La
questione della legittimità e della sicurezza
Israele dalla sua nascita nel 1948
fino ad oggi ha dovuto affrontare i problemi della sua legittimità e della
sicurezza come due questioni principali che minacciano costantamente la sua
esistenza. Questo stato sin dall’inizio ha dovuto fronteggiare due questioni: la
crisi di legittimità all’interno e la mancanza di riconoscimento internazionale,
in particolare da parte degli stati arabi e islamici della regione.
Il popolo musulmano della
Palestina ha respinto la legittimità del regime di Israele e progressivamente ha
costituito i nuclei della resistenza.
La prima resistenza è stata
costituita tra il 1918 e il 1948, che ha compreso tre azioni: la resistenza
pacifica dei palestinesi, la resistenza radicale e l’insurrezione popolare, la
resistenza contro la Gran Bretagna e il Sionismo.
La seconda resistenza si è
costituita nel periodo delle guerre tra gli arabi e Israele negli anni 1948, 1956,
1967 e 1973.
La terza resistenza comprende la
nascita dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, O.L.P., e le sue
attività in forma di gruppi di milizia e partigiani tra il 1947 e il 1987.
La quarta resistenza ha visto la
nascita dell’Intifada nel dicembre 1987 e continua ancora oggi.
Tutto
ciò che la storia e il passato della resistenza dimostrano riguarda il non
riconoscimento di Israele da parte dei diversi governi. Questa situazione ha
radici nell’amara storia della costituzione di Israele e nei suoi progetti, i
quali si possono ritrovare nel libro di Theodor Herzl del 1896, nell’accordo
segreto Sykes- Picot del 1916, nella dichiarazione Balfour del 1917 e nella
questione del “protettorato” sulla
Palestina nel 1918, che praticamente portarono infine alla fondazione di
Israele nel 1948.
In
queste relazioni erano presentati due progetti, uno maggiore e uno minore.
Nel
progetto maggiore si prevedeva la divisione della Palestina, e nel progetto
minore si prevedeva la fondazione di un paese federale costituito da due stati,
uno arabo e l’altro ebraico.
I paesi
arabi, con il sostegno del Consiglio Supremo Arabo, hanno respinto entrambi i progetti
e hanno sostenuto la Palestina araba indipendente. Dall’altra parte, il
progetto minore non ha avuto l’approvazione dei paesi arabi e del regime
sionista, e alla fine nella seduta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite,
il 29 novembre 1947, il progetto che prevedeva la divisione della Palestina è
stato approvato con 33 voti a favore e 13 voti contrari, e di conseguenza il 14
maggio del 1948 è stata proclamata la fondazione dello stato di Israele.
La questione della legittimità
e il processo di dialogo
Il
governo d’Israele, per poter risolvere la questione della legittimità e del
riconoscimento, ha seguito la via pacifica con il mondo arabo e, servendosi della
strategia “né guerra né pace”, ha preparato il terreno per realizzare i suoi
progetti ambiziosi. Israele nel 1949 ha firmato l’accordo per il cessare il
fuoco con i governi di Egitto, Siria e Giordania, e nel frattempo, con la scusa
della frontiera sicura e della sua forza militare, ha rafforzato il processo di
dialogo per vedersi riconosciuta la legittimità. Possiamo definire la pace di Camp
David come una nuova era nel processo della legittimazione di Israele, anche
perché in tal modo questo regime ha potuto stabilizzare ancora di più la sua
posizione. Il processo di dialogo è terminato con l’inizio dell’Intifada e la
questione della legittimità è ancora irrisolta, e inoltre i processi di pace a
Maryland ed Oslo non hanno potuto dare una svolta adeguata.
La questione della sicurezza e
la politica della violenza:
Il governo d’Israele ha dovuto
affrontare le sue questioni di sicurezza all’interno ed all’esterno delle sue
frontiere utilizzando i mezzi militari e la violenza. All’interno ha iniziato a
massacrare e ad espellere i palestinesi nel periodo tra la divisione della
Palestina e la costituzione del governo d’Israele nel 1948, con il massacro di
Deir Yassin ad opera del gruppo dell’Irgun guidato da Menachem Begin, e si è servito di questa politica nel territorio
occupato diverse volte perpetrando diversi massacri come quelli di Gaza, Kafr
Qasim, Tel al-Zaatar, Sabra e Shatila e il campo profughi di Jenin. Inoltre Israele ha applicato da sempre la politica
di espulsione e dell’esilio, e ha espulso grande parte della popolazione
palestinese dalla sua patria.
