L'Iran apre a Washington: uniti contro il terrorismo. Portaerei Usa nel Golfo Persico

L'allarme della Repubblica Islamica per l'avanzata verso sud dei jihadisti sunniti. Obama conferma il sostegno all'esercito iracheno. Intanto, gli Usa inviano una portaerei americana nel Golfo Persico per essere pronta in caso di intervento

 
 
 
Prove tecniche di alleanza tra nemici storici: l'Iran tende la mano agli Stati Uniti dicendosi disposto a collaborare nel rispetto del diritto internazionale pur di aiutare il governo di Baghdad.   

Usa inviano portaerei nel Golfo "per avere più opzioni"
Intanto, una portaerei americana si recherà nel Golfo Persico per essere pronta nel caso fosse richiesto un intervento militare in Iraq. Lo ha ordinato il segretario alla Difesa, Chuck Hagel. La portaerei, ha sottolineato il Pentagono, offrirà "ulteriore flessibilità" per intervenire qualora fosse necessario "proteggere vite di cittadini e interessi americani" in Iraq, dove è in corso un'offensiva jihadista.

Obama prende tempo
Obama per ora prende tempo. Ha precisato che non ci saranno truppe sul terreno, ma c'è chi ipotizza interventi aerei, magari guidati da droni. Un intervento che secondo gli esperti militari potrebbe scattare anche a 24 ore dall'ordine d'attacco. Quello che è certo è che sinora la minaccia sunnita di Isis ha dato linfa a questa 'strana alleanza' tra Washington e Teheran. Un dialogo che potrebbe aiutare persino a risolvere l'annosa questione del nucleare in tempi più brevi del previsto.   

Proprio il presidente iraniano Hassan Rohani, a pochi giorni dalla ripresa dei colloqui di Ginevra, s'è detto ottimista su una soluzione "comprensiva" già entro il 20 luglio. Intanto, la situazione sul campo in Iraq resta gravissima.

  


Proteste negli Usa
E negli Stati Uniti monta la protesta, un po' tutti contro tutti. Sui social network molto osservano indignati come dopo 4500 morti e tantissimi soldi, almeno 14 miliardi spesi, in quella terra regna ancora il caos. Ma come capita spesso ormai da mesi, il parafulmine, il catalizzatore del malcontento generale è sempre il Presidente Obama, che oggi è volato in California per un week end di golf e raccolta fondi per il partito democratico. Dopo le parole di ieri, sui social media Usa, c'è chi lo accusa di aver anticipato troppo il ritiro dall'Iraq (quasi tre anni anni) e chi esattamente dell'opposto.

In vista del midterm
Poi, in vista del voto di midterm, esponenti conservatori aggiungono la crisi irachena alla lista dei problemi che affliggono da settimane la Casa Bianca: "l'Iraq sta esplodendo, la Russia si sta espandendo in Europa, i nostri Veterani muoiono in attesa di una visita e Barack passa il sabato a giocare a golf e a fare cene politiche", protesta un simpatizzante dei Tea Party. Sull'Iraq interviene anche Donald Trump, l'estroso miliardario conservatore: "L'esercito iracheno è fuori gioco. Obama stai fuori dall'Iraq (che poi non ci saremmo mai dovuti andare)".   

Durissimo con Obama, John Mc Cain, il veterano di guerra, stimato senatore repubblicano, suo ex sfidante del 2008: "Noi abbiamo conquistato l'Iraq, Obama l'ha perso: tutto il team della National Security andrebbe licenziato in tronco". Ma neanche lui ha una soluzione in tasca. Acido anche il comico progressista Andy Borowitz, che però risparmia Barack e indirettamente attacca Hillary: "Chiunque abbia votato a favore dell'invasione in Iraq nel 2003, democratico o repubblicano, oggi dovrebbe stare a bocca chiusa e aprirla solo per chiedere scusa". E c'è chi difende la prudenza della Casa Bianca, ma purtroppo per Obama, sono pochini: "Accusare Obama del disfacimento dell'Iraq - dice uno studente - è come chi accusa un amico che sta facendo colazione del proprio mal di testa, dopo la sbronza della notte prima".
 
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