http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/182936/kurdistan-s%C3%AC-kurdistan-no
Focalizziamo
quest'oggi una complessa realtà socio-politica del Medio Oriente. Il
prossimo 25 settembre, infatti,. le autorità della Regione autonoma del
Kurdistan iracheno hanno indetto un referendum finalizzato a chiedere il
parere dell'elettorato locale sulla secessione dell'entità
amministrativa dal Governo centrale di Baghdad, affinché possa nascere a
tutti gli effetti un nuovo Stato nel cuore del martoriato Medio
Oriente, il Kurdistan autonomo. Seguono alcune riflessioni di Ali Reza
Jalali. Dottore di ricerca in diritto costituzionale, Jalali insegna
diritto pubblico presso l'Università di Semnan (Iran). Collabora con
alcuni siti e riviste italiane di politica internazionale e affari
mediorientali. Ha pubblicato diversi saggi e libri, tra i quali La
Repubblica Islamica dell'Iran tra ordinamento interno e politica
internazionale (Irfan Edizioni, Cosenza, 2013).
Il contesto costituzionale ed istituzionale
Il modello costituzionale ed
istituzionale iracheno nato dall'invasione americana del 2003 non può
essere definito del tutto come un sistema federale, anche se di fatto
nel Testo fondamentale iracheno ci sono più articoli che, tra
concessioni e tendenze al centralismo, sembrano voler far traghettare il
paese arabo verso una democrazia decentrata (per una disamina completa
del modello iracheno vedi il nostro L'incerto federalismo iracheno,
"Eurasia, 1-2015, https://www.eurasia-rivista.com/negozio/xxxvii-leurasia-aggredita-piu-fronti/).
Tale impostazione ha favorito nel complesso le tendenze centrifughe,
soprattutto tra la componente etnicamente eterogenea del paese, ovvero
tra i curdi, la principale minoranza non araba dell'Iraq. Il separatismo
curdo quindi, represso durante gli anni di Saddam, ha trovato una
notevole spinta dal 2003, vista l'assenza di un governo centrale
autoritario e centralizzatore. Le fazioni curde più attive nel nord
dell'Iraq sono due, più che due partiti due clan, guidati dai due padri
padroni del Kurdistan iracheno, la famiglia Talabani e la famiglia
Barazani. Entrambe le fazioni, impregnate di un vago nazionalismo curdo
laico, hanno cercato con vari mezzi e varie allenza di portare avanti il
progetto del Kurdistan autonomo, senza però disdegnare la
collaborazione istituzionale con Baghdad, attraverso una dota di decine
di parlamentari, ministri e sottosegretari, con il sigillo della
Presidenza della Repubblica, incarico che tradizionalmente il Parlamento
iracheno affida ad un'autorità curda. Sfruttando però una cornice
istituzionale ibrida, a metà strada tra un sistema centralista e un
modello federalista, approfittando della debolezza del governo centrale e
dello sgretolarsi dello Stato iracheno sotto la pressione del conflitto
settario e dell'avanzata dello Stato Islamico, i curdi di tutte le
fazioni si sono uniti per portare a termine la secessione da Baghdad,
questione che potrebbe concretizzarsi il prossimo 25 settembre, se i
cittadini iracheni che vivono nel nord del paese (i confini del futuro
Stato sono d'altronde tutt'altro che definiti) vorranno dire basta a
poco meno di cento anni di Iraq unito.
Il ruolo dei soggetti politici non curdi: sciiti e sunniti alla prova del secessionismo curdo
Storicamente
l'Iraq, un paese giovane nato dopo la prima guerra mondiale, ha visto
un dominio politico sunnita, anche se nella veste dell'ideologia
nazionalista araba, in un contesto dove gli arabi sciiti del sud sono
sempre stati maggioritari. La contesa per Baghdad ha visto protagonisti
questi due gruppi, mentre i curdi del nord non hanno mai avuto interesse
per il potere centrale, rivendicando da sempre l'autonomia. Dopo la
fine dell'egemonia di Saddam, coincidente con la fine dell'egemonia
sunnita sul paese, l'ascesa degli sciiti, di fatto alleati dei curdi in
Iraq in nome del principio il nemico del mio nemico è mio amico, ha
aperto la strada al rafforzamento del Kurdistan iracheno, da subito
diventato uno Stato nello Stato, con una propria legislazione, un
proprio esercito, una propria rete diplomatica, spesso in conflitto col
governo centrale ormai in mano agli sciiti. Basta ricordare come i curdi
iracheni avevano deciso di vendere il proprio petrolio alla Turchia
senza il consenso del governo di Baghdad (vedi http://www.cronacheinternazionali.com/loro-del-kurdistan-la-variabile-petrolifera-nello-scenario-nord-iracheno-8223).