Yossef
Weitz, ex direttore del Fondo Nazionale Ebraico scrive:
Israele non è abbastanza grande per contenere due popoli, se
gli arabi lasciassero il paese allora possiamo dire che è sufficientemente
grande per noi. Non abbiamo alternativa se non mandare via tutti. Non deve
rimanere neanche un villaggio o una tribù araba.
Seguendo questa politica, progetti e programmi per la
costruzione di nuove colonie ebraiche e iniziative per spingere gli ebrei a
immigrare in Israele sono stati sempre all’ordine del giorno. Sono iniziate le
costruzioni di nuove colonie nelle zone della Striscia di Gaza, in Cisgiordania e sulle Alture del Golan, e si è promossa la
stabilizzazione degli ebrei immigrati al fine di ottenere una relativa
sicurezza nel paese.
Per quanto
riguarda la sicurezza lungo la frontiera, il governo israeliano utilizzò i suoi
metodi militari dichiarando guerra nel 1948 agli stati arabi limitrofi, come
Giordania, Egitto, Siria e Libano.
In questa guerra praticamente la
sicurezza e la sua integrità territoriale furono messe seriamente a rischio ma
gli aiuti degli Stati Uniti e il sostegno delle Nazioni Unite salvarono Israele
e impedirono la sua sconfitta. Alla fine, con la firma dell’accordo, la guerra si
concluse nel febbraio del 1949 e Israele riuscì a raggiungere una certa stabilità,
riuscendo quindi a impadronirsi del 77% del territorio al momento di diventare
membro delle Nazioni Unite. In tal modo di fatto la proposta della divisione,
avanzata dalle Nazione Unite, che prevedeva il 57% del territorio per Israele e
il 43% per gli arabi, e la costituzione di un governo arabo indipendente, è
stata dimenticata.
Israele, per poter avere maggiore
sicurezza e realizzare i suoi progetti ambiziosi, iniziò quindi a rafforzare il
suo esercito e nel 1956, dopo la nazionalizzazione del Canale di Suez, con
l’aiuto della Francia e dell’Inghilterra conquistò il deserto del Sinai. A
causa del confilitto di interessi tra Francia e Stati Uniti la guerra venne però
fermata e Israele abbandonò il Deserto del Sinai.
Nel 1967 Israele, sempre con la
scusa di una maggiore sicurezza, ma in realtà per raggiungere il suo obiettivo
del “Grande Israele”, sferrò altri attacchi contro i paesi arabi confinanti. In
questa guerra Israele bombardò all’improvviso gli aeroporti dell’Egitto e
occupò il Deserto del Sinai, la Cisgiordania, la città Santa di Gerusalemme e
le Alture di Golan, nonostante la risoluzione 242 delle Nazioni Unite. Questa
guerra improvvisa mise a disposizione di Israele le risorse e un territorio
quattro volte maggiore rispetto alla situazione antecedente la guerra, e gli
conferì una maggiore potenza per poter scongiurare le minacce. Questa vittoria
durò comunque poco e non impedì la controffensiva dei paesi arabi che iniziò
nel 1973 dall’Egitto e dalla Siria contro Israele per riprendere il controllo
dei territori da quest’ultimo occupati.
Iniziò
così la guerra del Kippur e la coalizione composta da Egitto e Siria attaccò
Israele su due fronti. Nella prima settimana riuscirono a ottenere vittorie
notevoli, però nella seconda settimana la situazione cominciò a entrare in
un’altra fase con l’arrivo dell’esercito americano in sostegno d’Israele, che
riuscì ad entrare in territorio siriano ed egiziano. Alla fine la mediazione
delle Nazioni Unite portò, il 24 ottobre 1973, alla fine della guerra.
In questa
guerra i paesi arabi non raggiunsero l’obiettivo però riuscirono a mettere se
non in pericolo quantomeno in discussione il potere deterrente e la questione
della sicurezza d’Israele.
La
successiva invasione dell’esercito d’Israele del territorio libanese nel 1982
causò diversi problemi e non poté essere una politica di successo per la
sicurezza e alla fine fu destinata a perdere.
Israele
per tenersi in vita e mettersi al sicuro prese quindi un’altra decisione
politica, ossia dotarsi dell’arma nucleare.
Già nel
1949 si era aperto il Centro di Ricerca Isotopo e nel 1952 il governo di David Ben-Gurion aveva fondato la Commissione
dell’Energia Nucleare d’Israele. Con gli aiuti di paesi come gli Stati Uniti e
la Francia, Israele riuscì quindi a compiere progressi notevoli nel campo della
tecnologia nucleare e ad oggi si presume che questo paese abbia più di 200
testate nucleari, e la sua potenza nucleare è in costante crescita.
