Ali Reza Jalali
Quest’anno che si appresta a
concludersi, era iniziato all’insegna del disgelo tra le potenze occidentali e
l’Iran, disgelo segnato da alcuni passi simbolici, ma significativi: l’invito
di una delegazione iraniana a Davos per il celebre meeting internazionale della
finanza globale, il viaggio del Ministro Bray in Iran e la ripresa dei colloqui
sul nucleare tra il 5+1 e l’Iran erano tutti indicativi di un nuovo corso nelle
relazioni internazionali. Proprio a inizio anno il presidente Rohani dalla
Svizzera ricordava come le relazioni fra l’Iran e gli Stati Uniti fossero
entrate in una nuova fase sottolineando come per la prima volta da diversi
decenni, i politici delle due nazioni avessero negoziato direttamente in modo
costante su diversi problemi. (1) Nonostante queste aperture però le relazioni
tra Iran e Occidente rimanevano tese e complicate per una serie di motivi
riconducibili a una sfiducia o dei sospetti reciproci. Un caso emblematico fu
quello, salito alla ribalta delle cronache a febbraio, riguardante una
fornitura di armi iraniane all’Iraq.
Gli statunitensi espressero la propria
preoccupazione riguardante l’aumento dell’influenza iraniana in Iraq: ma nel
giro di pochi mesi, Iran e USA si sono nuovamente trovati dalla stessa parte
della barricata, in modo specifico dopo la presa di Musul da parte dell’ISIS in
territorio iracheno. Pur non facendo parte della coalizione internazionale, gli
iraniani si sono impegnati nella guerra contro il gruppo radicale, con uno
sforzo bellico ormai nemmeno tanto nascosto. Il fatto è assai più complesso
però di una semplice alleanza tra USA e Iran contro l’ISIS. Andiamo alle
motivazioni: da alcuni mesi è in atto una violenta recrudescenza dell’attività
terroristica condotta da formazioni di insorti sunniti, autonominatesi Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante. La loro offensiva, che nel resto del Paese è stata
portata con sanguinosi attentati, nella provincia di al Anbar (nel famoso
triangolo sunnita a nord ovest di Baghdad che i soldati americani ricordano
anche troppo bene) è sfociata in ribellione aperta, fino all’assunzione del
controllo di città come Fallujah, e le forze di sicurezza hanno dovuto
combattere aspre battaglie per riprendere in mano una situazione che, al
momento, è tutt’altro che completamente ristabilita. La ribellione, che ha nei
jihadisti la sua punta di lancia, si salda col malcontento delle tribù sunnite
della zona, ostili al governo centrale, e minaccia di durare parecchio.
Essa è
la punizione che i Sauditi intendono infliggere al premier e al suo Paese, per
l’atteggiamento nel conflitto siriano, vicino a Bashar al Assad, contro cui
conducono ormai da anni una feroce guerra per procura. Destabilizzando l’Iraq,
essi intendono ottenere due risultati: ostacolare l’affermarsi di un asse
sciita che dall’Iran arrivi fino al Libano attraverso la Siria, ora in fiamme,
ed impedire che la produzione di greggio irachena possa riprendere appieno,
riversandosi su un mercato saturo ed abbassando la quotazione internazionale.
(2) L’avanzata dell’ISIS complica i piani al governo iracheno e Maliki è
costretto alle dimissioni, sostituito però da Haider Abadi, proveniente dallo
stesso partito di Maliki: insomma, la politica filoiraniana di Baghdad non
cambia. Anzi, i curdi, che negli ultimi tempi si erano avvicinati alla Turchia
di Erdogan, con la minaccia dell’ISIS sotto casa, tornano sulle loro vecchie
posizioni filoiraniane, in quanto, a detta dei dirigenti del Kurdistan
iracheno, l’Iran è il primo paese a soccorrere Erbil durante l’avanzata
jihadista da Musul. Iran e USA quindi, magari per motivi diversi, sembrano
essersi alleati contro l’ISIS in Iraq. Ma in Siria l’atteggiamento di
Washington, almeno formalmente, rimane ostile nei confronti del governo di
Assad.
Durante tutto il 2014 le relazioni tra Stati Uniti e Iran sono
altalenanti; ulteriore crisi si prospetta quando viene presa la decisione da
parte degli Stati Uniti di non concedere il visto all’ambasciatore iraniano
all’ONU Hamid Aboutalebi. (3) Poi a complicare il tutto ci pensa anche un
documento dell’UE che condanna l’Iran per le violazioni dei diritti umani. Il
Parlamento europeo aveva difatti adottato una risoluzione sullo sviluppo delle
relazioni tra Unione europea e Iran, il cui contenuto indicava chiaramente il
governo iraniano come autore di sistematiche violazioni di diritti fondamentali
nel paese. Il Ministro degli Esteri persiano, Mohammad Javad Zarif, liquidò il tutto
come false e pretestuose accuse, aggiungendo poi che non avrebbe consentito la
visita di alcuna delegazione del parlamento europeo in Iran. Dall’aumento delle
esecuzioni capitali, al persistere delle discriminazioni sessuali, religiose ed
etniche più un mancato rispetto, nelle scorse elezioni di Rouhani, degli
standard democratici valutati dall’Unione Europea.
Forse proprio per queste
accuse reciproche, gli iraniani, nonostante la nuova fase relazionale con l’Occidente,
non chiudono i contatti verso le potenze asiatiche, anzi, il 2014 segna un
aumento dei contatti dell’Iran con la Cina e con altri attori non occidentali,
come la Russia. A settembre infatti l’agenzia iraniana Fars riferiva
dell'arrivo a Bandar Abbas, principale porto della Repubblica Islamica - Golfo
Persico - di navi da guerra cinesi. Per la prima volta una flotta militare di
Pechino entrava nelle acque della regione. Inoltre il 2014 è anche l’anno di
pesanti attacchi mediatici all’Iran, come la triste vicenda di Reyhaneh
Jabbari, condannata a morte per l’uccisione di un uomo, secondo i difensori
della ragazza, un presunto stupratore. (4) Il 2014 poi si chiude con la ripresa
dei colloqui infiniti sul nucleare, senza un accordo definitivo, ma con la
promessa di affrontare la vicenda nel 2015.
Insomma, l’anno si conclude con un
bilancio altalenante nelle relazioni tra l’Iran e l’Occidente, con luci e
ombre. Senza dubbio però quest’anno ha segnato dei progressi importanti, che
potrebbero svilupparsi positivamente nell’anno venturo. Personalmente ho
dedicato una parte importante del mio tempo a studiare le varie questioni dell’area
islamica, pubblicando anche il mio terzo libro (5). Quest’anno poi ha visto la
nascita, proprio in extremis, di un progetto importante, il Centro Studi
Internazionale “Dimore della Sapienza”. (6) Spero che i lettori del blog siano
rimasti soddisfatti del lavoro svolto dal sottoscritto; l’augurio a tutti è
ovviamente quello di un sereno 2015, all’insegna della tranquillità e della
calma, per tutti. Grazie e buon anno!
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