Israele è pronto a ripensare la propria strategia in Siria?


Dmitrij Minin, Strategic Culture Foundation
US_buffer_Zones_01_14Il 24 gennaio, un alto ufficiale dell’intelligence militare israeliana ha tenuto una conferenza speciale, in cui ha riferito che vi è la “possibilità” che Israele ripensi la propria strategia sul conflitto siriano. Motivo? Il forte aumento dei militanti di al-Qaida in Siria, che non fanno compromessi quando si tratta d’Israele. Solo due anni fa erano 2000, ma oggi sono arrivati a 30000. Si recano in Siria da Medio Oriente, Europa, America… Israele inizia a comprendere che se Bashar Assad viene rovesciato e l’obiettivo immediato dei militanti realizzato, la creazione di un grande Stato islamico dalla Siria all’Iraq, allora tali forze li attaccheranno duramente. Da qui la necessità d’Israele di cercare di concludere le proprie operazioni su larga scala in Siria, a quanto pare. Secondo gli israeliani, i gruppi islamici in Siria che costituiscono una minaccia per il loro Paese sono:
1. Jabhat al-Nusra. Il 22 gennaio, l’agenzia di sicurezza israeliana Shin Bet ha riferito di aver sventato tre attentati pianificati da tale organizzazione, tra cui far saltare in aria l’ambasciata statunitense a Tel-Aviv e il Centro Congressi di Gerusalemme. I presunti colpevoli erano immigrati provenienti da Turchia e repubbliche del Nord Caucaso.
2. Stato islamico dell’Iraq e del Levante.
3. Ahrar al-Sham. Tale gruppo è alla base del neocostituito Fronte islamico (IF), che gli USA hanno dichiarato gruppo “moderato”. Fonti dell’intelligence israeliane contestano tale valutazione, sottolineando che il leader diAhrar al-Sham, Abu Qalid al-Suri (vero nome Muhammad Bahayah), ha ammesso di essere membro di al-Qaida. Esperti francesi sono d’accordo osservando che Muhammad Bahayah è coordinatore capo di al-Qaida in Siria, con legami con bin Ladin e stretta conoscenza di al-Zawahiri.
4. Jaysh al-Islam. Tale organizzazione domina la regione di Damasco ed è nota per gli stretti legami con i servizi segreti sauditi e pakistani.
L’esercito israeliano (IDF) valuta diverse opzioni su come affrontare tali gruppi:
a) creare zone-cuscinetto sul lato siriano del confine;
b) attacchi aerei e terrestri contro le concentrazioni di jihadisti alla frontiera;
c) profonde puntate in Siria e Iraq per bloccare l’avanzata delle forze di al-Qaida in Giordania;
d) omicidi mirati dei comandanti di al-Qaida;
e) impedire che le forze jihadiste occupino aree in Siria che potrebbero essere utilizzate come trampolini per attaccare Israele.
Allo stesso tempo però gli strateghi israeliani prevedono di considerare con attenzione tutti i “pro e i contro” nel combattere al-Qaida in Siria, tenendo presente che una tale campagna militare  allenterebbe la pressione sul regime di Assad e i suoi alleati Iran e Hezbollah, cosa che Israele ovviamente non vuole che accada. Ma a un certo punto sarà costretto a scegliere cosa sia più importante, la vera sicurezza o i miti della propria propaganda. Parlando alla conferenza annuale dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale, “Le sfide alla sicurezza del 21° secolo”, il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon ha dichiarato che gli Stati Uniti incontrano molti ostacoli nella regione cercando di ridurre presenza e intervento. Allo stesso tempo, crede che la partizione della Siria in più parti sia una realtà incombente, il che significa che Israele ha bisogno di prepararsi a una situazione in cui le “linee rosse” saranno attraversate, come “un attacco contro Israele o il trasferimento/uso di armi chimiche” che, secondo Yaalon, potrebbero alterare la posizione d’Israele riguardo al “non intervento” in ciò che accade in Siria. Il notevole concentramento militare d’Israele al confine con la Siria è stato già dichiarato. L’ufficio stampa delle IDF ha annunciato ufficialmente l’attivazione di una nuova divisione territoriale conosciuta come divisioneBasan, dal nome antico del Golan, in cui la divisione sarà di stanza. La divisione sarà guidata dal generale di brigata Ofek Buchris, ex-comandante della brigata Golani e della 366.ma divisione della riserva, conosciuta come divisione Netiv Ha-Esh. La 36.ma divisione corazzata Gaash delle IDF, che oltre a svolgere missioni di combattimento è una divisione territoriale del Golan, rimarrà nello stesso luogo, ma diverrà una riserva dello Stato Maggiore Generale. Tale divisione include la brigata di fanteria Golan”, le brigate corazzate Saar me-Golan e Barak,e il reggimento d’artiglieria “olan.