Oron, il famoso esperto l’Israele, a proposito dei programmi
nucleari d’Israele disse:
Avere a disposizione le armi migliori, e la possibilità
stessa di servirsi di queste armi, servono
per costringere l’altra parte ad accettare le richieste politiche d’Israele.
Una delle richieste è riconoscere ufficilmente le frontiere attuali e firmare
l’accordo di pace con Israele.
Con la nascità dell’Intifada anche questa politica ha perso però
la sua forza dissuasiva.
L’intifada e la questione della sopravvivenza
Il grande movimento del popolo palestinese contro le politiche
feroci del governo d’Israele ha aperto una nuova era nella storia della lotta
del popolo musulmano della Palestina.
Questo processo si è evoluto rapidamente dopo la conferenza
dei vertici dei paesi arabi nell’aprile 1987 in Oman, che non portò a nessuna presa
di posizione contro il regime sionista.
La prima Intifada, che comprendeva la protesta popolare
contro l’occupazione della Palestina, aveva i seguenti obiettivi:
1- Evitare di far cadere nel dimenticatoio la questione della
Palestina
2- Chiamare l’opinione pubblica a porre maggiore attenzione
3- La necessità di risolvere il problema della Palestina
4- Mettere a rischio la sicurezza interna del regime sionista
5- Evidenziare le dispute dei vari gruppi palestinesi e
costringere i governi e le organizzazioni che gestivano la questione della
Palestina a ricercare i loro interessi comuni.
Uno degli eventi importanti nella storia della lotta contro Israele
è stato il ritiro di Israele dal sud del Libano. Questa azione si è compiuta
senza la firma di nessun accordo e in modo unilaterale il 24 maggio del 2000,
ponendo così fine all’occupazione del sud del Libano dopo 22 anni .
Questo fatto viene considerato la prima sconfitta militare
dell’Israele nella sua storia e la prima vittoria politica, ideologica e
simbolica dell’Organizzazione “Hezbollah”.
Talal Atrissi considera questo ritiro come un obiettivo che
tutti i governi d’Israele stavano cercando, da Yitzhak Rabin e Shimon Peres a
Ehud Barak, ma avevano dovuto affrontare due problemi:
Prima di tutto la preoccupazione per la situazione delle
frontiere dopo il ritiro; secondariamente, Israele desiderava che questo ritiro
venisse fatto sulla base di un accordo regionale, in particolare con la Siria, ma
ciò non fu possibile in quanto Israele non poteva più sostenere le perdite nel sud
del Libano.
Il ritiro di Israele e la vittoria di Hezbollah hanno
rafforzato il fronte anti-Israele e favorito l’avvento della seconda Intifada.
Qualche giorno dopo la liberazione del sud del Libano, Seyyed
Hassan Nasrollah, Segretario Generale di Hezbollah, a Bent Jbail ha dedicato
questa vittoria al popolo palestinese e ha annunciato il suo sostegno alla
secondo Intifada, chiedendo al mondo arabo di fare altrettanto.
L’ingresso provocatorio di Ariel Sharon negli spazi della
Moschea di al-Aqsa incrementò la lotta contro Israele, preparò il terreno per
l’Intifada e causò le dimissioni di Ehud Barak, e dunque un’altra sconfitta per
Israele.
Visto la crescita della violenza politica d’Israele, il
processo del sostegno all’Intifada prese una corsa più rapida e costrinse il
regime ad affrontare una destabilizzazione generale e la crisi della sua
sicurezza in modo che, nonostante la sua potenza militare, deve tutt’oggi
lottare per la sua sopravvivenza.
L’intifada e la politica estera dell’Iran.
L’Iran Islamico nella sua politica estera ha sostenuto da
sempre la Palestina e ha sempre chiesto il ritorno dei profughi alla loro
patria e l’istituzione dello stato indipendente della Palestina. La
proclamazione, da parte dell’Imam Khomeini, della giornata mondiale di al-Quds è stato un segno
importante che dimostra il sostegno dell’Iran dalla Palestina.
L’Imam Khomeini nel suo discorso del 7 agosto 1979 ha
proclamato la giornata mondiale di al-Quds con queste parole:
Possiamo proclamare l’ultimo venerdi del Sacro mese di
Ramadan, che coincide con il periodo di Laylat al Qadr (la notte del destino),
e può essere anche la chiave principale per il destino del popolo della Palestina,
come la giornata di al-Quds. I musulmani in una cerimonia internazionale possono
annunciare la loro solidarietà e il sostegno ai diritti legittimi del popolo
musulmano.
