Ali Shariati

Ali Shariati

«Se non potete eliminare l’ingiustizia, almeno raccontatela a tutti»

Ali Shariati (Mashaad 1933- Londra 1977)
925--6_27_2008__14_47_23Questo nome risulterà sconosciuto ai più, eppure Ali Shariati ha avuto un ruolo fondamentale in quella che poi sarebbe diventata la rivoluzione verde di Khomeini. Purtroppo non ebbe mai l’occasione di vedere coi propri occhi la realizzazione delle proprie idee, poiché morì misteriosamente a Londra nel 1977, dove si era rifugiato a seguito dell’ennesima dura incarcerazione comminatagli dai pretoriani dello Scià. Non è possibile comprendere la reale essenza di quanto accaduto in terra persiana nel 1979, senza conoscere il pensiero di questo eterodosso “islamo-marxista” (etichetta non certa precisa, ma che gli è stata affibbiata negli anni secondo i dettami ideologici dell’Occidente).
Fin da giovane, soprattutto sotto l’influenza del padre, Ali Shariati iniziò ad elaborare un corpus dottrinario radicalmente rivoluzionario, ma non per questo ostile al fattore religioso, anzi. Tenace contestatore del clero oscurantista, riteneva comunque, al contrario di quanto propugnato dai “rivoluzionari da salotto” del Vecchio Continente, che la religione avesse un ruolo fondamentale come mito mobilitante per scardinare l’allora società iraniana passatista, conservatrice e fedele cagnolino degli interessi atlantici. E’ del 1968, anno in cui in Europa scoppiavano le “rivolte” studentesche che nascondevano il proprio nichilismo post-borghese dietro (finte) bandiere rosse, il suo libro più importante, Islamologia. In questo testo Shariati descriveva la religione coranica come una vera e propria ideologia a favore della liberazione delle masse dall’oppressione dei clericali, i quali utilizzavano al contrario il Libro Sacro solo per mantenere il proprio potere assoluto. Grande risalto veniva dato a quei passi del Corano dove si parlava di giustizia sociale e della lotta tra oppressi ed oppressori, indicando perciò nell’Islam la via più corretta per la liberazione delle classi sociali più deboli. La religione musulmana veniva indicata chiaramente e nettamente come unico mezzo valido per combattere le ingiustizie del capitalismo e l’oppressione dello Scià.
In poco tempo Islamologia divenne una sorta di libretto rosso tra le giovani generazioni iraniane. Tale fu il successo di Shariati che, nel 1973, il regime atlantista dell’epoca ne ordinò l’arresto ed una durissima carcerazione. Per fortuna il suo nome era nel frattempo divenuto famoso in quasi tutto il mondo, così nel 1975 fu liberato a seguito delle forti pressioni internazionali. Ricordiamo, per inciso, che proprio in quell’anno Amnesty International defini l’Iran il peggior paese violatore dei diritti umani. Ma il suo sacrificio, come detto prima, non fu invano. Dopo solo due anni l’imam Khomeini, che si trovava in esilio a Parigi, potrà finalmente tornare a calpestare il suolo l’iraniano dopo la cacciata di Reza Pahlavi, dando vita a quella rivoluzione islamica che mai dimenticò di coniugare la tradizione religiosa con la questione sociale, indicando chiaramente il nemico principale: “i capitalisti divoratori del globo”, come definiti direttamente da Khomeini.
Eppure, in quello che si definisce mondo libero ma che sarebbe meglio chiamare col nome di dittatura del pensiero politicamente corretto, si continua a sostenere la “leggenda nera” di un Iran teocratico ed oscurantista che avrebbe preso il posto del regime “liberale” dello Scià. Mai bugia fu più grossa. Ed è proprio per questo motivo che riteniamo che chi, come noi, si schiera dalla parte del fronte socialista ed anticapitalista, abbia il dovere morale e politico di svelare queste frottole della propaganda nemica. Anche perché, come scriveva George Orwell, “Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”.
Alessandro Cavallini

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