La jihad più spietata mette ko Al Qaida




Siamo di fronte ad un'inedita ed assai pericolosa entità islamico terroristica. Un mostro rinato dalle proprie ceneri, divorando i propri simili. Un Proteo capace di mutare aspetto e forme mentre noi inseguiamo le sue passate sembianze. Per capirlo basta il comunicato di Abdel Malik Droukedel, l'imprendibile emiro algerino di Al Qaida Maghreb che abbandona la vecchia casa madre del padrino Al Zawahiri per giurar fedeltà al nuovo «Califfato». Per comprenderlo basta osservare la sbigottita apprensione delle «intelligence occidentali» improvvisamente consapevoli che le minacce di Al Baghdadi, autoproclamato Califfo dell'entità terrorista a cavallo tra Siria e Iraq, potrebbero oscurare quelle del defunto Osama Bin Laden. Anche perché Al Baghdadi conta su una brigata di potenziali kamikaze formati in Siria, ma arrivati dall'Occidente. E capace di ritornarvi con passaporti e identità europee o americane. Kamikaze già dotati, forse, degli ordigni invisibili di Ibrahim Hassan al-Asiri, il mago delle bombe di Al Qaida che nel 2009 impiantò una bomba nel corpo del fratello per colpire i sauditi e a Natale infilò nelle mutande di un nigeriano l'esplosivo destinato a far precipitare un volo in atterraggio a Detroit. 

Così, a 13 anni dall'11 settembre, l'Occidente si ritrova sulla soglia di una nuova epoca del terrore. E deve, ancora una volta, far i conti con le proprie leggerezze. Innanzitutto quelle del 2 maggio 2011 quando eliminato Osama Bin Laden, volto della vecchia Idra, Barack Obama, il Pentagono e i loro alleati s'illudono di aver vinto la guerra. In verità hanno ucciso solo un ex leader declassato al ruolo d'inutile pedina di alcune fazioni dei servizi segreti pakistani. Mentre il Team Six dei Seals lo riempie di piombo il suo regno è già sfuggito al suo controllo.

Dietro lo schermo delle Primavere Arabe già serpeggiano Fenicia e Proteo. A foraggiarli ci sono i dollari di un Emiro del Qatar desideroso non, come spera Washington, di coniugare islam e democrazia, ma di trasformare la propria influenza economica in potere politico e militare. Quei dollari, coniugati con la potenza mediatica di Al Jazeera, fanno crollare i regimi di Tunisia, Libia, Egitto ed incendiano la Siria. Realizzano, insomma, quel che i proclami di Bin Laden non erano mai riusciti ad ottenere. Mentre l'Occidente favoleggia di un Medioriente libero e democratico - in Tunisia germoglia Ansar Al Sharia, la formazione alqidista che l'11 settembre 2012 firma l'uccisione dell'ambasciatore americano in Libia. E dalla Libia, grazie agli appoggi del Qatar, partono le armi razziate nei depositi del rais che trasformano il Mali in un nuovo stato terrorista, destabilizzano ulteriormente il Maghreb e incendiano la Siria. Proprio in Siria prende forma il nuovo mostro accudito da due presunti alleati dell'Occidente come il Qatar e la Turchia di Erdogan. Mentre Washington, Londra e Parigi appoggiano i ribelli contro il «dittatore» Bashar la Turchia apre i propri confini ai terroristi dell'Isis arrivati dall'Iraq, ospita i volontari islamisti con passaporto e identità europea, fa da tramite per il petrolio rubato in Siria e Iraq indispensabile per finanziare il nascente Califfato. In questo risiko disegnato da Erdogan i terristi dell'Isis sono solo pedine da usare per ricostruire l'antica potenza Ottomana.
Nella realtà queste forze, sfuggite al controllo dell'apprendista stregone, si ricompongono, complice la distrazione dell'Occidente, nel nuovo Proteo islamico terrorista. Un Proteo che ora regna su due stati e all'alba d' «hilal» primo giorno del Ramadan non esita a proclamare la rinascita del Califfato ponendosi come punto di riferimento dell'intera l'«umma» islamico sunnita. Un proclama che neppure Osama Bin Laden o l'emiro talebano Mohammed Omar avevano osato enunciare. Ma dietro quell'ardire c'è la consapevolezza di rappresentare una forza terribilmente più ricca, insidiosa e incontrollabile della vecchia Al Qaida. Un nuovo mostro concepito nell'indifferenza dell'Europa e nell'assenza di un'America sempre più lontana.

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/1034670.html

Commenti

  1. Senza la consacrazione dell'"Imperatore" e l'accredito dei "Consiglieri" di questo, il "governatore-califfo" rimanre sempre un "caporale" che deve ancora fare molta strada e dimostrare la sua... fedeltà nell'assolvere i compitri che gli sono stati affidati.

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