Il 28 gennaio, commentando la notizia sul rinnovo delle forniture di armi USA ai ribelli siriani, il sito d’intelligence militare israeliano DEBKAfile riferiva, questa volta, l’intenzione di realizzare il piano concordato con Tel-Aviv per creare due zone cuscinetto al confine tra Israele e Siria. Gli Stati Uniti inoltre sono presumibilmente convinti dell’inutilità di cercare di alterare l’equilibrio delle forze nel conflitto siriano in proprio favore, e sono pronti a limitarsi a proteggere gli ultimi alleati affidabili nella regione. Il piano prevede di creare le zone in Siria, sufficientemente vicino Damasco. Secondo quanto riferito da Reuters, alti ufficiali delle agenzie d’intelligence statunitensi ed europee hanno confermato che un piano approvato dal Congresso degli Stati Uniti per il finanziamento delle forniture di armi ai gruppi ribelli in Siria, contiene articoli segreti che non tutti i membri del Congresso conoscono. Armi e munizioni, tra cui missili e granate anticarro, arriveranno  in Siria dalla Giordania. Inoltre, gli Stati Uniti hanno anche intenzione di fornire alla cosiddetta opposizione moderata varie attrezzature, tra cui attrezzature moderne per la visione notturna e le comunicazioni. Di fronte a ciò, tuttavia, vi sono seri dubbi sulle possibilità della “nuova strategia” di USA e Israele. Per cominciare, è sbagliata la falsa speranza che ci siano forze leali all’occidente che possano  posizionarsi al confine tra Israele e Giordania, come Esercito del Libano meridionale maronita del 20.mo secolo. Trovare “guardie di frontiera” del genere in Siria è estremamente difficile. L’intera regione delle alture del Golan, sul lato siriano, è dominata dai jihadisti anti-israeliani di Jabhat al-Nusra. Per molti aspetti, questi sono stati sostenuti da Israele stesso, da tempo ossessionato dall’idea di rovesciare Bashar Assad a qualunque costo. Va notato che dall’inizio della crisi siriana, più di 800 militanti, di cui 28 capi, sono stati curati negli ospedali israeliani, tra cui il Rambam Medical Center di Haifa, dove i vertici venivano curati. Quanto siano esattamente “democratici” coloro che provengono da tali ambiti al-qaidasti, tuttavia non è chiaro. Il quadro è più variegato sul lato giordano, ma è anche qui difficile che i ribelli vogliano divenire per sempre dei “coloni militari”. Tutti ricordano il destino dell’esercito fantoccio del sud libanese, i cui soldati furono costretti ad abbandonare la Patria con le loro famiglie per vegetare in Israele senza diritti. Infatti, se gli islamisti conquistassero il resto della Siria, sacche come queste verrebbero schiacciate in poche ore.
Adesso s’è capito che nessuna delle varie strategie in Siria può risolversi senza il coinvolgimento di Bashar Assad quale maggiore figura di Damaso e presidente del Paese. Il governo siriano non ha bisogno di alcuna intrusione esterna contro i suoi nemici, supportati dagli “improvvisamente illuminati” stessi strateghi occidentali ed israeliani. È necessario qualcos’altro, e cioè che gli Stati Uniti e i loro alleati smettano qualsiasi inferenza negli affari della Siria. Damasco si occuperà della ribellione con una sola mano. Così sarà più conveniente e ne risulteranno meno vittime.
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Commenti