Il gran muftì d'Egitto: «Violati tutti i principi dell'islam»

 
 
 
È una condanna senza appello né ambiguità quella pronunciata ieri nei confronti dei miliziani dello Stato islamico (Isis) dal gran muftì d’Egitto, Shawki Allam, subito ripreso dall’agenzia di stampa nazionale Mena e dai principali mezzi di informazione arabi. Allam ha accusato i miliziani Daash, questo l’acronimo utilizzato nel mondo arabo e dai media iraniani, di «violare tutti i principi dell’islam» e ha ammonito... i fedeli musulmani dicendo che «questo sanguinario gruppo rappresenta un pericolo per l’islam e per i musulmani nel mondo». Il gran muftì ha fatto appello a tutti gli arabi perché contrastino questi pericoli. Fino ad ora, mentre l’avanzata dell’estremismo islamico in Iraq assumeva il ritmo della tragedia inevitabile, le massime cariche religiose musulmane hanno stentato a trovare linguaggi, canali e autorevolezza necessari a rigettare l’orrore. Come se anche le guide spirituali più accreditate non sapessero come agire per fare chiarezza. Il risultato è stato un silenzio ambiguo, punteggiato dal pronunciamento, seppure significativo, di intellettuali, politici, figure anche di spicco, ma mai apicali.
 
La crisi politica in Iraq e la drammatica situazione delle minoranze religiose, fra cui i cristiani, sono stati anche al centro del recente incontro (il 9 agosto) fra la massima autorità sciita irachena, il grande ayatollah Ali al-Sistani, e il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako. «Voi siete parte di noi e noi siamo parte di voi. Siete nei nostri cuori e soffriamo per quanto sta succedendo a voi, ai sunniti e agli sciiti, perché tutti sono nel mirino», ha dichiarato al-Sistani, il più influente leader religioso iracheno. Al patriarca caldeo, incontrato a Najaf, al-Sistani ha sottolineato la disponibilità ad accogliere gli sfollati cristiani, che sono «i benvenuti».
 
 

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