È pronto il primo troncone del ‘gasdotto dell’Amicizia’: manca solo la Siria
Giovanni Andriolo
A partire dal prossimo marzo, il gas naturale iraniano potrà fluire in
Iraq attraverso un gasdotto nuovo di zecca. L’opera
costituisce il primo tratto del cosiddetto ‘gasdotto
dell’Amicizia’: un progetto più ampio, per la creazione di un
sistema di condutture che colleghino i giacimenti iraniani alla Siria,
attraverso il territorio iracheno. Una vera e propria
‘autostrada’ per il gas iraniano verso il mercato europeo, che non ha lasciato
indifferenti diversi ‘competitors’ regionali, come Qatar e Turchia.
Sebbene nel lato siriano l’attuale situazione di instabilità e di scontro
abbia bloccato l’avanzamento dei lavori, il primo troncone, quello tra Iran e
Iraq, sembra essere pronto.
Esteso all’incirca 97 chilometri, il tratto già completato permetterà
all’Iran di esportare nel Paese vicino dai 4 ai 7 milioni di metri cubi di gas
al giorno. Secondo fonti ufficiali iraniane, tale ammontare dovrebbe
raggiungere i 25 milioni di metri cubi in soli tre anni. Un bel passo in avanti
per i volumi di esportazione di Teheran, che attualmente superano di poco i 10
miliardi di metri cubi annui e che
il Governo vuole portare a circa 80 miliardi di metri cubi per il 2020.
D’altra parte, la Repubblica iraniana, complessivamente la
seconda riserva di gas naturale al mondo, può contare su giacimenti
giganti,
come quello ‘offshore’ di South Pars-North Dome, da cui attinge
però anche un altro grande produttore ed esportatore, il Qatar (si parla di 16
mila milioni di metri cubi di gas nel solo settore iraniano).
E proprio da questo giacimento, il più grande al mondo, sarebbe dovuto
partire il gasdotto dell’Amicizia, per estendersi per 1.500 chilometri fino a
Damasco. Almeno secondo l’accordo firmato dalle autorità di Siria, Iraq
e Iran nell’agosto del 2011, prima dell’offensiva dello Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante (ISIS) e degli attacchi internazionali in territorio
siriano e iracheno.
Secondo questi accordi, che hanno dato origine alla realizzazione del
progetto, il gasdotto, una volta giunto in Siria, si sarebbe potuto
estendere sul versante meridionale del Mar Mediterraneo fino alle coste
greche, per raggiungere così il mercato
dell’Unione Europea.
Il ‘gasdotto dell’Amicizia’ sarebbe dovuto entrare in funzione tra il 2014 e
il 2016, e, secondo i piani, avrebbe avuto una capacità di trasporto di 110
milioni di metri cubi di gas al giorno, per un totale di 40 miliardi di metri
cubi all’anno. Parte di questo gas si sarebbe dovuta fermare nei Paesi di
passaggio: 25-30 milioni di metri cubi in Iraq, 20-25 milioni di metri cubi in
Siria, e, da lì, 5-7 milioni di metri cubi in Libano. Non mancavano inoltre
progetti per collegare al gasdotto anche la Giordania.
Fin dal concepimento di questo grandioso progetto, tuttavia, diversi analisti
sottolineavano come lo stesso avrebbe potuto urtare alcune
‘traiettorie’ del commercio di gas nella
regione già in moto da alcuni anni.
Ad esempio, il gasdotto dell’Amicizia potrebbe costituire
un’alternativa al progetto europeo
‘Nabucco’: una ‘pipeline’ capace di trasportare 30 miliardi di
metri cubi all’anno da Iraq, Azerbaigian e Turkmenistan attraverso il territorio
turco. Progetto ingente, ma che non potrebbe competere, in quanto a quantità
trasportata, con le disponibilità della riserva, quella iraniana, più grande del
mondo.
