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Sabato 10 ottobre 2015 a Brescia,
nella sala circoscrizionale di Via Pasquali 5, si è svolta una conferenza dal
titolo “Identità europea e questione islamica”, organizzata dal Centro Studi
Internazionale “Dimore della Sapienza” in collaborazione con “Eurasia. Rivista
di studi geopolitici”.
L’evento è stato introdotto dal
Presidente del C. S. I. “Dimore della Sapienza”, dott. Ali Reza Jalali, e ha
visto come relatori il Direttore della rivista “Eurasia” – prof. Claudio Mutti
– e il Direttore del Dipartimento di Studi storici del C. S. I. “Dimore della
Sapienza” – dott. Paolo Rada; il dibattito poi è proseguito grazie alla
partecipazione del prof. Enrico Galoppini, già docente di Storia dei Paesi
islamici all’Università di Torino.
Dopo una breve introduzione, Ali
Reza Jalali ha dato subito la parola al prof. Mutti per la sua relazione, che
ha avuto come tema centrale la vicenda dell’Islam europeo lungo la storia.
Mutti ha sottolineato che oggi, nel
contesto europeo, l’unico Islam che possa essere considerato effettivamente
autoctono su una scala relativamente ampia è quello balcanico, slavo e
albanese. Per il resto ci troviamo dinnanzi a insediamenti musulmani più o meno
recenti, al massimo vecchi di pochi decenni, frutto dell’immigrazione di
persone di religione islamica in Europa da Asia e Africa. Lungo la storia però
è esistito effettivamente un Islam europeo, come quello che dall’VIII secolo in
poi ha interessato alcune regioni dell’Europa meridionale, ad esempio la Spagna.
Mutti ha parlato di un vero e proprio insediamento musulmano autoctono europeo
nella penisola iberica, dove il fattore musulmano si è fuso completamente con
quello galiziano, quindi celtico (il nome Galizia richiama direttamente tale
fattore etnico), o con quello visigoto o vandalo (da cui deriva il nome arabo
della Spagna, ovvero Al Andalus), quindi a sua volta originario delle tribù
germaniche. Il fattore musulmano iberico ha dato vita quindi per diversi secoli
a una delle esperienze più affascinanti della storia europea, grazie a una
sintesi perfetta tra l’identità europea delle popolazioni che abitavano la
penisola iberica e la religione islamica, insediatasi nell’odierna Spagna
grazie all’espansionismo arabo-berbero. Prima della Spagna, nel VII secolo,
quando l’Italia era divisa tra domini longobardi, bizantini e papali, le
popolazioni di religione musulmana del nord Africa iniziarono le prime azioni
di pirateria nei confronti della Sicilia, che fu conquistata completamente dai
musulmani intorno al 900 d. C.; l’isola conobbe un periodo di grande prosperità
sotto varie dinastie musulmane, come quella Fatimide di confessione sciita. La
storiografia ha confermato ampiamente la bontà del dominio islamico della
Sicilia, con conversioni spontanee dei siciliani e con una grande sviluppo
agricolo e commerciale, e lo stesso dicasi per altre zone d’Italia dominate dai
musulmani, come Bari e altre località. L’influenza musulmana in Italia fu
talmente forte che dopo la fine dei regni islamici, le dinastie e i popoli che
sostituirono queste entità politiche, come i Normanni o come l’esperienza di
Federico II di Svevia, furono profondamente contaminate da usi e costumi
moreschi, tanto che tra le lingue parlate alla Corte di Federico, vi era anche
l’arabo.
Soprattutto Federico II può
essere considerato come un sovrano che fu la personificazione della stretta
relazione tra l’identità europea e la questione islamica, per via della sua
forte simpatia per tale religione, fatto che lo pose in forte difficoltà verso
i fautori dello scontro di civiltà di allora, ovvero taluni principi europei e
taluni elementi clericali. Dopo la fine dell’esperienza musulmana nell’Europa
sud-occidentale, tra Spagna e Italia, vi fu l’ondata ottomana dal 1500 in poi, dove
il limes tra mondo cristiano e mondo musulmano si spostò sul Danubio, sempre
però nel cuore del vecchio continente, dimostrando una netta relazione intima
tra Europa e religione musulmana, ovvero qualcosa di non estraneo alla civiltà
europea.
