Israele comincia a pagare il prezzo del genocidio a Gaza: circa 30 effettvi di Tzahal abbattuti





I combattenti della resistenza palestinese hanno ucciso una decina di militari di Tzahal durante uno scontro a fuoco, verificatosi oggi nell'est di Gaza. 
      
Secondo fonti ospedaliere di Tel Aviv, almeno otto soldati sono morti nella notte nel corso delle operazioni nella Striscia di Gaza; altri 17 militari sono stati feriti e ricoverati all’ospedale di Ashkelon.
 
Le Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, citate dall’emittente Al Jazeera, hanno annunciato da parte loro di aver eliminato 15 forze del nemico in quattro diverse operazioni.
 
"Sale cosi' a 29 il numero dei soldati israeliani uccisi dall'inizio dell'aggressione lanciata 13 giorni fa contro Gaza", si legge nel comunicato dei palestinesi citato dall'agenzia "Khabar Farsi". (Vedi "IRIB ITALIA")
 
Come avevamo previsto l'inizio dell'azione di terra inizia a comportare, oltre un vero e proprio genocidio tra i civili di Gaza, un netto aumento di perdite nei ranghi dell'esercito di Tel Aviv.
 
Nel rinnovare la nostra solidarietà alla causa del popolo oppresso della Palestina, ci teniamo a ribadire la nostra analisi di fondo: lo scontro a Gaza è una battaglia (delle tante) riconducibile a uno scontro regionale tra le forze militari, paramilitari e di guerriglia dell'asse della resistenza contro le altre entità attive in Medio Oriente, dal neo-ottomanesimo turco, al conservatorismo arabo-saudita, all'espansionismo sionista. A Gaza sono le armi provenienti da Iran e Siria a combattere contro le armi israeliane, non di certo le armi del mezzo-sultano Erdogan e nemmeno del califfo-virtuale Al Baghdadi.
 
La Palestina e soprattutto Gaza sono oggi l'avanguardia dell'asse della resistenza, che ha le sue provincie a Beirut, nella Valle della Bekaa, a Damasco, a Latakia, a Najaf e Karbala, a Tehran, Tabriz e Mashad, a Isfahan.
 
Chi sta a fianco dell'oppresso popolo palestinese sventolando vessilli come quelli dell'Esercito Libero Siriano (ovvero dei Fratelli Musulmani), consapevolmente o meno, è promotore della causa, nelle migliori delle ipotesi, del neo-ottomanesimo erdoganiano, ovvero di quel governo turco che intrattiene normali relazioni con Israele e che non fornisce nemmeno un petardo alla resistenza palestinese.
 
Per ciò che riguarda Hamas, nonostante il vile tradimento contro la Siria di Bashar Assad, esso dimostra in ogni caso, attraverso alcuni proclami dell'ala militare e del braccio politico, ancora la sua fedeltà al progetto della Resistenza.
 
Inoltre le altre organizzazioni gazawi, dal Jihad al FPLP, hanno unito le forze per contrastare la forza bellica di Israele, certamente superiore alla loro, ma con coraggio e sprezzo per la morte, hanno difeso la loro nazione e la loro dignità.
 
Ovviamente speriamo che il conflitto possa cessare al più presto. D'altro canto la nostra solidarietà alla causa palestinese rimane intatta, nonostante la stragrande maggioranza degli attivisti filo-palestinesi in Italia abbiano posizioni diverse dalle nostre.
 
Viva la Palestina. Viva l'asse della resistenza.
 

Commenti

Posta un commento