In Iran è stato presentato un film dal titolo "Che" come Chamran, un gioco di parole che da un lato indica la similitudine tra la figura del Che, rivoluzionario argentino eroe della rivoluzione cubana, e Mostafa Chmaran, il "Che" iraniano, esperto di guerriglia, formatosi nelle basi delle milizie mediorientali, soprattutto in Libano e poi morto in Iran ai tempi della guerra con l'Iraq. D'altro canto "Che" indica la lettera dell'alfabeto persiano col quale si scrive il nome di CHamran.
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Il film ha ricevuto molti premi negli scorsi mesi, incassando cifre da capogiro per il cinema iraniano.
Di seguito un articolo su questo eroico personaggio:
La moglie racconta: “Dopo il suo martirio lasciai la nostra casa perché era di proprietà dello Stato e non possedevo niente tranne i miei vestiti; non avevo nemmeno dei contanti. Non sapevo dove andare, per un po’ di tempo andai a stare da mia suocera, poi, ogni notte a casa di un parente, la maggior parte delle notti al Beheshte Zahra (il cimitero di Teheran), presso la tomba di Mostafa. Ho passato notti difficili. In Libano, la nostra casa era stata bombardata e la mia famiglia si era trasferita all’estero.
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Quando eravamo tornati dal Libano (con Mostafa), avevamo lasciato tutto ciò che possedevamo alla scuola in cui lavoravamo. In Iran non avevamo niente, poi all’improvviso Mostafa se n’è andato e sono rimasta sola, senza sapere dove andare.
Dopo sei mesi, l’imam Khomeini venne informato della mia situazione. Quando andai da lui, mi disse: “Mostafa non ha lavorato solo per lo Stato. Tutto ciò che ha fatto, l’ha compiuto seguendo direttamente i miei ordini. Io sono responsabile di te”.
La moglie racconta (dopo che si erano trasferiti in Iran, durante la guerra con l’Iraq): “Un giorno Mostafa mi disse: ‘Domani diventerò martire’. Io pensavo stesse scherzando e gli dissi: ‘Come se fossi tu a poter decidere!’. Ribatté: ‘Io ho chiesto a Dio il martirio e so che Lui esaudirà la mia richiesta. Però voglio che tu acconsenta, voglio andarmene con il tuo consenso’. Alla fine acconsentii, anche se non so come.
La mattina quando stava per uscire gli preparai gli abiti e il fucile come sempre. Quando se ne andò mi resi conto che lui non scherzava mai e che quel giorno non sarebbe tornato, non sarebbe tornato mai più…
La mattina quando stava per uscire gli preparai gli abiti e il fucile come sempre. Quando se ne andò mi resi conto che lui non scherzava mai e che quel giorno non sarebbe tornato, non sarebbe tornato mai più…
Verso mezzogiorno mi chiamarono al telfono dicendo che Mostafa era ferito e dopo vennero ad accompagnarmi all’ospedale. Io conoscevo l’ospedale, ci lavoravo. Come entrammo, mi diressi subito verso la camera mortuaria, sapevo che era diventato martire. Quando vidi il suo corpo dissi: ‘Allahumma taqabbal minna hazalqurban’ (O Dio, accetta da noi questo sacrificio, frase che disse la nobile Zeynab dopo il martirio dell’imam Husayn)”.
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Alla moglie dello Shahid, Ghadah, piaceva recitare la preghiera comunitaria col marito, invece Shahid Chamran preferiva pregare da solo e le diceva: “La tua preghiera si rovina!”. Vedeva che dopo ogni preghiera Shahid Chamran faceva dei sajdah molti lunghi, strofinava il suo viso sulla turbah e piangeva. Com’erano lunghe le sue prosternazioni!
Durante la notte, quando si svegliava per la preghiera meritoria della notte, Ghadah gli diceva: “Basta! Riposati, sei stanco!”.
Invece lui rispondeva: “Se un commerciante spende dal suo capitale, prima o poi il suo denaro finisce e va in bancarotta, deve investire il suo capitale per poter vivere. Se io non recitassi la preghiera della notte, andrei in bancarotta”.
La moglie dello Shahid racconta: “I miei parenti dissero che lo sposo doveva portare il regalo per la sposa, ed era nostro uso che questo regalo fosse un anello. Non c’avevo pensato…Mostafa entrò con il suo regalo. Andai ad aprirlo e vidi che era una candela! Accanto alla candela c’era un biglietto con una frase molto bella. Andai a nascondere subito il regalo…Il mio mahr era un Corano e la promessa che lo sposo mi avrebbe guidato sulla via della perfezione e dell’Ahlulbayt (a). Per i miei parenti e amici tutto ciò era molto strano”.
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