Luglio 2009
Francis Fukuyama
(L’articolo che vi proponiamo è
un po’ datato. Risale alla calda estate del 2009, quella delle manifestazioni
antigovernative in Iran, dopo le elezioni presidenziali che videro la
riconferma di Ahmadinejad. L’autore è Fukuyama, politologo statunitense che di
certo non sta a noi presentare, una delle firme più prestigiose del mondo
intellettuale e accademico a livello globale. Il saggio, pur con non pochi
errori (ad esempio Fukuyama confonde spesso il ruolo della Guida con quello del
Consiglio dei Guardiani, per una introduzione al sistema istituzionale iraniano
si veda il nostro “La Repubblica Islamica dell’Iran tra ordinamento interno e
politica internazionale” – Irfan Edizioni, 2013) è interessante non tanto per l’opinione
espressa, che è riconducibile al pensiero di Fukuyama, ma che è pur sempre una
opinione autorevole, ma piuttosto per l’approccio alla materia del modello
istituzionale iraniano, un approccio che ci vede del tutto concordi con lo
studioso nordamericano. Questo è un approccio multidisciplinare, riconducibile
sia al diritto costituzionale, sia alle scienze politiche, ma anche alla
religione e alla storia, un modo di studiare questa materia assolutamente
gradevole e completo, addirittura necessario per una corretta inquadratura di
un fenomeno riguardante una cultura così diversa, ma forse non troppo, da
quella occidentale.)
Quando il presidente della
Columbia University Lee Bollinger ha introdotto il discorso del presidente
iraniano Mahmoud Ahmadinejad agli
studenti dell’ateneo, nel settembre 2007, ha definito il leader iraniano come
un "piccolo tiranno".
Ahmadinejad è colpevole di molte
cose negative, tra cui il suo negazionismo dell'Olocausto e un forte sostegno a
un Iran nucleare. Ma, come i recenti avvenimenti hanno evidenziato, l'Iran non
è troppo tirannico, e Ahmadinejad non ha l'ultima parola negli affari iraniani.
Tale ruolo è più realmente occupato dall’Ayatollah Ali Khamenei, capo del
Consiglio dei Guardiani e il leader supremo dell'Iran.
Una vera e propria tirannia non
avrebbe mai permesso le elezioni, in primo luogo - in Corea del Nord non ci
sono – e poi non permetterebbe manifestazioni che contestano i risultati delle
elezioni. Eppure l'Iran non è una democrazia liberale. Quindi, che tipo di
bestia è? E in che modo dovremmo desiderare che il suo regime possa evolvere?
Gli scienziati politici
categorizzano la Repubblica Islamica dell’Iran come un regime "elettorale
autoritario" di nuova specie. Hanno messo nello stesso cestino il
Venezuela di Hugo Chávez o la Russia di Vladimir Putin. Da questo punto di
vista, l'Iran è fondamentalmente un regime autoritario gestito da una ristretta
cerchia di chierici e ufficiali militari che usano le elezioni per legittimare
se stessi.
Altri pensano che l’Iran sia una
sorta di teocrazia medievale. Nel 1979 la costituzione ha sancito la sovranità
non nel popolo, ma di Dio, e stabilisce l'Islam e il Corano come fonti supreme
del diritto.
La Costituzione iraniana è un
curioso ibrido di elementi autoritari, teocratici e democratici . Gli articoli
uno e due sottolineano la sovranità di Dio, ma poi troviamo articoli che
parlano di elezioni popolari per la presidenza e il Majlis, o parlamento. Gli articoli 19-42 sono una carta dei diritti,
garantendo, tra l'altro, la libertà di espressione, di riunioni pubbliche e cortei,
l'uguaglianza dei sessi, la tutela delle minoranze etniche, il giusto processo
e la proprietà privata, nonché alcuni diritti sociali di "seconda
generazione" , come la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria.
La parte veramente problematica
della costituzione è l’ottava parte (articoli 107-112) sul Consiglio dei
Guardiani e il Leader. Tutte le
procedure democratiche e dei diritti nelle sezioni precedenti della
costituzione sono qualificati e interpretati da alcuni poteri riconducibili a
un consiglio di alto livello di chierici.
Questi poteri, di cui
all'articolo 110, comprendono il controllo sulle forze armate, la possibilità
di dichiarare la guerra, ed i poteri di nomina della magistratura,
dell'esercito e delle Guardie rivoluzionarie islamiche. Un altro articolo
stabilisce le condizioni alle quali la Guida Suprema può essere rimossa dal
Consiglio dei Guardiani. Ma questa procedura non è affatto democratica o
trasparente.
Uno non deve tornare al medioevo
per trovare precedenti storici per questo tipo di costituzione. Il parallelo
più evidente è la Costituzione tedesca adottata dopo che il paese è stato
unificato nel 1870. Negli anni antecedenti alla Prima Guerra Mondiale la Germania
aveva un parlamento eletto, o Reichstag, ma venivano riservati poteri importanti
per il Kaiser non eletto, in particolare in materia di politica estera e di
difesa. Questa costituzione ha messo la Germania in grossi guai. La parte non
eletta della leadership controllava le forze armate. Alla fine, però, le forze
armate controllavano a loro volta la parte non eletta della dirigenza politica
tedesca. Questo sembra essere ciò che è in atto in Iran oggi.
