Affidarsi all'Iran o puntare tutto sui ribelli anti-Assad non jihadisti: bivio nella nuova strategia contro l'Isis

 

             
ASSAD
 
Un'ammisione di colpa prim'ancora che l'anticipazione di una chiara strategia alternativa. Una cosa è certa: nel Medio Oriente sempre più in fiame, in particolare in una Siria sventrata da oltre quattro annidi guera e permetrà oggi nelle mani delle milizie dello Ststo islamico, le "operazioni mirate", i droni, non hanno scalfitominimamente la potenza di fuoco e la capacità di penetrazione delle milizie al soldo di Abu Baktr al-Baghdadi. In Siria, così come in Iraq, "occcore cambiare verso".
E "cambiare verso", significa anzitutto rivedere la strategia politica e solo dopo adeguare ad essa lo strumento militare. C'è questa riflessione, spiegano all'Huffington Post fonti della Farnesina, dietrole allarmate parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: L’Italia chiede una verifica della strategia contro l’Isis, dopo l’avanzata jihadista in Iraq e Siria. Il governo italiano «è preoccupato, non solo da quello che succede in Siria ma anche per la forse ancora più minacciosa situazione in Iraq»: ecco perché, ha spiegato da Riga il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, "sarà fondamentale una verifica sulla strategia che stiamo portando avanti".
Una prima occasione di confronto sarà offerta dalla riunione a Parigi del 2 giugno, in cui il segretario di Stato Usa, John Kerry, e i leader e i rappresentanti dei 60 Paesi alleati faranno il punto sulla lotta all’Isis. Cambiare verso, nel più breve tempo possibile, prima chelo Stato islamico s'insedi su tuto il territorio siriano, minacciando così anche i vicini Libano e Giordania, oltre che l'altro "Stato fallito" del Medio Oriente: l'Iraq. Cambiare verso, riflette ancora la fonte diplomatica, vuol dire rileggere il "fenomeno Isis", non riducendolo solo ad uno sviluppo militare di al-Qaeda, ma cogliendone fino in fondo la capacitù di tessere aleanze nei territori conquistati, puntando, ad esempio, sul desiderio di rivincita, se non di vendeta, dei sunniti, costruendo su questo una "capacità di governo" che si affida anche ad una cogestione del potere con altre milizie e tribù sunnite. Cambiare verso, allora, significa scegliere su quale "cavallo" puntare quanto meno per arginare l'avanzata dell'Isis. Due sono i "cavalli", spiega ancora il diplomatico di lungo corso, profondo conoscitore delle dinamiche interne al "pianeta arabo" e islamico: l'Iran sciita, altrimenti, in Siria, i ribelli anti-Assad non jihadisti, sapendo che puntare sull'Iran significa negoziare con Teheran, e con Mosca, il dopo-Assad, garantendo a Mosca il mantenimento di uno sbocco per la sua flottanel Mediterraneo. Insomma, fare politica. E poi agire militarmente. Prima che sia troppo tardi. Perché, in questa guera al califfato, il fatore tempo è sempre più decisivo.
 
