Il grande vantaggio culturale dell’Iran


 

Robert Kaplan, marzo 2015  

In tutte le vicissitudini che sono state affrontate nel trattare con l'Iran, un fatto ovvio è stato discusso in modo inadeguato: il comportamento del regime iraniano fuori dai propri confini è decisamente più dinamico e più efficace di quello di qualsiasi altro paese musulmano in Medio Oriente. L'Iran ha costruito migliaia di centrifughe. Teheran ha addestrato ed equipaggiato Hezbollah in Libano e le forze sciite in Iraq e Yemen, e ha appoggiato il presidente siriano sotto assedio. In paragone agli iraniani la Turchia e il mondo arabo appaiono in stato di torpore. L’Iran agisce. Gli altri paesi musulmani lottano per formulare risposte, e quando lo fanno, sono ancora meno efficaci degli iraniani. Perché? Qual è il segreto del regime di Teheran?

 

Più di un semplice Stato

 

L’Iran beneficia del fatto di essere sia una civiltà, sia un sub-Stato. Le sue controparti sunnite sono solo stati, spesso scricchiolanti, in un momento storico in cui gli stati nazionali sono compromessi e indeboliti da altre forze politiche. In effetti, il modello dello stato-nazione sta fallendo in Medio Oriente, e il vantaggio dell'Iran è che i suoi leader operano a livello superiore e inferiore rispetto a uno stato tradizionale.

 

Lo Stato moderno dell'Iran è erede della civiltà imperiali dell'antica Persia. Il suo territorio si allinea sostanzialmente con quello dei Medi, dei Parti, degli Achemenidi, dei Sassanide, dei Qajar e dei Pahlevi; le sfere di influenza di questi imperi erano spesso estese dal Mediterraneo all'Asia centrale. La Persia è stata la prima superpotenza del mondo antico, e un audace linea, anche se a volte spezzata, collega i monarchi persiani dell'antichità agli ayatollah di oggi, la cui aggressività è molto radicata nella geopolitica dei loro antenati. Ci sono molti stati arabi, ma c'è un solo stato persiano - uno Stato che ha storicamente dominato i suoi immediati vicini arabi, con le sue ampie risorse culturali e la sua organizzazione politica. C’è voluto niente di meno che il totalitarismo soffocante di Saddam Hussein per tenere l'Iran fuori dall'Iraq. In assenza di una tale influenza autoritaria, l'Iraq deve tornare alla sua impostazione predefinita, cioè fortemente influenzata dal fattore persiano come anche in passato.

 

Al tempo stesso, il regime iraniano ha tutte le caratteristiche di una entità sub-statale - e tutti i vantaggi che ne derivano. Come Hezbollah, le varie milizie sciite, e similmente ad al Qaeda, il regime si lega in modo affiatato a determinati gruppi di credenti che si sono venuti a identificare con una ideologia grazie alla chiarezza delle sue idee rivoluzionarie. Hezbollah, le varie milizie sciite e anche al Qaeda, sono stati tutti efficaci e innovativi perché rappresentano ferventi ideologie sub-statali. Nel frattempo, l'esercito iracheno e le altre forze convenzionali in Medio Oriente hanno generalmente avuto delle perfomance meno incisive. Questo perché gli arabi, con alcune eccezioni, non hanno mai veramente creduto nei loro stati, quindi non hanno mai creduto nei loro eserciti statali. Basta chiedere agli israeliani, che hanno sconfitto quegli eserciti nel 1956, nel 1967 e nel 1973.

 

L'incapacità di comprendere questa dinamica si trova alla radice del perché il vasto e costoso piano americano per addestrare l'esercito iracheno ha in gran parte fatto fiasco. A dire il vero anche l’esercito di stato iraniano potrebbe non essere un gran che. Ma il suo esercito speciale, il Corpo delle Guardie rivoluzionarie, e la marina, sono un'altra storia. Queste sono forze letali e innovative perché sono appendici meno dirette dello Stato iraniano, ma piuttosto del sub-stato dei mullah radicali. Le Guardie Rivoluzionarie sono riuscite a inculcare un'ideologia di resistenza che fa appello anche ad alcuni gruppi sunniti, i quali sono supportati in modo strategico e pragmatico dagli sciiti iraniani. Questa flessibilità da parte di Teheran manifesta non solo il dinamismo dell’apparato sub-statale, ma anche un'antica mentalità imperiale.

 

Le civiltà rappresentano spesso un deposito di lingua, cultura e valori. Il sistema sub-statale rappresenta un gruppo basato sulla solidarietà dinamica. Le due cose unite, come sono nell’Iran rivoluzionario, portano ad avere un avversario temibile per gli stati arabi.

 

Gli stati retti dal Baath del Levante arabo rappresentano ormai un sistema di credenze laiche fallite. Gli stati arabi di maggior successo sono monarchie familiari, come quelle in vigore in Arabia Saudita, nel Golfo, in Giordania e in Marocco. Eppure, per la maggior parte, anche questi regimi rappresentano relativamente poco per i propri cittadini, oltre la pace sociale e la sicurezza che sono effettivamente in grado di fornire. Non hanno una ideologia rivoluzionaria esportabile, in altre parole, non hanno il fattore sub-statale che gli iraniani hanno in abbondanza. L'Arabia Saudita ha esportato la sua ideologia wahhabita, ma Riyadh non è mai stato in grado di controllare i suoi sostenitori religiosi oltre i propri confini, almeno nella misura in cui l’hanno fatto gli iraniani.

 

Ad esempio, gli iraniani hanno sviluppato un modello per la formazione dei combattenti stranieri in Libano, Siria, Iraq in una misura che sfugge drasticamente ai programmi della maggior parte degli stati arabi. In realtà, solo gli Stati Uniti hanno delle Forze Speciali, o Berretti Verdi, che hanno una tale capacità molto sviluppata di addestrare combattenti stranieri di tutto il mondo, utilizzando un sistema soprannominato FID. I Berretti Verdi fanno parte della comunità delle Operazioni Speciali, perché molto di quello che fanno, compreso il FID, è una cosa molto rara da altre parti. Ma gli iraniani riescono a formare in modo efficace combattenti stranieri, in modo del tutto naturale. Ciò è fondamentale per la loro capacità di proiettare la propria potenza militare in tutto il Medio Oriente. Tutto ciò è importante anche per la loro capacità di proiettare la potenza di essere un attore sub-state aggressivo operante all'interno del nucleo di una grande civiltà mondiale.

 

Gli iraniani possono ancora diventare più influenti nel Levante. E' possibile che il loro successo nel fronteggiare tramite le milizie sciite lo Stato Islamico possa portare a una guerra tra sunniti e sciiti ancora più ampia e profonda. L’Iran potrebbe poi trovarsi in un pantano, cioè quel fenomeno che potrebbe portare la stragrande maggioranza degli iraniani - che sono membri di questa grande civiltà, ma non membri della entità sub-statale - a schierarsi contro i mullah. Questo fatto potrebbe essere una delle nostre poche speranze. Il problema non è solo la forza culturale intrinseca della struttura del potere iraniano, ma anche la debolezza dei suoi omologhi arabi.

 

Robert D. Kaplan è senior fellow presso il Centro per una Nuova Sicurezza Americana. E' autore di 15 libri sulla politica estera, tra cui La vendetta della geografia (2012) e Il confine del mondo (1996).

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