L’Iran di Rohani guarda a Francesco: collaborare per la pace

Hassan Rohani

È uno dei primi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede nell’era di Papa Francesco, lo scorso 6 maggio. Rappresenta un paese, l’Iran, che guarda da sempre con interesse al Vaticano (“Abbiamo oltre 60 anni di relazioni diplomatiche, ma i nostri rapporti con la Santa Sede risalgono al XIII secolo…”). Per Teheran, la sede di Pietro è non solo crocevia mondiale di un’altra religione abramitica, oltre islam e ebraismo, ma anche centro geopolitico autorevole e autonomo rispetto a Washington o alle cancellerie europee con le quali, invece, l’Iran ha rapporti non sempre facili. E mentre a Teheran il nuovo presidente Hassan Rohani, il moderato eletto a giugno che dà segnali di appeasement all’Occidente, celebra oggi il 35esimo anniversario della rivoluzione islamica dell’ayatollah Ruhollah Mosavi Khomeini, l’ambasciatore iraniano presso la Santa Sede,  Mohammad Taher Rabbani, turbante in testa e tratti gentili, incontra un gruppo di giornalisti a Roma per confermare una certa sintonia di vedute diplomatiche su questioni internazionali spinose come la crisi siriana, assicurare il rispetto dei cristiani in Iran ed elogiare la figura di Papa Jorge Mario Bergoglio, per il quale, peraltro, c’è l’auspicio che, “con le circostanze favorevoli”, avvenga un giorno un incontro con Rohani.

“L'operato del Santo Padre e la sua concezione degli indigenti, gli strati sociali più deboli, i più vulnerabili della comunità umana, la sua concezione di giustizia sono seguite con interesse dalle elite e dagli intellettuali della società iraniana”, afferma il rappresentante di Teheran presso il palazzo apostolico. Papa Francesco “è una figura virtuosa, ricolma di moralità e modestia, e il popolo iraniano si attende che resista, come Gesù Cristo, davanti agli oppressori e i potenti, con l'aiuto divino”. Il Papa argentino “cerca nel suo cammino e nel suo magistero di dare giustizia e combattere la discriminazione tra i popoli, sostituendo la libertà e il benessere all'autoritarismo, la pace lo sviluppo e il progresso alla guerra e al versamento di sangue, la tolleranza alla violenza”. Il diplomatico iraniano assicura: “In circa un anno della mia missione presso la Santa Sede ho avuto modo di conoscere da vicino il pensiero del Santo Padre e devo sottolineare che è un prezioso patrimonio di sapere e scienza religiosa nel mondo contemporaneo”. E aggiunge: “Io prego quotidianamente per il Santo Padre, che Dio gli conceda salute, successo e lunga vita”. Un incontro tra il Papa e Rohani? “Certamente – risponde il diplomatico – si auspica che, con le circostanze favorevoli, si possa programmare un incontro tra sua eccellenza il dottore Hassan Rohani e il Santo Padre Papa Francesco”.

Il giudizio dell’ambasciatore Mohammad Taher Rabbani sul modo in cui Unione europea e Stati Uniti hanno affrontato la crisi siriana in vista della conferenza di Ginevra è duro. Un iniziale invito a partecipare del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a Teheran è stato ritirato in seconda battuta. La Pontificia accademia delle scienze, da parte sua, aveva auspicato il coinvolgimento dell'Iran a Ginevra. “C'è stato un accordo tra Russia e Stati Uniti per risolvere la crisi siriana. Hanno contattato sia il governo siriano che i rivoltosi. Ma la conferenza ha dimostrato che in realtà non c'è stato alcun accordo sul cessate il fuoco e sull'accesso degli aiuti umanitari”, afferma il diplomatico iraniano. “I rivoltosi hanno l'appoggio di alcuni governi e a Ginevra hanno ribadito che finché c'è il governo Assad non ci sarà cessate-il-fuoco. Il ministro degli Esteri siriano, da parte sua, ha sottolineato che il governo combatte il terrorismo. A Ginevra i governi occidentali hanno cercato, con propaganda mediatica, di arrivare ai loro obiettivi, ma questo non ha portato a nessun obiettivo e il popolo siriano resta sotto la guerra. Sono d'accordo - conclude l'ambasciatore rispondendo a una domanda - che con la Santa Sede può essere un interlocutore per l'Iran, mentre i governi occidentali non sono stati sinceri nei loro obiettivi. Se Stati Uniti ed Europa fossero stati seri e sinceri a Ginevra, potremmo vedere finire la crisi siriana”.

L’ambasciatore, più in generale, auspica una collaborazione per la pace nel mondo con la Santa Sede e cita, al proposito, una risoluzione proposta dal presidente iraniano e approvata all'Onu a dicembre intitolata "Mondo contro la violenza e l'estremismo" (Wave, World Against Violence and Extremism). “Alle ultime elezioni – rivendica il diplomatico – il popolo iraniano ha consapevolmente partecipato e votato presidente Rohani, che aveva fatto campagna elettorale con il motto 'governo di discernimento e speranza'. Certamente il presidente Rohani è interessato al rafforzamento delle relazioni attraverso il confronto costruttivo con la Santa Sede guidata dal Santo padre Papa Francesco nel quadro della cosiddetta diplomazia religiosa, ossia la diplomazia ispirata ai principi religiosi e capace di pianificare un piano contro la violenza e l'estremismo nel mondo che prenda il posto della guerra". In questo senso, "con l'aiuto divino e attraverso l'alleanza tra le grandi religioni abramitiche, soprattutto con Papa Francesco, l'Iran, come paese che presiede i paesi non allineati, potrebbe fare un'alleanza mondiale contro la violenza e il radicalismo per promuovere una pace duratura nel mondo". Anche a chi domandava se si potesse prospettare una convergenza tra Santa Sede e Iran sulla situazione dei palestinesi di Gaza, l'ambasciatore si è limitato a ribadire che "dire no alla violenza e all'estremismo" può "rafforzare i rapporti tra Santa Sede e Iran". Rassicurante, infine, l’ambasciatore Mohammad Taher Rabbani sulla situazione dei cristiani in Iran: “In base all'articolo 12 e 13 della Costituzione iraniana tutte le minoranze religiose in Iran", ossia "cristiani, ebrei e zoroastriani", "godono di alcuni diritti fondamentali come la libertà di culto, la libertà di associazione e il diritto ad essere giudicati in base alle norme della propria religione". Infatti, "in Iran ci sono inoltre cinque arcivescovi. La comunità assira caldea e la comunità armena hanno un rappresentante ognuna nel Parlamento. Il governo Rohani ha poi nominato un suo rappresentante speciale per i problemi delle minoranze religiose. In questo momento, inoltre, si sta redigendo una carta della cittadinanza, di cui Rohani ha parlato in campagna elettorale, nella quale vengono sanciti in modo chiaro i diritti di tutte le minoranze".


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