Uno sguardo sull’Iran. Recensione di "Dossier Iran e Vicino Oriente"


 
 
 
Senza ombra di dubbio il Vicino Oriente oggi rappresenta una delle aree più instabili del pianeta, un vero e proprio heartland del caos globale. Questa situazione, ormai ancor più palese con l’emergere della crisi nella regione, soprattutto a cavallo tra Iraq e Siria con la manifestazione del cosiddetto Stato Islamico guidato dal misterioso califfo Al Baghdadi — entità che occupa una parte considerevole del territorio dei due paesi arabi, con ramificazioni anche fino alla Libia —, sembrerebbe il frutto di diversi fattori: da un lato le ambizioni delle grandi potenze, sempre pronte a intromissioni anche considerevoli nei paesi dell’area, sia per il ruolo geopolitico del Vicino Oriente, sia per le sue risorse energetiche; e dall’altro l’instabilità e la frammentazione dell’area e dei paesi che la compongono.
 
Una delle isole di stabilità in questa regione così instabile è sicuramente l’Iran, che non solo è riuscito a evitare un coinvolgimento diretto sul proprio territorio (cosa che non è riuscita ad altri attori importanti della regione, anche se con gradazioni diverse, dalla Siria e dall’Iraq fino all’Egitto e alla Libia), ma ha anche incrementato notevolmente il proprio peso regionale, grazie ad una attenta politica di sostegno ad alcune entità governative e non solo, senza però un impegno eccessivo che possa in qualche modo ledere il potenziale strategico iraniano.
 
 
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Recentemente la casa editrice Irfan ha dato alle stampe un breve saggio (poco più di 80 pagine) a cura di Ali Reza Jalali, studioso di origine iraniana ma nato e cresciuto in Italia. Il libro — intitolato Dossier Iran e Vicino Oriente. Ricerche e analisi di diritto costituzionale, scienze politiche e relazioni internazionali — tratta proprio della situazione nel Vicino Oriente e contiene alcuni saggi dell’autore su vari argomenti, dal diritto costituzionale alle relazioni internazionali, nell’ottica di un’analisi solidamente storica ma anche legata all’attualità. I primi capitoli si concentrano sull’ordinamento iraniano e sull’evoluzione del modello istituzionale, soprattutto per quello che riguarda la transizione dalla monarchia costituzionale islamica dello Shah alla repubblica islamica voluta da Khomeini, edificata nel 1979. Questo passaggio ha segnato alcuni tratti di rottura col passato iraniano: si pensi ad esempio al ruolo maggiore assunto dal diritto islamico e dai valori religiosi nell’ordinamento giuridico iraniano, ma anche dei tratti di continuità, come ad esempio il ruolo centrale nelle istituzioni e nella forma di governo del capo dello stato, prima in veste di monarca, poi in veste di dottore della legge religiosa. Oltre a ciò il testo analizza alcune particolarità del pensiero politico egemone oggi nell’ordinamento iraniano, ovvero quello strano e apparentemente contraddittorio concetto di “democrazia religiosa”, spesso richiamato anche dall’attuale Guida suprema iraniana Khamenei. Essa può essere vista, almeno questa è l’opinione di Jalali, come una sorta di versione relativizzata della democrazia occidentale, una forma di democrazia che cerca di adattarsi — in questo senso “relativizzata” — a un contesto culturale, storico, giuridico e religioso che ha poco a che vedere coi modelli occidentali ed europei, impregnati in qualche misura di diritto romano, cristianesimo e illuminismo.
 
 
 

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