L’Islam è buono o cattivo?

 
Ali Reza Jalali
L’anno scorso scrivevo un articolo su uno dei miei blog personali (1) dal titolo L’integralismo islamico che è diventato “moderato”, ripreso poi da vari siti, tra i quali quello del periodico on line di “Stato e Potenza” (2). Il breve saggio ebbe un certo successo, tanto da essere tradotto, adattato e pubblicato anche all’estero, in particolare da una rivista inglese specializzata in tematiche islamiche (3). In quell’articolo, pubblicato in Italia nel giugno del 2013 e nel Regno Unito qualche mese più tardi, notavo come con lo scoppio della primavera araba e il ritrovato feeling tra l’Occidente politico e una parte consistente dell’Islam politico, rapporto deterioratosi pesantemente sotto il governo Bush junior, prima dell’avvento di Obama e il suo famoso discorso al Cairo (4) - dove il leader USA diceva che bisognava cercare un nuovo rapporto “fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto. […] America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani" - avesse ridimensionato il vilipendio della religione islamica e l’islamofobia presente nei media occidentali, compresi quelli italiani. Quella situazione, in cui l’Islam politico in particolare e la religione maomettana in generale non venivano più osteggiati mediaticamente sembra al momento superata. Notiamo infatti che sono riprese campagne di disinformazione e mistificazione nei confronti dell’Islam da parte di giornali e giornalisti più o meno famosi.
 
Perché? Il motivo principale è che bisogna, come sempre accade, trovare una giustificazione morale a una guerra. Non si può presentare una guerra, da parte di qualsiasi potenza, occidentale, orientale, islamica, vegana o induista che sia, così come è, ovvero un’azione armata finalizzata al conseguimento di maggiore potere ovvero dell’egemonia. Sarebbe troppo brutale e poco elegante da presentare all’opinione pubblica, quindi, da almeno qualche decennio, in Occidente le guerre vengono giustificate in nome della religione dei “diritti umani”, mentre in epoche passate le stesse potenze occidentali promuovevano conflitti in nome di altri motti, tra cui possiamo ricordare il “cristianesimo”, il “primato della razza bianca” o la lotta per la “civilizzazione dei popoli barbari”. Ma il concetto di fondo è lo stesso, giustificare per l’opinione pubblica una guerra. Ovviamente lo stesso discorso lo si può fare anche per le potenze orientali o islamiche. Discutiamo di Occidente perché qui ci troviamo e vogliamo capire il perché del cambiamento della propaganda mediatica sull’Islam, tutto qui. Insomma, prima l’Islam era cattivo, ai tempi di Bush, poi è diventato buono, con Obama, come abbiamo visto l’anno scorso, e ora sembra essere tornato cattivo. Infatti, uno dei motivi principali che ha spinto Washington e successivamente la macchina propagandistica occidentale, compresa quella italiana, ha riconsiderare l’Islam, fu la necessità di muovere gli islamici radicali contro regimi che in quella fase dovevano essere eliminati (Libia) o indeboliti (Siria). Bisognava quindi cercare di giustificare l’alleanza tattica con gl’islamisti, attraverso una propaganda che dicesse: “I cattivi sono i regimi al potere, non religiosi strictu sensu, ma sicuramente totalitari, diabolici, criminali e soprattutto sterminatori di bambini.”
 
 
L’uomo qualunque, attraverso questo tipo di propaganda, si convinceva appunto che i regimi arabi erano cattivi, e che quindi fosse necessario un sostengo a chi si opponesse ai governi dispotici dell’altra sponda del Mediterraneo, anche a costo di trovarsi nella lotta fianco a fianco dell’Islam politico radicale. Ora però, fallito il tentativo di spodestare il governo siriano, mentre il giochetto in Libia è riuscito, il perseguimento dell’egemonia occidentale nel mondo islamico deve continuare, mutando però tattica: l’Islam radicale al momento ha esaurito parzialmente la sua spinta propulsiva, rivolgendosi su obiettivi che vanno al di fuori della missione in comune con l’Occidente. Ora i miliziani stanno mettendo a ferro e fuoco l’Iraq, spingendosi fuori dal loro territorio di competenza, le regioni sunnite dell’Iraq, mettendo a repentaglio le aree curde, una solida base occidentale in quella regione del mondo. Bisogna quindi intervenire e bombardare quelle stesse milizie nate circa una anno fa in Siria (lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria appunto), dopo una serie di scissioni e riunioni tra vari gruppi dell’opposizione al governo siriano, osteggiato dall’Occidente (Assad, presidente siriano, spesso è stato accusato dai media nostrani di essere un “massacratore di bambini”), che però ora si trovano in territorio iracheno. Visto che li si bombarda, e visto che per ogni guerra bisogna trovare una giustificazione morale in nome del dio del dirittumanismo, quale migliore etichetta di quella in cui si torna a propagandare un becero anti-islamismo? In fondo i miliziani bombardati in Iraq fanno le loro stragi in nome dell’Islam. Peccato che facessero la stessa cosa anche in Siria (a dire il vero in Siria sono operativi anche adesso), ma lì erano i campioni della lotta contro il dittatore Assad, capo di un paese che al momento non è una solida base dell’Occidente a quelle latitudini.
 
 
Per cui l’Occidente nuovamente, dopo la parentesi obamiana di qualche anno, scende in campo non tanto contro l’Islam politico, ma contro l’Islam in quanto tale. I crimini dei miliziani islamisti dell’ISIS non sono riconducibili ad essi, ma all’Islam in quanto religione, esattamente come avveniva nella propaganda mediatica ai tempi di Bush, dove i crimini di Al Qaida erano ricondotti direttamente all’Islam in quanto tale: in fondo, non era stato proprio Samuel Huntington nel suo celebre saggio Lo scontro delle civiltà a dire che il problema per l’Occidente non è l’Islam politico, ma l’Islam in quanto tale? (5) Le alleanza ovviamente, sono strumentali per raggiungere uno scopo, l’egemonia. Lo stesso dicasi per la propaganda e le giustificazioni che si possono trovare per intervenire o non intervenire in certi contesti: in Iraq si interviene contro l’Islam politico perché bisogna salvare le minoranze perseguitate, in Siria, anche se gl’islamisti perseguitano le minoranze, non si interviene, perché bisogna sconfiggere il dittatore che uccide i bambini. Alla fine di tutti questi giri di valzer però, chi ci rimette è solo l’intelligenza della nostra gente qui in Italia, mortificata da una pesante propaganda che gira e rigira le questioni come vuole, in funzione del padrone di turno, oggi e da qualche decennio quello a stelle e strisce. Come dicevo anche un anno fa, guai a urtare il comando del proprio capo.
 
3-      “Islam Today”. Qui la versione in formato pdf del numero della rivista in cui è stato pubblicato l’articolo http://www.islam-today.net/magazine/issue11september.pdf
5-       Samuel P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 2000, p. 319, cit in http://www.eurasia-rivista.org/lislamismo-contro-lislam/17951/. “Il vero problema per l’Occidente non è il fondamentalismo islamico, ma l’Islam in quanto tale”. Questa frase, che Samuel Huntington colloca in chiusura del lungo capitolo del suo Scontro delle civiltà intitolato “L’Islam e l’Occidente”, merita di essere letta con un’attenzione maggiore di quella che ad essa è stata riservata finora.”

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