Insomma, una volta che gli sciiti avevano sostituito i sunniti a
Baghdad, ora tra curdi e sciiti iniziava una nuova lotta per da un lato
far nascere un Kurdistan autonomo, dall'altro tenere in piedi ciò che
rimaneva della Repubblica d'Iraq. Viste le nuove tensioni tra curdi e
sciiti, e visto il malcontento dei sunniti ormai ai margini della
politica irachena, questi ultimi, sempre in nome del principio
menzionato in precedenza, si alleavano coi curdi in funzione
anti-sciita. Erano gli anni della lista di Allawi, sciita ma uomo di
punta della coalizione nazionale sunnita, che per poco non riusciva a
defenestrare gli sciiti da Baghdad, anche grazie alla convergenza
parziale dei curdi sulla neonata lista elettorale impregnata di ex
militanti del partito di Saddam. Per motivi vari, tra i quali anche la
litigiosità interna del fronte sunnita e poi grazie alla micidiale
avanzata dell'ISIS, che in poco tempo aveva fagocitato le zone sunnite,
conquistando anche alcuni avamposti curdi e minacciando anche la
capitale Baghdad, l'alleanza tra sunniti e curdi veniva meno,
ricomponendo l'asse sciiti-curdi, contro il nemico comune, ovvero Abu
Bakr Al Baghdadi, il quale, formalmente dichiaratosi difensore della
causa sunnita, riusciva a mettere momentaneamente pace tra i vecchi
oppositori di Saddam. Ora però che la spada di Damocle del Califfato
sembra essere venuta meno nel nord dell'Iraq grazie alla liberazione di
Mosul, venuto nuovamente a mancare il nemico comune, curdi e sciiti sono
ai ferri corti. In questo caso sembra esserci una unione di intenti tra
sunniti e sciiti, alleati per salvaguardare ciò che resta della
sovranità irachena, referendum del 25 settembre permettendo.
L'Iraq tra Impero ottomano e Impero safavide: Turchia e Iran non vogliono un Kurdistan autonomo
Il Kurdistan ideale, quello che non esiste sulle cartine e che è auspicato dai nazionalisti curdi, si estende ben oltre i confini dell'Iraq settentrionale, abbracciando la Siria, la Turchia, l'Iran e altri Stati dell'area. Storicamente l'Iraq è una zona dove gli attriti tra gli antenati della Repubblica di Turchia e della Repubblica Islamica dell'Iran, ovvero l'Impero ottomano e quello safavide, raggiungevano momenti topici. Fino al Seicento l'Iraq passava di mano tra ottomani e safavidi, e solo dal Settecento divenne una regione ottomana stabile. E' normale quindi che questi paesi ancora oggi non rimangano indifferenti rispetto alle questioni interne dell'Iraq, soprattutto nel caso curdo, visto che milioni di curdi vivono tra Ankara e Teheran, e quindi l'indipendentismo curdo in Iraq vuol dire anche irredentismo curdo in Turchia e Iran. Erdogan e Rohani si sono espressi nettamente contrari al referendum del 25 settembre, vedendo in esso l'inizio di un terremoto che potrebbe cambiare il volto dei confini regionali, in modo ancora più netto del fallito tentativo dell'ISIS. Senza entrare in modo minuzioso nella disamina del ruolo turco e iraniano in Iraq (vedi il nostro Geopolitica dell'Islam sciita, "Eurasia" 3-2014, https://www.eurasia-rivista.com/negozio/xxxv-la-geopolitica-delle-religioni/#1477759624769-226c40fa-3582), basta dire che dopo il 2003, senza la presenza di un governo forte, le ingerenze regionali, soprattutto di Iran e Turchia, in Iraq, sono aumentate e anche qui in base alle esigenze i paesi dell'area hanno deciso di osteggiare o di assecondare i curdi. In una prima fase l'Iran ha appoggiato i curdi iracheni in funzione anti-Saddam, dando ospitalità ai maggiori esponenti dell'opposizione curda, poi, dopo la tensione innescata tra curdi e sciiti, la Turchia ha deciso di avvicinarsi ai curdi d'Iraq, innescando a sua volta una dura crisi tra Baghdad e Ankara, accusata quest'ultima dal governo sciita di ingerenza negli affari interni di un paese sovrano.
Ma l'avanzata dell'ISIS, sospettata
da più parti di avere relazioni amichevoli con Ankara, ha costretto i
curdi, onde evitare di soccombere nelle battaglie del 2014 e del 2015
nel nord dell'Iraq contro il Califfato del terrore, ad accettare
l'intervento iraniano. Ma la decisione delle autorità di Erbil di indire
il referendum sull'autonomia sembra aver ricomposto, almeno
momentaneamente, l'asse Teheran-Ankara, contrari all'indipendenza curda
in nome della stabilità regionale e nazionale.
Mi chiamo PATRIZIA SILVIA SCALI e sono una badante. Noto che in questo momento sono come il più felice. Vengo a testimonianza di un prestito tra privati che ho appena ricevuto. Ho ricevuto il mio prestito grazie al servizio del Sig. Pierre Michel. Ho iniziato le procedure con lei venerdì scorso e martedì 11:35 poiché le banche non lavorano il sabato, poi ho ricevuto conferma che il bonifico dell'importo della mia richiesta di 50.000€ mi è stato inviato sul mio conto e avendo consultato il mio conto bancario molto presto, con mia grande sorpresa il trasferimento è andato a buon fine. Ecco la sua e-mail : combaluzierp443@gmail.com
RispondiEliminaEcco la sua e-mail : combaluzierp443@gmail.com
RispondiEliminaIo sono il directtore di un gruppo di partner finanziari. Oggi, scopriamo che le banche non sono più credito sovvenzione. 3.000,00 Euro à 1.000.000,00 Euro Email: (maria.franchesca229@gmail.com) lmbrtkari.itfr@gmail.com