In secondo luogo, il gasdotto dell’Amicizia isolerebbe dal suo
percorso il Qatar e la Turchia, urtandone così gli
interessi. Il Qatar, infatti, condivide con l’Iran il mega giacimento
‘offshore’ di North Dome/South Pars, e starebbe valutando un nuovo progetto
internazionale. Ne parla Dmitry Minin, analista della Strategic
Culture Foundation: si tratterebbe di un piano, appoggiato
anche dal Governo statunitense, di costruire un gasdotto che, partendo
dal Qatar, possa raggiungere l’Europa via Arabia
Saudita, Siria e Turchia. La capacità
di trasporto del gasdotto, sebbene non specificata, potrebbe, viste le
disponibilità di gas del Golfo Persico e del
Mediterraneo Orientale, superare sia quella del Nabucco sia quella del
gasdotto dell’Amicizia.
L’unico problema, sottolinea Minin, è il punto di
approdo del gasdotto prima del suo ingresso in Turchia: la
Siria. Proprio nella città siriana di Homs, infatti, si troverebbe il
crocevia più importante del gasdotto, da cui il prezioso idrocarburo sarebbe
smistato in parte verso il porto siriano di Latakia, in parte verso quello
libanese di Tripoli e in parte in territorio turco. Minin, poi, si avvale anche
di questo dato per sostenere come gli scontri in Siria sarebbero in
realtà sorti, fin dal 2011, per interessi di tipo
energetico, sottolineando come nelle prime fasi della guerra i
contrasti più crudi si sarebbero avuti proprio intorno alla città di Homs, e
come proprio Qatar e Turchia avrebbero giocato un ruolo fondamentale di
assistenza e rifornimento dei combattenti antigovernativi.
Senza entrare nel merito di una tale teoria, a cui anche ‘L’Indro’
aveva già precedentemente accennato e a cui si rimanda per approfondimenti,
restano, riguardo alla situazione siriana, alcuni dati di fatto innegabili.
Da un lato, la conquista di territorio siriano da parte dell’ ISIS ha
coinvolto anche alcuni tra i maggiori giacimenti di gas del Paese, che
sono
pertanto finiti nelle mani del gruppo islamista. Tanto che, sembrerebbe, lo
stesso Stato siriano, rimasto senza combustibili per le proprie stazioni di
energia elettrica, starebbe acquistando dall’ISIS il gas naturale prodotto negli
stessi giacimenti nazionali da cui è stato estromesso.
In secondo luogo, i recenti bombardamenti statunitensi e
internazionali si starebbero accanendo, soprattutto in territorio
siriano, proprio su tali giacimenti, con la finalità dichiarata
di annichilire le fonti di approvvigionamento di capitali del fantomatico ‘Stato
Islamico’. Tuttavia, in pochi sottolineano come la diretta conseguenza di questi
elementi non può che tradursi in un annichilimento dell’intera
infrastruttura estrattiva, produttiva e di trasporto del gas
naturale siriano. Gli eventi degli ultimi tempi, insomma, non stanno
certo garantendo al settore un futuro facile.
Tanto più che il gasdotto dell’Amicizia si sarebbe dovuto
integrare, in suolo siriano, anche con queste infrastrutture
per poi raggiungere, come sbocco sul Mediterraneo, il porto
siriano di Tartous. Dove, fanno notare i più maliziosi, è presente una
base navale della Federazione Russa che, fin dai tempi della Guerra Fredda,
costituiva il punto di accesso per Mosca nel Mare Mediterraneo. Un guardiano del
portone poco gradito sia all’Europa sia al Qatar e ai Paesi del Golfo
Persico.
Ne emerge un quadro complicato, dove gli obiettivi politici si intersecano
con gli interessi commerciali e strategici, in un’ottica che fuoriesce
dall’ambito regionale e coinvolge le maggiori potenze mondiali.
Malgrado ciò, tuttavia, la cooperazione regionale, dove non
è soffocata, non sembra intenzionata a fermarsi. Lo dimostra
certamente il completamento del primo troncone del gasdotto dell’Amicizia, ma
anche l’annuncio di nuovi progetti che, di fronte alle diverse
‘forze di distruzione’ attive nella regione, si pongono l’obiettivo di
costruire.
Come, ad esempio, il recente annuncio dell’iraniana National Oil
Products Distribution Company, intenzionata a realizzare almeno dieci
stazioni di gas naturale compresso in Iraq non appena il gasdotto che unisce i
due Paesi sarà entrato in funzione.
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