Un anno fa Rohani andava al governo in Iran: alcune considerazioni



 

A. Davari, consulente dell’ex presidente Ahmadinejad, risponde alle domande di una agenzia di stampa iraniana a un anno dall’insediamento del governo di H. Rohani a Tehran. Di seguito un sunto a cura di Ali Reza Jalali.

 

Quali sono i motivi che hanno portato Hassan Rohani alla vittoria elettorale del 2013?

 

Le elezioni del 2013 sono state dirette da Rafsanjani; egli sapeva bene che vista la situazione economica del 2012, con una forte inflazione dovuta alle sanzioni, creare una atmosfera di contrapposizione tra gli ultras del nucleare e gli ultras delle trattative con la comunità internazionale avrebbe favorito un candidato del secondo gruppo. D’altro canto i conservatori hanno fatto alcuni errori gravi di valutazione: hanno pensato che Rafsanjani dopo il rigetto della sua candidatura alla presidenza da parte del Consiglio dei Guardiani si sarebbe ritirato a vita privata o altrimenti avrebbe fatto come nel 2009, promuovendo disordini e rivolte di piazza. Invece Rafsanjani ha mantenuto la calma e ha dichiarato il suo esplicito sostegno a Rohani. Poi i conservatori erano convinti che avere Rohani come oppositore, ovvero un chierico, l’unico in lizza, li avrebbe favoriti, visto che ormai nel bel mezzo del quarto decennio della Rivoluzione islamica, esiste un diffuso malcontento e sfiducia nei confronti di una parte importante del clero iraniano. Inoltre i conservatori pensavano che un candidato come Aref, riformista, si sarebbe presentato alle elezioni rompendo il fronte dei moderati. Aref però in extremis si è ritirato dalla tornata, presentando un fronte moderato unito intorno a Rohani, contro un fronte conservatore diviso in più candidati. La presenza di Jalili tra i conservatori poi, responsabile dei colloqui sul nucleare con le potenze mondiali, ha facilitato la propaganda moderata incentrata sullo scontro tra gli ultras del nucleare contro gli ultras delle trattative con la comunità internazionale. E’ stata la mano di Rafsanjani a far eleggere Rohani attraverso uno schema complesso, la stessa mano che ha fatto sì che uno come Jalili rimanga fino alla fine come potenziale avversario di Rohani.  

 

Lei ritiene che il voto del 2013 non sia un voto contro Ahmadinejad. Perché?

 

In primo luogo bisogna fare una premessa: all’indomani della fine dei tumulti di piazza del 2009, che hanno avuto delle conseguenze anche nelle prime settimane del 2010, i conservatori pensavano di aver vinto definitivamente la loro battaglia contro i moderati e Rafsanajni. Pensavano che con la fine delle proteste e il fallimento del movimento verde l’unica minaccia per i loro piani egemonici fosse Ahmadinejad, non più i moderati, i riformisti e Rafsanjani. Da quel momento in poi progressivamente iniziò uno scontro frontale non più tra conservatori e riformisti, ma tra conservatori e Ahmadinejad. Di fatto, dal 2011 in poi nei media conservatori il grande satana interno non era più Rafsanjani, ma Ahmadinejad. Nel 2013, alla vigilia delle elezioni l’atmosfera mediatica era concentrata sullo scontro tra i conservatori e il presidente in carica, ma la decisione del Consiglio dei Guardiani di estromettere il delfino di Ahmadinejad, Mashai, ha fatto sì che i voti dell’elettorato slittassero da Mashai, che non c’era più, all’altro candidato alternativo al fronte conservatore, Hassan Rohani. Gli elettori che hanno fatto vincere Ahmadinejad nel 2009 sono stati gli stessi che hanno fatto vincere Rohani nel 2013.

 

Perché questo scontro tra Ahmadinejad e i conservatori? Tutto sommato il retroterra di Ahmadinejad è da riscontrare proprio tra i conservatori, giusto?

 

Certamente, Ahmadinejad viene da quella corrente. Ma progressivamente per via della libertà e del poco controllo che i conservatori hanno avuto su di lui, ad esempio su alcune nomine importanti o su alcune politiche da promuovere, il divario tra l’ex presidente e i suoi ex sostenitori è aumentato. Ahmadinejad agli occhi dei conservatori era troppo libero dagli schemi partitici e dalle logiche di coalizione, inoltre alcuni dei suoi più stretti collaboratori non avevano mai fatto carriera all’interno di associazioni, partiti o enti legati ai conservatori. Era un conservatore sui generis. Col passare del tempo non sono più riusciti a tollerarlo. Inoltre c’è una diversa visione della società: i conservatori tradizionali non hanno un forte legame con la gente, loro si concentrano nelle loro analisi ad alcuni parametri, ovvero l’islam, la rivoluzione, l’imam Khomeni e la Guida. Il popolo non esiste. D’altronde i riformisti hanno un rapporto privilegiato con alcune parti del popolo, ovvero i ceti medio-alti. Secondo la visuale di Ahmadinejad invece il popolo deve avere un ruolo centrale, anzi, la base è proprio da riscontrare nel popolo e gli altri parametri indicati dai conservatori sono come una sorta di completamento del fattore popolare.  

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