I minatori contro Rohani: “No alle privatizzazioni”

Maurizio Molinari
 
 
Le proteste operaie di Bafgh, nell'Iran centrale
 
 
  
"LA STAMPA"
I minatori di Bafgh sfidano Hassan Rouhani. Bafgh è uno dei maggiori centri estrattivi dell’Iran e dal 17 maggio è paralizzato dalla protesta sindacale degli operai che si oppongono al trasferimento del 28 per cento della proprietà degli impianti a privati. Il ministro dell’Industria e delle Miniere, Mohammadreza Nematzadeh, vuole tuttavia andare avanti nell’operazione destinata a completare un processo iniziato nel 2000 che ha portato finora alla vendita ai privati del 70 per cento della proprietà. Ma i minatori non sono disposti a cedere: considerano l’ultimo 28 per cento di proprietà pubblica una garanzia e nonostante i 18 mandati d’arresti contro altrettanti attivisti, rilanciano la sfida.  
 
Dopo una prima fase di agitazioni infatti, dal 19 agosto, hanno aggiunto alle ragioni dello sciopero anche la liberazione di due operai imprigionati: Ali Sabri e Amirhossein Kargaran. La conseguenza sono stati ulteriori arresti da parte della polizia e proteste da parte dei manifestanti, che sono riusciti ad ottenere il sostegno del consiglio comunale e di importanti leader religiosi locali, accomunati dal timore delle conseguenze della privatizzazione. In realtà questo provvedimento rientra in un complesso i riforme che vennero iniziate negli anni Novanta dall’allora presidente Hashemi Rafsanjani ma nel frattempo le condizioni economiche in Iran sono peggiorate e i minatori non sembrano disposti a sostenere ulteriori sacrifici, anche perché accusano il governo di Teheran di celare “corruzione e nepotismi” dietro il programma di riassetto societario.  
 
Per il presidente Hassan Rouhani si tratta di una sfida non facile da gestire perché contrappone una delle fasce delle popolazione più colpite dalla crisi al processo di ristrutturazione dell’economia da lui sostenuto per preparare l’Iran a cogliere le opportunità economiche del dopo-sanzioni. 

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