CRONACA DI GUERRA

 Nelle ultime ore, gli estremisti sono avanzati anche nella provincia centrale di Homs, alla frontiera con l’Iraq, prendendo il controllo dell’impianto di gas T3. Dunque di fatto, nonostante la campagna aerea cominciata nel 2014 dalla coalizione internazionale a guida statunitense, il gruppo estremista sunnita ha continuato ad avanzare ed esteso il “cailffato” dichiarato nel giugno 2014 nelle zone sotto il suo controllo in entrambi i Paesi.Tra l’altro, dopo quasi un mese di assedio, le truppe governative hanno dovuto abbandonare nelle mani dei ribelli islamisti siriani, stavolta del Fronte al-Nusra, qaedisti, un ospedale fuori la città di Jisr al-Shughour, nella provincia di Idlib. La zona di Jisr al-Shughour è strategica per la sua posizione nei pressi della costa, cuore della regione alauita, fedele al presidente siriano Assad, che all’inizio del mese aveva promesso l’invio di rinforzi all’ospedale assediato. In questo scenario di guerra totale, c'è da registrare anche il sequestro di un altro religioso che lavorava per dare sollievo alla popolazione siriana piegata dalla guerra civile. Padre Jacques Mourad, priore del monastero di Mar Elian, è stato rapito da un commando che lo ha prelevato sotto la minaccia delle armi. Il sacerdote siro-cattolico appartiene alla comunità di Mar Musa El Habashi, fondata dal gesuita italiano padre Paolo Dall’Oglio, a sua volta sequestrato il 29 luglio 2013 e di cui non si hanno notizie. Con padre Dall’Oglio, padre Murad è impegnato da anni nel promuovere il dialogo e l’avvicinamento spirituale tra Islam e cristianesimo. Deir Mar Musa, il monastero di San Mosè l’etiope, è un’oasi di preghiera a nord di Damasco.
 