Rispetto alla ottava parte, i
riferimenti nella Costituzione iraniana a Dio e alla religione come le fonti
del diritto sono molto meno problematiche . Essi potrebbero, nelle giuste
circostanze, essere la base per un eventuale evoluzione dell'Iran in un paese
regolato da leggi moderate.
Lo Stato di diritto è stato
originariamente radicato nella religione in tutte le società dove è venuto a
prevalere, incluso in Occidente. Il grande economista Friedrich Hayek ha osservato
che una legge dovrebbe esistere prima ancora della legislazione. Cioè, la legge
dovrebbe riflettere un ampio consenso sociale sulle regole della giustizia. In
Europa, era la chiesa che in origine ha definito la legge e ha agito come sua
custode. I monarchi europei dovevano rispettare lo Stato di diritto perché era
stata scritto da un'autorità più alta e più legittima di loro.
Qualcosa di simile è accaduto nell’età
pre-moderna del Medio Oriente. C'era una separazione funzionale tra Chiesa e
Stato. Gli ulamà erano giuristi e custodi della legge islamica, mentre i
sultani esercitavano l’autorità politica. I sultani non erano la fonte ultima
della legge (ne erano gli esecutori), ma dovevano vivere all'interno di regole
stabilite dalla giurisprudenza musulmana. Non c'era democrazia, ma c'era
qualcosa di simile a uno Stato di diritto.
Questa tradizione, basata su
regole religiose del diritto, è stata distrutta nella transizione del Medio
Oriente alla modernità. Sostituendola , in particolare nel mondo arabo, con una
autorità esecutiva sfrenata: capi di Stato e altri dittatori governavano e
governano senza vincoli, sia a livello legislativo che giudiziario.
Il giurista Noah Feldman ha
sostenuto che la domanda diffusa di un ritorno alla sharia in molti paesi
musulmani non riflette necessariamente il desiderio di imporre dure punizioni,
in stile talebano, oppure di opprimere le donne. Piuttosto, riflette una
nostalgia per un tempo storico che vagamente ricordava quando i governanti
musulmani non erano autocrati onnipotenti, ma rispettavano le regole islamiche
della giustizia nello Stato di diritto.
Quindi, che tipo di futuro
dovremmo desiderare Iran, alla luce delle manifestazioni di massa? La mia
preferenza sarebbe per un Iran che adottasse una nuova costituzione in stile
occidentale, per garantire la libertà religiosa, uno Stato laico e la sovranità
democratica, anziché divina.
Ma una notevole quantità di prove
suggerisce che questo non è necessariamente l'ordine del giorno dei
manifestanti . Molti di loro, tra cui il candidato dell'opposizione Mir Hossein
Mousavi, dicono che vogliono che l'Iran rimanga una Repubblica islamica.
Guardano il cambiamento di regime che è avvenuto nel vicino Iraq e non vogliono
che ciò possa accadere anche per loro. Quello che sembrano desiderare è che le
caratteristiche democratiche della Costituzione siano meglio rispettate, e che
le autorità esecutive, tra cui il Consiglio dei Guardiani, e la organizzazioni
militari e paramilitari, non si mettano a manipolare le elezioni e rispettino
la legge.
L'Iran potrebbe evolvere verso
una vera democrazia basata sullo Stato di diritto entro gli ampi parametri
della costituzione del 1979. Sarebbe necessario abolire l'articolo 110, che è
la base del controllo del Consiglio dei Guardiani sulle forze armate e sui
media, e di spostare la sua funzione a qualcosa di più simile a una corte
suprema che potrebbe esprimere un giudizio sulla coerenza della legislazione
con la Shariah. Nel tempo, il Consiglio potrebbe essere soggetto a qualche forma
di controllo democratico, come la Corte Suprema degli Stati Uniti, anche se i
suoi membri continuerebbero a dover rispettare delle credenziali religiose.
Eliminare del tutto la religione
dalla Costituzione iraniana è più problematico. Lo Stato di diritto non prevale
per le sue qualità formali e procedurali, ma perché riflette norme sociali
ampiamente attese. Se i futuri governanti iraniani rispetteranno lo Stato di
diritto come i governanti tradizionali, dovrà essere una legge che proviene dal
cuore del popolo iraniano a sancirlo. Forse che un giorno ci sarà una un
sistema legale completamente laico. Questo è improbabile che sia il caso di
oggi.
Purtroppo, gli iraniani
potrebbero non arrivare mai a fare una scelta in completa autodeterminazione.
La cricca clerico-militare che attualmente esercita il potere rischia di
trascinare l'Iran in conflitto con gli altri paesi della regione. Questo
potrebbe facilmente consolidare la sua legittimità e il potere. Speriamo che le
forze interne del paese spingano per una evoluzione del sistema politico verso
il vero e proprio Stato di diritto e verso la democrazia.
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