Inoltre l’Imam Khomeini nel suo messaggio del primo agosto
del 1981 definisce la giornata mondiale di al-Quds come il giorno degli
oppressi, e nel suo libro intitolato “Il governo islamico” afferma:
Il movimento dell’Islam sin dall’inizio ha dovuto lottare con
il sionismo, sono stati loro ad iniziare i complotti e la propaganda anti-islamica,
e come vedete continua ancora.
L’Imam Khomeini ha sempre rifiutato il processo di pace tra
arabi e Israele e ha invocato la resistenza contro Israele. Egli a proposito degli
accordi di Camp David disse:
Camp David è solo un inganno e un gioco politico e niente
altro per poter giustificare le continue violazioni di Israele dei diritti dei
musulmani.
Recentamente, la Repubblica Islamica dell’Iran, nell’ambito
dei suoi impegni in politica estera, ha organizzato a Teheran la Conferenza Internazionale
per il sostegno all’Intifada, che ha visto la partecipazione delle delegazioni
di 35 paesi islamici, delle organizzazioni palestinesi, dei leader del Movimento
Hezbollah e di 300 personalità indipendenti.
I partecipanti hanno annunciato il loro sostegno all’Intifada
e hanno concordato sui seguenti punti:
l’istituzione un comitato internazionale parlamentare per la
difesa dall’Intifada, la condanna del sostegno degli Stati Uniti a Israele, l’istituzione
di una corte internazionale per processare i criminali di guerra di Israele, la
richiesta dell’attivazione di comitati per promuovere delle sanzioni contro Israele.
Per concludere, possiamo dire che, considerando l’incremento
del processo dell’Intifida e la crisi della legittimità
e della sicurezza, il regime sionista affronta nuove crisi che mettono a
rischio la sua stessa presenza, e ormai le politiche ambigue di pace e violenza
non possono più essere considerate adatte a risolvere la questione. Pare che il
regime sionista debba rassegnarsi davanti alle richieste legittime del popolo
palestinese più di altri tempi.
Il
regime sionista, essendo consapevole del problema della sua legittimità, a
volte con un linguaggio di pace e a volte di guerra ha violato e continua a violare
i più elementari diritti umani nel territorio occupato e ferisce la coscienza
umana.
La
storia contemporanea può testimoniare diversi esempi del comportamento violento
e disumano del regime sionista nell’arco della sua non lunga storia. Il
massacro di centinaia di persone con la scusa dell’uccisione di tre israeliani,
l’attacco contro i civili e la distruzione delle loro abitazioni ne sono un
esempio lampante.
Oggi la
questione della Palestina non è solo un problema dei paesi arabi ed islamici,
bensì è diventata un problema umanitario. L’occupazione e le azioni criminali
commessi sono una grande catastrofe umana e rappresentano la questione più
importante a livello mondiale.
Purtroppo
oggi i paesi arabi ed islamici e addirittura i paesi che si presentano come i
difensori dei diritti umani nel mondo sono indifferenti nei confronti di queste
azioni criminali e si limitano a dare mere indicazioni politiche.
L’omicidio di Mohammed Abu Khdeir ha causato l’incremento
della tensione nei territori occupati e gli attacchi dell’esercito sionista, armato
fino ai denti, vengono portati avanti sia per via aerea che terrestre contro il
popolo indifeso della Palestina, provocando diversi feriti e morti.
La reazione del mondo non è andata, come detto, oltre generiche
indicazioni politici, mentre il regime sionista continua a massacrare i
palestinesi. Addirittura l’uccisione dei palestinesi è diventato un spettacolo
divertente per alcuni giovani estremisti d’Israele che, seduti su una collina,
si emozionano a vedere il bombardamento di Gaza.
Dopo l’uccisione di centinaia di palestinesi Israele vorrebbe
dimostrare la sua “clemenza” accettando la proposta di pace avanzata di un altro
paese per coprire le sue azioni criminali, pretendendo che il popolo di Gaza, e
in particolare il movimento di resistenza, accetti immediatamente il cessate il
fuoco!
Ancora un’altra volta il mondo si trova davanti a un esame di
coscienza, per vedere come agisce nei confronti delle azioni barbariche del
regime sionista.
Si spera che gli organismi internazionali rispettino i loro
impegni nei confronti dell’umanità e si assumano la loro responsabilità per
impedire l’occupazione e l’oppressione della patria altrui, e permettano che il
popolo palestinese possa decidere liberamente il suo destino.
Ghorban Ali Pourmarjan
Direttore dell’Istituto Culturale dell’Iran - Roma
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