Quando Brahimi disse agli iraniani: "Non sostenete l'Islam politico. Quelli non sono come voi"



Di seguito il sunto di una parte di un'intervista apparsa sul sito iraniano RAJA-NEWS

Traduzione dal persiano all'italiano di Ali Reza Jalali 

Il dott. Masud Asadollahi, esperto di questioni mediorientali e docente universitario, ha passato diversi anni della sua vita a studiare le vicende dell'Asia occidentale, soprattutto per quanto riguarda i paesi arabi, il Libano, la Palestina e i Territori occupati. Dopo alcuni anni di residenza in Libano, è tornato in Iran recentemente ed è la persona adatta alla quale rivolgere delle domande sulla situazione regionale.
  

D. In delle recenti dichiarazioni pubbliche, il segretario generale di Hezbollah ha affermato che in caso di necessità vi sarà la necessità di proclamare una guerra senza quartiere, con una mobilitazione di massa, contro il pericolo dell'estremismo religioso (takfiri). Cosa ne pensa? 


R. Le attuali vicende regionali devono essere lette dalla svolta fatidica della caduta del regime di Saddam nel 2003 in Iraq. Dal punto di vista dei movimenti dell'estremismo sunnita (jarianhaye efratye ahle sonnat) tale evento fu di portata epocale. Secondo loro l'Iraq era la roccaforte e il simbolo del potere politico del Partito Baath e lungo la storia tale regione ha rappresentato il centro dell'Impero degli Abbasidi. Da allora l'Iraq era sempre stato sotto l'influenza sunnita, ma la caduta del Baath segnava la fine di tale epoca e l'inizio dell'egemonia sciita in Mesopotamia. Per alcuni paesi arabi e per gli estremisti sunniti non era importante la valutazione sul regime di Saddam. Ciò che contava in quel dato momento era un passaggio di consegne storico in Iraq, ovvero la transizione dal potere sunnita a quello sciita. Per gli estremisti sunniti Baghdad era in ogni caso la capitale di Harun al-Rashid, ed era necessaria un'azione per rovesciare il nuovo potere sciita iracheno. Proprio per questo, per loro non vi è alcuna differenza tra Maliki ed Abadi: il problema di fondo rimane stroncare l'influenza di qualsiasi governo sciita in Iraq. E per l'Iran vale lo stesso: agli estremisti del mondo arabo e sunnita non interessa chi governa l'Iran, ma il problema è evitare che tale paese possa giocare un ruolo importante in Iraq. Anche questo è un problema storico: per loro gli iraniani hanno due problemi, sono persiani e sciiti, mentre essi si identificano nell'arabismo e nel sunnismo. 


D. L'Arabia saudita sin dall'inizio si è impegnata per abbattere il governo iracheno per evitare un rapporto amichevole tra Baghdad e Teheran. In tutto ciò quale è stato l'effetto del "risveglio islamico" (primavera araba)? 


R. Con l'inizio dei tumulti la situazione regionale si è ulteriormente complicata. L'interpretazione dei sauditi, per via del fatto che essi si reputano i garanti dello status quo nel mondo arabo, è stata molto negativa. Allora, dopo che le rivolte hanno spodestato alcuni loro alleati, essi hanno pensato di iniziare l'operazione per la sovversione in Siria. I sauditi pensavano di eliminare Assad in poche settimane, così come in Egitto la sorte di Mubarak era stata segnata in poco tempo. Inoltre essi pensavano che il gioco in Siria, per via delle complessità confessionali, sarebbe stato più semplice che non in altri paesi arabi. La Siria rappresentava l'anello di congiunzione tra Iran e Hezbollah, senza la Siria questo asse si sarebbe indebolito. Nonostante i problemi però il progetto saudita si è infranto contro la resistenza in Iraq e in Siria, ma l'appoggio iraniano a questi due governi è costato caro a livello mediatico. Nonostante nei loro proclami ufficiali gli iraniani abbiano sempre rigettato le accuse di settarismo, ormai nel mondo arabo e sunnita i media hanno fatto consolidare nell'immaginario della gente che il ruolo iraniano è solo funzionale al progetto sciita-alawita. I sauditi, i qatarioti, i turchi e gli occidentali non volevano un confronto diretto con l'Iran, ma hanno preso di mira gli alleati dell'Iran nella regione. Dobbiamo capire che nel mondo arabo non esiste il potenziale per la creazione di un nuovo Hezbollah. Il pensiero dei movimenti estremisti sunniti è tale per cui se tali gruppi vogliono fare la rivoluzione, nel giro di poco la loro lotta armata si tramuterà in terrorismo allo stato puro. Lo sciismo è profondamente diverso dal pensiero dell'estremismo sunnita. Nello sciismo l'intelletto deve essere compagno del Corano e della Sunna, ma nell'estremismo sunnita l'intelletto non ha spazio nell'Islam. Non è strano che l'estremismo sunnita, quando diventa militante, si tramuti in una creatura criminale come l'ISIS. Nel 1992 Lakhdar Brahimi era Ministro degli Esteri dell'Algeria. Allora in quel paese gli islamisti vinsero le elezioni, ma il governo annullò il risultato e iniziò una guerra devastante. In quella occasione l'Iran criticò l'Algeria e prese le parti degli islamisti, deteriorando le relazioni con Algeri. Poi la frattura si ricompose. Brahimi successivamente fece un viaggio in Iran; incontrando i dirigenti iraniani disse esplicitamente che l'Iran sbagliava a sostenere l'islamismo politico nella regione. Egli disse: "Voi pensate, essendo voi stessi islamisti, che gli altri gruppi dell'Islam politico siano come voi. Vi sbagliate di grosso. Loro non sono come voi. Nello sciismo una persona deve studiare 40 anni per diventare una guida religiosa, accumulando così esperienza e pazienza, nonché lungimiranza. Nell'islamismo politico estremista invece uno legge due libri e diventa capo-popolo, diventa guida religiosa, e le conseguenze sono degli editti religiosi che conducono al bagno di sangue. 


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