradizionali, come il rispetto per la sovranità, la considerazione per le idiosincrasie nazionali e l’inammissibilità dell’”esportazione della democrazia”, Washington ha cambiato tattica. Una “guerra per procura” viene combattuta in Siria, in cui il ruolo principale è svolto dai partner strategici degli USA, principalmente Riyadh. Parigi, sotto la presidenza di Hollande, ha perso la visione oggettiva dei propri interessi nazionali e sembra farsi illudere dal miraggio di reimporre il protettorato francese in Africa e Medio Oriente, intendendo intervenire più attivamente nella lotta contro Damasco. Ma ciò non significa che Washington sia da meno nella coalizione anti-siriana. Gli Stati Uniti si sono prefissati degli obiettivi strategici, in primo luogo proteggere la coalizione antisiriana e le bande terroristiche utilizzate internazionalmente dal gruppo, e secondo, bloccare qualsiasi attività regionale di Teheran e Mosca. In realtà, tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 vi è stato un tacito accordo sugli sforzi congiunti di Russia e Stati Uniti per risolvere la crisi siriana. La Russia ha accettato il compito di garantire che Bashar al-Assad fosse pronto al dialogo con l’opposizione, così come a collaborare a una linea costruttiva con Teheran. La Russia ha contratto i suoi obblighi al 100% che, per inciso, includono la promozione di Mosca del principio della partecipazione attiva dell’Iran al processo siriano. L’azione congiunta di Russia e Iran verso la Siria è un vivido esempio per Washington del pericolo di tale partnership strategica. E così, con il pretesto dei tentativi congiunti di trovare una soluzione, Washington ha effettivamente lanciato un’operazione  speciale per eliminare Mosca, Teheran e altri co-sponsor del processo siriano.
Un ruolo altrettanto importante è stato assegnato a Washington in conformità agli accordi raggiunti. Questi consistono, prima di tutto, nel limitare l’intervento di Turchia e Arabia Saudita, e poi nel “spingere” l’opposizione siriana al dialogo che, quasi sempre, dipende finanziariamente da Stati Uniti ed alleati. Di conseguenza, Washington non ha adempiuto a nessuno dei suoi impegni.  Inoltre, in un solo anno l’opposizione è stata trasformata da forza laica a una fondamentalista. In larga misura, l’attuale conflitto nell’opposizione indica che i jihadisti impongono il controllo sui canali dei rifornimenti di fondi e armi, in precedenza destinati all’opposizione “laica”. Le oscure storie sugli “improvvisi sequestri” dai jihadisti di scorte e armi sono ancora un’altra bugia dell’”intrigo di Montreux.” Nessuna persona razionale avrebbe inviato rifornimenti senza garantirsi che finissero nelle “mani giuste”. Quando si invia qualcosa in piena fiducia, come merci che saranno sequestrate, c’è qualcos’altro.
Le lezioni di Montreux
Cosa possiamo aspettarci dalla conferenza di Montreux? Niente di buono. Al meglio sarà un evento puramente cerimoniale che non risolverà nulla e non farà nulla per impedire lo spargimento di sangue in Siria. Nel peggiore dei casi, data la maggioranza aggressiva e d’obbedienza filo-USA che sarà assemblata nella conferenza, la coalizione anti-siriana avrà il riconoscimento della legittimità dell’aggressione contro Damasco. Non è un caso che Kerry abbia categoricamente dichiarato: “A tutti coloro che cercano di riscrivere questa storia o confondere le acque, mi si permetta di affermare ancora una volta a cosa serve Ginevra II. Deve avviare il processo essenziale per la formazione di un governo di transizione dai pieni poteri esecutivi, stabilito per mutuo consenso“. Cioè, continuare lo spargimento di sangue, nessun dialogo per la pace, né sospensione dell’intervento estero e dell’infiltrazione dei terroristi, ma solo il rovesciamento di Assad! Le conclusioni inequivocabili e molto ragionevoli cui si arriva, che possono essere definite “lezioni di Montreux.” Prima di tutto, chi prende seriamente le dichiarazioni di Washington sulla sua disponibilità a “normalizzare” i rapporti con l’Iran e allentare il regime delle sanzioni, consentendo così a Teheran di diventare un garante della stabilità in Medio Oriente, dovrebbe urgentemente sbarazzarsi di tale illusione: Washington non intende “normalizzare” nulla. La distruzione della Siria è solo un passo nella strategia a lungo termine degli Stati Uniti per consolidare la propria egemonia nel Medio Oriente, basata su Israele, monarchie del Golfo e regimi leali agli Stati Uniti a Cairo, e come contratta la Casa Bianca, a Baghdad. Una volta che tale strategia sarà completata, Teheran sarà costretta ad uscire sia dall’”Arco sciita” che dalla regione nel complesso.
La seconda politica mediorientale degli USA punta a sradicare la presenza regionale di Paesi che gli Stati Uniti vedono come concorrenti, Russia, Iran e Cina. In realtà, si voglia ammetterlo o no, tutta l’azione di Washington contro la Siria è permeata dall’idea del confronto con la Russia. La Casa Bianca è ora apertamente indifferente alle vere minacce poste dalla destabilizzazione regionale, dal rafforzamento dei “jihadisti”, e dalla creazione di una “economia di guerra” che trasforma l’instabilità e il narcotraffico in un’essenziale fonte di reddito. “Assad è peggio di al-Qaida.” Ma lui non è così terribile di per se, ma perché è un alleato dell’Iran e della Russia. Così, “Assad deve andarsene.” I disaccordi tra Mosca e Washington sul conflitto in Siria producono conseguenze estremamente gravi e del tutto inattese, anche se i mass media e l’élite politica occidentali non ne vogliono prendere atto. Vladimir Putin è riuscito a diventare il politico di maggior successo nel mondo, mentre il presidente Barack Obama perde popolarità assieme alla fiducia negli USA in Medio Oriente. Alcune elite politiche occidentali si soffermano sulla proposizione che “i russi puntano al Medio Oriente” e di conseguenza l’occidente e i suoi partner strategici in Medio Oriente hanno già etichettato il non ancora definitivamente stabilito asse “Mosca – Teheran – Pechino” un nemico da combattere con ogni mezzo, dagli intrighi alla provocazione finale…

Commenti