Cari "occidentali", così è troppo facile [Lettera a correligionari e compatrioti]

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di Andrea Giacobazzi
 
Con i fatti siro-iracheni, in questi giorni è ripartito il vecchio disco, roba da jukebox: "Occidente, occidentali, West, western". Forse è poco utile ribadirlo in questa sede ma, come si dice, repetita juvant. Che "Occidente"? Cos'hanno in comune i cattolici del Piemonte con i mormoni dell'Utah? Cosa li rende più prossimi ai luterani della sessantacinquesimastrada di quanto non lo siano agli scismatici del Donbass. Non si sa.
 
Ancora: cosa rende Roma più simile a Washington di quanto non la renda simile a quella che - in verità non senza un po' di autocelebrazione - si definisce la Terza Roma, ovvero Mosca? C'è chi, rispolverando il passato, tira in ballo la dicotomia liberalismo/socialismo. Diciamolo: o è poco informato o mente volontariamente, perché entrambi - tanto il primo quanto il secondo - sono nemici della nostra Tradizione (come del resto furono fieri avversari della nostra Fede anche la “statolatria pagana” e un certo nazionalismo). Non è mancato chi autorevolmente tra i secondi (i socialisti) ha riconosciuto la paternità dei primi e chi tra i primi ha dovuto ammettere di aver favorito la generazione ideologica dei secondi.
 
Del resto l'"Europa dei Popoli" come alternativa è un'altra vecchia castroneria. Un'"Europa dei Popoli" (peraltro slogan inflazionato, usato da quasi tutti) sarebbe la versione mignon e sostanzialmente insignificante dell'Occidente di cui sopra. Dovei forse allungare il discorso e parlare dell'agonia della Cristianità medievale, che retrocede per lasciar nascere la cosiddetta "Europa" e delle fratture religiose, etiche e politiche che hanno determinato questo processo fino alla pace di Westfalia del 1648, ma vado al cuore della questione.
 
Dicevo: si parla tanto di Occidente, alcuni addirittura di "difesa della Civiltà Occidentale", e non ci si accorge che a morire in Oriente sono cristiani ben più cristiani di quelli che guidano l'Occidente. Sarebbe facile fare una provocazione sostenendo che se assumessimo per vera la falsissima assimilazione di "Occidente" e Cristianità, scopriremmo che i cristiani della Piana di Ninive sono molti più occidentali di tutti noi. E ammettendo questo l'ipocrisia e l'ambiguità di certe definizioni verrebbe definitivamente travolta.
 
In quei luoghi, in quelle Piane e quelle Valli che ricolmano le pagine della Bibbia, oggi - Anno del Signore 2014 - non c'è spazio per le vagonate di chiacchiere - spesso totalmente tossiche - che sentiamo qui. Là non c'è spazio per l'ecumenismo e per i suoi ammiccamenti ibridi. La condanna del pericoloso e fallimentare irenismo liberal-sincretista - definitivamente pronunciata da Pio XI con la Mortalium Animos (1928) - là a Ninive, non è ricordata da (inesistenti) "tradizionalisti" locali, sono i fatti a urlarla. L'erroneità e il cerchiobottismo di certo dialogo interreligioso è raffigurata ogni ora nelle cartoline che, via web, i quotidiani online ci fanno giungere dalle città assediate. Sia chiaro: l’ecumenismo (se non per il principio della retribuzione divina) non è il motivo di quello sfacelo, ma è la causa di un altro sfacelo: quello dell’integrità della Fede, la cui ostinata relativizzazione a fini di “pace” risulta – nella migliore delle ipotesi - inutile sul piano politico e deleteria su quello teologico.
 
Comodo per certi giornaloni lagnarsi - e lo ha fatto il Prof. Panebianco dalle colonne del Corriere - delle "complicità occidentali" in ciò che sta accadendo. La cosa curiosa è che i principali accusati risultino essere i critici dell'attuale ordine. Testualmente: "Le società democratiche occidentali hanno sempre contenuto al loro interno quote più o meno ampie di persone che le odiano e vorrebbero distruggerle. Persone che di tali società rifiutano l’individualismo congenito, ne negano il carattere democratico, disprezzano i diritti di libertà di cui godono i loro concittadini, provano ripugnanza per il «materialismo» occidentale, per il fatto che le società democratiche siano soprattutto impegnate nella ricerca del benessere economico" (Articolo: “Le complicità occidentali”, 18 agosto 2014). Avrà certamente ragione Panebianco nel vedere che c'è (anche) chi vuole distruggere, nello scovare i sovversivi e nel denunciare i disfattisti. Peccato che la maggioranza degli "occidentali" non voglia "vedere" distrutto l'Occidente ma se lo "ritrovi" distrutto, loro malgrado, salvo non muovere un dito per sistemare le cose. Il problema - al limite - è la passività, non l’aggressività.
 
Tra una citazione di Schumpeter e una inevitabile menzione di Francesco, il professore ha tralasciato le vere “complicità occidentali” con ribelli e tagliagole. Complicità pubbliche, ammesse e a tratti vantate: dall'aiuto americano ai rivoltosi siriani, alle vecchie amicizie tra Arabia Saudita (probabile sponsor inizale dell'ISIS) e Stati Uniti, ai bombardamenti umanitari che in Africa Settentrionale hanno aperto la strada all'estremismo islamico, fino a giungere a McCain, una sorta di jolly sfasciatutto che compare ovunque ci sia una rivolta appezzata alla Casa Bianca, sebbene pericolosa. Ma di questo Panebianco non parla, meglio citare Schumpeter. Fa chic e non impegna.
 
Non scandalizzatevi però, perché ce lo meritiamo: sì ci meritiamo una classe intellettuale e politica come quella che abbiamo. Il 41% a Renzi è lì a dimostrarcelo. Così come non possiamo lamentarci delle “minacce alla Cristianità”.
 
I cattolici "conservatori" inizino ad aver il coraggio di dire la Verità, denunciando quando necessario i pulpiti e gli altari da cui si insegna l'errore e si predica il falso. Ma a molti non fa comodo. “Venerdì c'è il torneo parrocchiale e non sia mai che il don mi tenga il muso”, “Quel vescovo è super-progressista ma ci lascia alle 7 del mattino del giovedì un altare laterale della chiesetta in montagna per celebrare la Messa in latino, non infastidiamolo”.
 
Allora, se - culturalmente, politicamente ed ecclesiasticamente - non abbiamo il coraggio di fiatare, risparmiamoci la fatica anche per i cristiani iracheni. Se non siamo disponibili a difendere i “valori non negoziabili” nella nostra Terra (un giorno qualcuno ci spiegherà quali sono i valori “negoziabili” e soprattutto quelli “negoziati”), evitiamo di stracciarci le vesti per la tutela della Cristianità negli altri continenti.
 
Meglio il silenzio. Sarebbe meno ipocrita.
 
Fonte: Radio Spada

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