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Da sinistra: Enrico Galoppini, Paolo Rada, Ali Reza Jalali, Claudio Mutti |
Dopo l’intervento a carattere storico del prof. Mutti, è toccato a Paolo Rada - del Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza” - fare una relazione incentrata più sul contesto attuale, ovvero se l’Islam possa rappresentare per l’uomo europeo di oggi, una via da percorrere nel tentativo di svolgere in modo compiuto un percorso spirituale.
Rada ha affermato che scopo dell’uomo è quello di elevarsi verso Dio, per ricongiungersi col Principio Primo, e per fare ciò è necessario ricollegarsi con una tradizione religiosa che sia rimasta pura e immacolata rispetto alle incrostazioni della modernità, cosa che ad esempio non è riuscito al Cattolicesimo romano, soprattutto grazie a fenomeni come il Concilio Vaticano II; la Chiesa oggi, secondo Rada, non è più portatrice di valori spirituali che possano elevare l’uomo verso Dio, e quindi evitare la degenerazione animalesca della società, anzi, essa stessa è la punta di diamante del mondialismo e della modernità. A ciò, sempre secondo l’opinione dello studioso bergamasco, si contrapporrebbe invece l’Islam, soprattutto nelle sue correnti ortodosse, che non solo si oppongono alla degenerazione umana dell’Occidente americanizzato, lo stesso Occidente che ha annichilito la civiltà medievale tradizionale europea, soprattutto con l’avvento del pensiero libertario lungo il Novecento, pensiero questo figlio diretto dell’Illuminismo, del Marxismo, del Darwinismo ecc., ma si oppongono anche alle forme islamiche totalitarie wahabite che si stanno, purtroppo, diffondendo sia nel mondo musulmano, sia, grazie all’immigrazione di massa, in Europa.
Insomma, secondo Rada, solo l’adesione all’Islam tradizionale può essere un fattore salvifico per un uomo europeo ormai in preda del nulla esistenziale; questo vuoto interiore e sociale non può essere colmato nemmeno dal nichilismo individualistico evoliano, in quanto esso sarebbe di difficile applicazione nella realtà.
Successivamente ha preso la parola il prof. Enrico Galoppini, per cercare di trarre delle conclusioni. Egli ha affermato che ormai l’Europa è in balia del nulla dal punto di vista spirituale, ma che il concetto stesso di aderire a una tradizione religiosa sembra un fardello troppo grave per l’uomo moderno, occidentale od orientale che sia. Ciò per via del fatto che l’uomo moderno, soprattutto l’uomo europeo contemporaneo, non avendo una fede alla quale aggrapparsi, ha paura di ogni cosa, e anche di avvicinarsi a una religione, quella islamica, la quale, nonostante la propaganda occidentale e anche grandi difetti dei musulmani stessi, rappresenta proprio quella fede spirituale grazie alla quale le paure possono essere messe da parte. Certo, è sbagliato pensare che solo i musulmani siano dotati di fede e che i non musulmani siano dei codardi psicolabili, ma rimane il fatto che l’adesione a una fede completa come quella musulmana, anche se tale adesione dovesse avvenire a gradi e non in un solo giorno, seguendo i giusti maestri e gli insegnamenti divini autentici, può portare a risolvere le lacune della moderna civiltà umana, soprattutto di un Occidente ormai senza vie d’uscita.
Secondo Galoppini l’uomo moderno con uno sforzo (jihad), ovvero attraverso l’esercizio spirituale, e una buona guida, può trovare l’abbandono a Dio, che è il vero significato dell’Islam stesso. Inoltre Galoppini ha criticato quelle forme di Islam letteraliste che criticano il culto e il rispetto per i santi e per gli esseri umani realizzati spiritualmente, in quanto l’obiettivo della religione è proprio quello di far sì che le persone si realizzino moralmente ed eticamente: altrimenti che senso avrebbe aderire a una religione?
Il prof. Galoppini ha poi concluso il suo appassionato intervento dicendo che nessuno può conoscere le caratteristiche di quello che sarà l’Islam europeo o italiano, ma certo esso non sarà l’Islam arabo o iraniano, avendo in ogni caso l’Europa una sua tradizione specifica.
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