BANDIERA NERA SU PALMIRA
 
Le postazioni della difesa militare del regime di Bashar al-Assad abbandonate, le bandiere siriane che sventolano e un cartello stradale che mostra le indicazioni per raggiungere il centro, l'Iraq, Damasco, Tartus e Homs. L'Isis si è impossessata del sito archeologico di Palmira, nella provincia di Homs in Siria. E ora un video amatoriale, girato presumibilmente da un mezzo militare dei miliziani dell'autoproclamato Stato Islamico, mostra la città, dichiarata patrimonio mondiale dell'umanità dall'Unesco, deserta. Se ieri l'Unesco aveva lanciato un nuovo grido di allarme sulla situazione nella città antica, denunciando la distruzione delle colonne romane, oggi anche l'Unione Europea esprime "forte preoccupazione per la situazione a Palmira". Lo riferisce una portavoce dell'Alto rappresentante Federica Mogherini, che in una nota ha ricordato come le "uccisioni di massa e la deliberata distruzione del patrimonio archeologico e culturale in Siria e Iraq da parte dell'Isis" costituiscano "un crimine di guerra". l'Isis intanto ha diffuso sui social network un nuovo slogan: "Ora vi preoccupate per le pietre. Ma da quattro anni non vi preoccupate dei corpi maciullati dei bambini".
Le pietre sono le rovine del sito archeologico di Palmira, uno dei più importanti centri culturali del mondo antico. Il riferimento ai bambini riguarda l'altissimo numero di minori uccisi nelle violenze in Siria in corso dal 2011. Lo slogan dei jihadisti è accompagnato da una composizione fotografica in cui si affiancano immagini delle rovine di Palmira a foto, la cui autenticità non è verificabile in maniera indipendente, che mostrano i corpi di bambini senza vita e a terra. L'espansione dell'Isis intorno a Palmira Al momento, stando a quanto riferito dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, i miliziani del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi controllano 9 province, per un totale di più di 95.000 chilometri quadrati della Siria, pari alla metà di tutto il territorio. In particolare, i jihadisti, sempre secondo l'ong, dominano le province di Deir Ezzor e Raqqa e hanno una forte presenza ad Hasakeh, Aleppo, Homs e Hama. Nella notte avrebbero esteso il loro dominio anche in molte aree intorno a Palmira, occupando il villaggio di al Sawana e il posto difensivo di al Basiri, lungo la strada che dalla città porta direttamente alla capitale Damasco.
Non solo, lo Stato islamico ha preso il controllo del valico di confine di al-Tanf, l'unico passaggio verso l'Iraq che era ancora nelle mani delle autorità siriane. Nei giorni scorsi, gli uomini dello Califfato sono riusciti anche ad occupare una pompa di benzina al di fuori di Palmira durante la ritirata dei soldati di Assad. Nel frattempo, lo Stato islamico prosegue la sua espansione anche in Iraq: dopo la conquista di Ramadi, l'Isis punta infatti a Baghdad distante poco più di cento chilometri. Dopo aver fatto il loro ingresso nel Nord di Palmira mercoledì, i jihadisti sono riusciti a farsi largo nella città antica, approfittando della ritirata dell'esercito siriano. Qui, si sono schierati intorno al sito archeologico, sulla collina che lo sovrasta oltre, nonché nei siti governativi della città, e da ieri hanno imposto il coprifuoco. Secondo il direttore di Site, Rita Katz, i miliziani hanno decapitato i combattenti del regime siriano che non sono riusciti a fuggire. Sono stati gli stessi membri del gruppo dello Stato Islamico a diffondere le prime foto del loro ingresso in città e quelle, più macabre, di cadaveri scalzi, in abiti civili e con le teste mozzate, in strada. "Le truppe del regime sono crollate e si sono ritirate da tutte le loro posizioni senza opporre resistenza", ha confermato Mohammad Hassan al-Homsi, un militante originario dell'antica città siriana. Continuano, anche oggi, da parte dell'Isis i rastrellamenti casa per casa, alla ricerca dei militari lealisti e di quelli governativi rimasti in città. Circa un terzo dei 200mila abitanti di Palmira sarebbe riuscito a fuggire negli ultimi giorni, durante gli scontri fra le forze governative e i jihadisti. Lo ha dichiarato Ravina Shamdasani, portavoce dell'Alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani. Bombardamenti e distruzioni Per contrastare l'avanzata degli uomini di al-Baghdadi, l'aviazione siriana ha bombardato numerose aree della città di Palmira, ma non è chiaro se i raid aerei abbiano causato vittime civili o danni nella zona. Per quanto riguarda i numerosi reperti romani presenti nell'area, la direttrice dell'organismo Onu Educazione, Scienza e Cultura (Unesco) con sede a Parigi, Irina Bokova, aveva precisato: "Non abbiamo tutte le informazioni, ma ciò che vediamo nei media e ciò che ci dicono gli esperti è molto preoccupante", dicendosi soprattutto "inquieta perché purtroppo abbiamo già visto la distruzione di siti del patrimonio mondiale, siti di eccezionale valore universale a Nimrud, Adra..".
Per evitare che fossero distrutte o vendute, centinaia di statue erano state spostate nei giorni scorsi dalla città di Palmira e sono ora al sicuro. Lo aveva comunicato alla Reuters il ministro delle Antichità siriano, Maamoun Abdulkarim, spiegando che la protezione del sito archeologico è "una battaglia di tutto il mondo". Palmira, la perla del deserto La città antica, proprio coime si legge sul sito dell'Unesco, è "un'oasi nel deserto siriano, a nord-est di Damasco, una località che "contiene i resti monumentali di una grande città che è stato uno dei più importanti centri culturali del mondo antico". "Dal I al II secolo, l' arte e l'architettura di Palmira, crocevia di diverse civiltà, ha sposato la tecnica greco-romana con le tradizioni locali e influenze persiane". Insieme ad altri 45 siti archeologici su 1007, è considerato "in pericolo". Tra gli altri, in Siria e in Iraq, figurano anche Ashur, Samarra, Bosra, Damasco e Aleppo. Cambiare verso, allora. Un intendimento che investe anzitutto l'amministrazione Obama, alle prese con un duplice fallimento: in Iraq e in Siria. E allora, vanno prese molto sul serio le considerazioni severamente critiche verso la politica mediorientale dell'attuale inquilino della Casa Bianca, esplicitate dal ministro della Difesa di Bush e di Obama, Robert Gates: : «Il gap tra la retorica e i risultati sul campo è molto vasto. I nostri nemici hanno Ramadi, Falluja e Mosul: cacciarli da queste città è un lavoro tremendamente difficile».

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