Iraq. Falluja in mano ai qaidisti

Gunmen fighters take position with their weapons during clashes with Iraqi security forces in Ramadi

A Falluja i miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) (nella foto) hanno costituito corti islamiche che “hanno cominciato ad applicare pene selvagge come la fustigazione per chi non prega correttamente“. Lo ha denunciato ieri il ministro della Difesa di Baghdad, Sadun al Dulaimi. Dulaimi ha anche accusato l’Isis di avere “rapito e portato in una località desertica 11 donne con l’accusa di non avere osservato l’Hijab», le regole dell’abbigliamento islamico. Di loro non si hanno più notizie.

Ma non è questo il solo problema causato dall’avanzata delle forze qaediste in Iraq. Sono almeno 140mila i civili iracheni che hanno lasciato le loro case nella provincia di Al Anbar per fuggire dai combattimenti scoppiati dall’inizio dell’anno quando i miliziani dell’Isis hanno lanciato un’offensiva nella provincia occidentale irachena, confinante con la Siria, impadronendosi tra l’altro di Falluja, oltre che del capoluogo, Ramadi. Le forze governative hanno ripreso poi il controllo di quest’ultima città e di altre aree. 
Secondo diverse testimonianze l’Isis ha imposto severe regole morali, come il bando della musica e del fumo e l’Hijab per le donne anche nella città siriana di Raqqa. La fuga dei civili dalle aree investite dalle violenze è il movimento di profughi interni “più grande dalle violenze settarie negli anni 2006-2008″, ha sottolineato Peter Kessler, portavoce dell’Unhcr. I nuovi rifugiati si aggiungono al milione e 300.000 di sfollati già esistenti nel paese. Secondo notizie che arrivano dalla provincia di Al Anbar, molti civili sono impossibilitati a lasciare le aree dove è in corso il conflitto e dove c’è carenza di cibo e carburante. La maggior parte di coloro che sono fuggiti sono sistemati intorno alla città di Falluja, presso case di parenti o in scuole, moschee e ospedali, dove le risorse cominciano a scarseggiare.


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